Aspettando l'estremo colpo di Guido Ceronetti

Aspettando l'estremo colpo SUSSURRI E GRIDA Aspettando l'estremo colpo IL lavoro degli storici, dei ricercatori, dei disseppellitori intorno alla morte degli amanti di Mayerling — cento anni esatti! 30 gennaio 1889: ci saranno ancora parole! — somiglia a quello dei filologi sui testi omerici o scritturali, una dissezione senza fine. Resta il bel nodo filosofico: se la verità stia nell'analisi, da considerarsi illimitata, come la divisione del nucleo atomico, o nel significato, su cui l'unità può essere rifatta o mantenuta. E le ipotesi su Mayerling negli ultimi trenta, venti anni si sono infittite, lo scalpello non ha risparmiato neppure il pancino della povera Maria Vetsera; il vampiro Ricerca non ha riguardi... Sarà più bello ignorare — credendo quel che piace di più — o è più importante sapere? Restare nell'infanzia, o crescere? La massima hallagiana: «Distruggi la Kaaba e ricostruiscila nell'invisibile» è il rifùgio migliore, la via sicura: arrivare a scoprire che l'autore del libro di Isaia sono trenta autori anonimi più uno (forse) di quel nome o che il prologo giovanneo non è di nessun Giovanni, non distrugge i testi battuti dall'analisi, se si sappia ricomporrle l'unità «nell'invisibile». Né mai autopsia avrà potuto cancellare o diminuire il significato (l'unità) di un còrpo. Ma, su Mayerling, non più protetto da segreti di Stato e altri pudori, i colpi inferri sono stati tali da richiedere uno sforzo eccezionale per ricomporne il mito. Cento anni dopo, Mayerling non occupa più il posto d'onore nell'album dei suicidi di coppia, per tragica irresistibile passione, di fronte all'impossibile salvezza, eccetto che nel morire, dell'amore. Un «morire alla Mayerling», una quarantina d'anni fa, mi faceva sognate, era una delle conclusioni più desiderabili della lamentosa esistenza, ma non lo ambientavo in castelli nordici e neppure valdostani: piuttosto in via Rossini, in via Vanchigiia, in appartamenti privi di trofei di caccia. Ultime lettere, ultimo bacio, nudità completa, buio, Beretta, spari copèrti dal passaggio pieno di poesia del tram. L'indomani, in cronaca, La Stampa, su quattro colonne, il titolo ambito: «COME MAYERLING!». E sotto: «Lui venti, lei quaranta. La storia di un amore impossibile». (Il rapporto d'età si sarebbe invertito, necessariamente; a Mayerling, lui quaranta, lei diciassette). Spenta l'inclinazione al morire in guerra, decretato dagli ottimisti che per la «rivoluzione» bisognasse vivere (e a lungo), che cosa restava, ad una gioventù non priva di sentimenti nobili, se non l'imitazione del suicidio per amore, e di quello più esaltante, nel quale si muore insieme? Neanche morire al Martinetto era più possibile, ma ancora l'ideale metteva penne, e Mayerling, sui libri e al cinema, faceva battere il cuore appassionato — ma dove e come procurarsi l'arma? Rodolfo mirò bene, aveva alle spalle una educazione militare, andava deplorevolmente a caccia; io non avevo pratica che di Flobert di luna park, però con centinaia di centri fatti e migliaia di colpi sparati. Tuttavia il cuore è come una zanzara in volo, e il cuore o la nuca di un tuo simile di altro sesso, con faccino piacevole, non è una pipa da tirasegno. E gas e veleni (era l'alba del Barbiturico, che poi farà ottime prove) non seducevano perché mezzi ignobili. L'assenza di una Vetsera devota, anzi fanatica, sia di venti che di quaranta, accresceva la difficoltà, ma non diminuiva il sogno. Il cinema colmava tempestivamente i vuoti d'anima, in chiesa non andavamo più. Ci si poteva iscrivere ad un partito di sinistra -— ma quale tessera può surrogare una passione tragica? L'amore che fa morire è una delle due o tre cose (non credo siano più di tre) che fanno vivere... E queste generazióni di piombo, spettri dell'inquinamento, coppie a cui è consentito tutto salvo di annullare ogni morte nell'amarsi, vivono? Come Mayerling —■ ma come il falsò, lo pseudò, l'illusorio Mayerling! Il vero Ma¬ yerling (se è quello vero: ce n'è sempre uno più vero, non è ancora finita) fa a pezzi e bocconi la leggenda: la baronessina Vetsera muore, a Mayerling, di una triste emorragia per un aborto; Rodolfo, cupo, pessimista, malato di sifilide, con poca voglia di legnare e raccapricciato dallo scandalo, si spara... Una rivelazione decisiva è stata questa: un solo bossolo... Quale Scientifica potrebbe ammettere un omicidio-suicidio eseguito con un unico colpo? Lago di sangue sì, certo: ma una metrorragia, testimone pur sempre di Crimea amoris, disintegra una leggenda passionale. Perché non ci fu l'ultimo abbraccio, e Maria non sapeva neppure che, a Mayerling, sarebbe andata per morire. E neppure Rodolfo lo sapeva, Moira oscura; sapeva soltanto, così è trapelato, che era arcistufo di quella liaison dangereuse con Maria, persona uggiosa, appiccicosa e poco intelligente. Diventa sempre più difficile sognare di morire a Mayerling. Tuttavia la verità ha la bellezza di essere la verità, sempre, e se questa versione corrispondesse ai fatti non mi deluderebbe troppo. Ha una durezza, una crudeltà sufficienti ad impedire l'abbassamento. Distruggi la Kaaba e ricostruiscila nell'invisibile. Una Mayerling, due Mayerling, molte Mayerling... Guido Ceronetti

Persone citate: Beretta, Maria Vetsera, Vetsera

Luoghi citati: Crimea