Un «Oberon» ariostesco di Massimo Mila

Un «Oberon» ariostesco Grande successo alla Scala dell'opera di Weber dedicata al «ricordo di Massimo Mila» Un «Oberon» ariostesco La regia di Luca Ronconi, ricca di trovate, è però priva di sostanziale allegria - Precisa ma senza slancio la direzione di Seiji Ozawa - Ottimo il cast, dominato da Trudeliese Schmid! MILANO — Quando si dice Oberon tutti pensano a una meravigliosa ouverture destinata ad aprire i concerti sinfonici; quello che ci sta dietro, V'Opera romantica» con cui Weber ha concluso la sua breve carriera, è cosa ben più sfurvita, e sopra tutto rara dà sentire per l'avventurosita del testo e dell'allestìmento; per cut era pienamente giustificata l'attesa attorno alla nuova proposta della Scala (da dove mancava da più di tren fauni), che ha voluto abbinare l'impegnativo appuntamento con la dedica della serata al «ricordo di Massimo Mila», proprio ad un mese dalia sua scomparsa. Il problèma teatrale dell'Oberon, dove la musica è fuori discussione, è sapere corno uno schema di fiaba convenzionale fòsse sceneggiato e colorito di elementi realistici e quotidiani; l'opera romantica, da questo punto divista, era l'opposto della tipizzazione cosmopolita dell'opera seria italiana. Anche nel Freischùtz, in verità, è quasi impossibile, oggi, individuare il mosaico di cori di contadini e cacciatori (diversi fra loro), marce, valzer e polacche, Lied e Volkslied, arie e ariette, motti popolareschi blasfemi, proverbi, riferimenti all'età biedermeier; ma qui lo spettatore è colpito e orientato datt'emergere di due climi opposti, uno positivo, lieto e sportivo e uno negativo, notturno e demoniaco. Ne'roberon invece i contrasti evaporano in una arcana leggerezza, in una fondamentale amistà di tinte; e la presa sul pubblico è meno immediata, più legata a circostanze momentanee, come quelle che alla prima londinese del 1826 ne decretarono il trionfo; l'attesa del pubblico inglese del tempo, ti tipo di testo che James Robinson Planché gli fornì nei diffusi dialoghi restano fluttuanti in una teatralità aperta ad ogni possibilità. PèrH. ?sto il •barocchismo» e la sovi abbondanza di Luca Ronconi qui cadrebbero a proposito, a cominciare dal tessuto mistilingue: si canta intedesco (nella traduzione di Theodor Hell.chè segui immediatamente l'originale), ma si parla anche in francese, in inglese, pure in arabo, ma sopra tutto in italiano, sicché lo svolgersi della vicenda si segue senza difficoltà. Tuttavia, non si ripete il miracolo fiabesco della regia dello Zar Saltan, (complice l'impianto scenografico di Gae Aulenti); qui le scene di Margherita Palli sono fini e garbate e risolvono bene gli innumerevoli cambi di luogo con siparietti e suddivisioni multiple; ma riducendo il boccascena, allontanando le figure, miniaturizzano troppo e alla lunga uniformano il ritmo spettacolare. Anche Ronconi,-abituato a cavalcare con furia nelle strutture della drammaturgia verdiana, e wagneriana, nell'Oberon, dove tutto è possibile, si tiene leggero, con alcune riprese del suo fare più sbrigliato e ariostesco: le sarabande di fate, genie tti, custodi dell'harem, elfi che origliano da rocce e anfratti si seguono con curiosità, ma senza una sostanziosa, cordiale allegria di fondo. L'impressione dipende anche da quanto viene offerto dalla direzione di Seiji Ozawa: momento per momento, belle sonorità, eleganti scelte timbriche, ma, dopo la brillante riuscita deU'ouverture, gli attimi non si saldano in uno slancio unitario, in quell'entusiasmo emotivo cosi caratteristico di Weber, specie quando è in gioco la scoperta del nuovo senso della natura. Netta numerosa compagnia di canto, per sicunzza e disinvoltura, svetta Trudeliese Schmidt (Fatima); ma una Rezia di tutto riguardo è pure Elizabeth Connel, che ha dato il meglio di sé nella stupenda cavatina «Traure, mein Herz». La parte di Hùon è fra le tremende della storia teatrale, specie per l'aria eroica del primo atto, con i temerari la e ai sopra il rigo: ti tenore Paul Frey ci si butta con coraggio, ma lo sforzo si sente, e le sue qualità si apprezzano di più quando staziona in zone più riposate, come nella •preghiera' del secondo atto, dopo la tempesta di mare. Buono, nel tono freddo e nervoso l'Oberon di Philip Langridge, come il suo scudiero, impersonato da Michel Ebbecke, e ti Puck, l'unico personaggio diviso fra due interpreti- Markus Baur nei pezzi musicali, Marzio Margine negli episodi parlati. Bene a fuoco tutti gli altri, cantanti e attori, ed eccellente la qualità vocale del Coro Filarmonico di Varsavia diretto da Henryk Wojnarowski. Applausi misurati durante l'esecuzione, ma successo schiettissimo alla fine, dovuto anche alla maggiore incisività che lo spettacolo assume negli Ultimi quadri. Giorgio Pestelli Elizabeth Connel è uaa Rezia di tutto riguardo e ha dato il meglio di sé in «Traure, mein Herz»

Luoghi citati: Milano, Varsavia