«Vogliamo le maschere antigas»
«Vogliamo le maschere antigas» Smog a Milano; l'allarme della popolazione dopo l'appello del sindaco «Vogliamo le maschere antigas» Consensi e crìtiche all'invito - Cederna: «Bisognava pensarci prima» - Musatti: «Trasformare h città» - Montanelli: «Un'esagerazione» MILANO — I milanesi hanno cominciato a chiamare 1 vigili subito, venerdì dopocena, quando televisioni e radio hanno dato le prime notizie sull'appello del sindaco a usare l'auto il meno possibile e ad abbassare il riscaldamento. 'Dateci le mascherine», dicevano voci agitate. Oppure: 'Dobbiamo andare a,respirare fuori città?». ■ Centinaia di chiamate. Al comando del vigili dichiarano: »Noi siamo all'erta. Ci attendiamo qualche disposizione straordinaria. Siamo a un filò dall'emergenza». : Ma fin da ieri mattina il panorama della città non era cambiato. H centro, dove i primi cinque giorni della setti; mana è vietato l'accesso, era affollato d'auto come tutti \ sabati. La gente viene da fuori, per fare spese o per divertirsi. E un punto nevralgico come l'ultimo tratto della stretta via Solferino era invivibile. Alle 9 e 10 minuti un'autocisterna ha tenuto acceso il motore diesel per più di un'ora: riforniva di gasolio la caldaia della scuola media Cagnola. E a mezzogiorno la solita coda di auto imbottigliate in un frastuono di clacson. Gran brutto colpo per Milano, questo preallarme per smog. Ci si era adagiati sulle smentite che il sindaco Pillitterl aveva opposto in ottobre ai dati dell'Organizzazione mondiale della sanità, quelli pubblicati sulla «Washington Post». 'Sono cifre vecchie», tagliò netto il primo cittadino. E cosi sembravano davvero finiti i tempi dello squallore nell'aria sudicia e scura, quando 1 polsini e i colli delle camicie diventavano neri dopo tre ore, e quando bisognava scendere dall'auto per andare a leggere le targhe coi nomi delle strade nascoste nella nebbia. Mica tanti anni fa: 15 al massimo. Poi molte industrie se ne sono andate, le caldaie per il riscaldamento sono state rego¬ lamentate, il carbone è scomparso, insieme con gli spazzacamini. L'aria era divenuta limpida, la nebbia in città c'era e non c'era Ma è qui la novità, la sorpresa di oggi: a essere pericolosa, colma di gas invisibili e traditori, è proprio quest'aria bella e assolata, che ti fa scorgere perfino i monti laggiù in fondò. L'immagine di Milano toma ad es¬ sere quella di cattedrale del malessere metropolitano. Una città senza'fumo, ormai quasi patetico e folcloristico, ma coi gas. L'appello del sindaco suscita anche critiche. 'Ha peccato di allarmismo — dice Indro Montanelli —. 72 clima di quest'inverno avrà favorito la concentrazione di sostanze nocive, ma non c'è nulla di se- rio. Sono diventalo scettico. Mi ricordo di Seveso: sembrava che su Milano stesse per cadere l'atomica. Scappavano in molli. E mi ricordo, ancora prima, di una Milana affogata in uno smog grasso, umido e sporco. Eppure sono soprawisìuto». Giorgio Bocca rincara: -Un appello velleitario, un'esagerazione improvvisa. Se ci sono pericoli reali, si deve discutere con calma e prendere provvedimenti». 'Io invece sono arrabbi alissim a — dice Camilla Cederna —. Bisognava pensarci prima. Scoprono l'ombrello». Mentre lo psicanalista Cesare Musatti è olimpico: 'Sono gli inconvenienti della motorizzazione. Ma prima o poi bisognerà trasformarle, queste vecchie città. Non vedo nessuna psicosi in giro: la gente è abituata a tutto. Quanto a me, non si guarisce a 92 anni». E come viene vissuta quest'emergenza? 'Male, malissimo — dice ancora la Cederna —. Ho la "cinese"da tre mesi e quando esco sento l'aria marcia e sbagliata C'è gente che va al mare per farsi passare febbri e raffreddori. E vedo i bambini piccoli sempre più spesso nei sacchi appesi alle spaile dei genitori: almeno respirano un'aria più pulita di quella sulle carrozzine. Ieri i bambini avevano i bronchi neri, ma c'erano meno auto. Oggi Milano è invivibile, attraversa un angoscioso stato di degradazione». E Bocca: «A un primo sguardo la situazione sembra addirittura migliorata. Nel sottopassaggio della stazione una volta c'era la nebbia verde per l'inquinamento. Oggi non più. Ma allora non si facevano certe rilevazioni. E il traffico non mi pare peggiorato. Mi ricordo che nel '65 feci una prova da piazzale Loreto alla Scala:, si andava a 6, a 7 km all'ora, come adesso, a centro storico chiuso, si pellegrina lungo il collare». Gaetano Afeltra evoca la Milano di ieri, 'dall'aria più sporca ma più sana», quando le sciarpe si portavano sulla bocca non per difendersi dall'aria inquinata ma «per non ingoiare il freddo», e quando in Galleria gli spazzini spargevano la segatura per lucidare fi pavimento. «La nebbia era terribile — conclude Afeltra —. Una sera Montale e io dovevano andare in taxi al Bagutta per il premio, dira e rigira, piano piano, alla fine ci ritrovammo in via Brera. Ci eravamo persi». Giorgio Strehler allarga desolato il discorso: 'Sarebbe facile cedere alla nostalgia: ah, la Milano più miserabile e più vivibile di ieri. No. Nessun rimpianto e nessun localismo. Milano è come Parigi, come Bonn. Inscrivo questo disastro in un disastro più largo e più generale, al limite planetario. Non per retorica, ma perché è la verità». Strehler aggiunge: 'Trovo che lo sconquasso ecologico sia lo specchio del deteriorarsi umano, dell'universale malessere nel consorzio civile. Il che non ci impedisce di agire concretamente qui e ora. Anzi». Claudio Al tarocca
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