Dimezzato di Liliana Madeo
Dimezzato Dimezzato dal Parlamento e sancita da un referendum popolare. Finché non è abrogata o modificata, obbliga tutti, mezzi-ministri compresi. E' vero che è in parte difettosa (a causa soprattutto della sua ambiguità, frutto del compromesso parlamentare con cui nacque); è forse anche vero che in alcuni casi serve ad uno scopo (la contraccezione) diverso da quello per cui fu approvata (la depenalizzazione dei casi previsti). Resta comunque che è un fatto politico grave fare resistenze capziose (o ritorsioni o minacce, come quelle del ministro alla Mangiagalli) ogni volta che una donna la usa. I cattolici che osteggiano la legge non dovrebbero neppure dire che su questo tema «un vero confronto culturale certamente manca». In realtà quel confronto c'è stato e continua ad esserci, e le coscienze sono divise sia nell'uno che nell'altro schieramento (un dato che colpisce è ad esempio che nella rossa, scristianizzata Toscana, gli aborti diminuiscono, con la sola eccezione della mia bianca, cristianissima, Lucca). Il secondo punto che dovrebbe essere chiaro è che se la legge c'è e va rispettata, bisogna anche che si creino le condizioni per la sua applicazione. L'obiezione di coscienza, qui siamo d'accordo con Donat-Cattin, non si tocca; ma l'obiezione di coscienza riguarda gli individui non le istituzioni o le cliniche che non hanno coscienza morale. Se una clinica assume solo medici antiabortisti, o se il boss antiabortista di una cattedra induce (nelle ben note forme in cui i baroni delle cliniche inducono) gli assistenti e gli aiuti all'obiezione, bisogna intervenire contro la sopraffazione. La proposta radicale di creare un servizio diretto da un abortista laddove una clinica sia diretta da un antiabortista, o la proposta socialista di ridurre il periodo per la presentazione dell'eccezione di coscienza fino al conseguimento dell'abilitazione alla professione, pur essendo chiara e rispettabile l'intenzione, sembrano assai pasticciate. E' sufficiente forse far valere il principio che una clinica pubblica italiana deve rispettare una legge italiana, libera poi la clinica di assumere chi crede o il boss della clinica di andare e portare la sua corte dove meglio gli pare. C'è poi un terzo punto. La legge stabilisce che titolare esclusivo della decisione se abortire o no è la donna. Si sa di laici, anche ministri socialisti, che non la pensano così e vorrebbero che almeno il padre fosse coinvolto. L'opinione è rispettabile perché anche in questo caso non ci sono schieramenti rigidi e non mancano argomenti di peso a favore dell'una o dell'altra tesi. Ma anche qui la legge parla chiaro. Proporre comitati etici.c una forma mascherata di Violenza sulle coscienze; e far passare le donne che ricorrono all'aborto come madri che non amano i bambini è una forma palese di violenza. Un bambino più si ama più è voluto responsabilmente. Forse il mezzo-ministro Donat Cattin non lo sa perché, come dice, «non è mai andato ad abortire». Gli possiamo solo augurare di restare incinto. Marcello Pera A pag. 11: Battaglia su Donat-Cattin, di Liliana Madeo
Persone citate: Battaglia, Donat Cattin, Donat-cattin, Mangiagalli, Marcello Pera
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