Sinistra dc alle strette di Augusto Minzolini

Sinistra dc alle strette L'intesa Gava-Andreotti può isolare la corrente del segretario Sinistra dc alle strette Svanito Raccordo col «grande centro» - il divorzio consumato in meno di mezz'ora tra Bodrato e Scotti Delusione del capogruppo alla Camera Martinazzoli: «Che devo dire? Ormai abbiamo perso» ROMA — 'Che devo dire? Ormai abbiamo perso»: più pessimista che mai, Mino Martinazzoli è l'immagine dello sconforto della sinistra democristiana. Svanita l'idea di un'alleanza con il Centro di Cava e Forlani, la corrente del presidente-segretario vede sullo sfondo del prossimo congresso il rischio di un isolamento. Ieri passeggiando per il Transatlantico di Montecitorio, il presidente dei deputati democristiani non ha lesinato critiche ad un congresso che per la sinistra è iniziato male e rischia di finire peggio. «£' chiaro che se gli altri si mettono tutti insieme animati da uno spirito di rivincita, per noi c'è poco da fare: dalla parte loro ci sono i numeri per vincere». E' un po' l'ammissione di un pericolo che tutti gli uomini del segretario avevano esorcizzato. Un rischio che la riunione del Grande Centro nel Collegio del Nazareno, ha reso quantomai reale. Da li è venuto un colpo di spugna alle ultime illusioni di realiz¬ zare quel patto sinistra-centro, che era il perno della strategia congressuale di Ciriaco De Mita. L'ultima mossa di Oava e soci è stata analizzata ieri sera dallo stato maggiore della corrente (assente De Mita, immerso a Palazzo Chigi nelle trattative con 1 sindacati). Nello studio di Bodrato c'erano tutti, da Martinazzoli a Goria. Tra tanti «lo l'avevo detto» e recriminazioni, la sinistra è tentata di puntare tutto su se stessa. Ai congressi regionali presenterà delle proprie Uste. Poi, andrà al congresso con le mani libere e in quella sede giocherà autonomamente la propria partita. Con una chance in mano: anche per gli altri è difficile una maggioranza senza la sinistra, 'aprirebbero—dice Bodrato —piò problemi di quanti ne risolverebbero». Una prova di orgoglio dietro la quale, però, si cela la consapevolezza che nel partito il vento è cambiato. Al vertice della sinistra ieri mattina le brutte notizie so¬ no arrivate di buon'ora. I messaggeri del Grande Centro si sono alzati prestissimo per comunicare le decisioni che avevano preso la sera prima nella riunione al «Nazareno». Vincenzo Scotti alle 9 e 30 è già nell'ufficio di Guido Bodrato, plenipotenziario della sinistra. In mano ha il comunicato in tre punti con cui gli uomini di Gava e Forlani danno l'addio ai sogni di De Mita. Scotti è un po' impacciato nel presentare quel comunicato, scritto e riscritto tutta la notte per renderlo il meno ultimativo possibile, per lasciare ancora aperta una remota possibilità d'intesa. Ma quel tre punti pesano. Eccome. La richiesta di «un segretario nuovo» (una vera e propria pietra tombale sull'ipotesi del «doppio incarico») e l'annuncio che 11 Grande Centro si presenterà ai congressi regionali con liste e documenti propri, lasciano poco spazio ad un'ulteriore trattativa. Scotti lo sa, ma fa finta di niente. 'Quido, esordisce, ecco il comunicato. Ancora non l'ho dato alle agenzie. Anzi mi fai fare anche delle fotocopie?». Bodrato legge attentamente e, intanto, ascolta le proposte di Scotti: 'Senti, a questo punto io e te potremmo mettere nero su bianco quelle 3-4 questioni controverse che ci sono. Una base di discussione per l'incontro con tutti». Bodrato lo guarda con aria imbarazzata, un po' come il marito che insieme alla sentenza di divorzio riceve dall'ex-moglie l'invito per un viaggio. Poi lo interrompe e dice: 'A che seroe? Da questo comunicato appare chiaro che non volete più fare maggioranza con noi». Tirato per le bretelle, Scotti diventa più esplicito: 'Beh, l'avevamo già detto: vogliamo un accordo unitario». «E allora — lo incalza Bodrato — perché vuoi fare un documento che abbia le nostre due firme? Né tantomeno mi convince l'idea di un vertice con tutti. Lo si farà al congresso». Cosi in meno di mez- z'ora si è consumato il divorzio tra la sinistra e 11 centro, é sfumata quell'unione che doveva condizionare — nei plani di De Mita—lo svolgimento del congresso democristiano. Certo i capi del correntone promettono agli uomini della sinistra che nulla è perduto. Ma per De Mita 1 margini ormai sono stretti: dopo tanti tentennamenti un «si» a quel vertice di tutto il partito per scegliere il nuovo segretario (Gava glielo ha chiesto ancora ieri), avrebbe tutto il sapore di una resa. In più là riunione al «Nazareno» ha dimostrato che il Grande Centro è deciso a concedere poco. Li, nella sala adibita ai consigli di classe, l'ipotesi del «doppio incarico» è diventata una barzelletta. «72 doppio incarico — l'ha liquidato Gava con una battuta — non esiste, si chiama Pasqualino». La sinistra è stata trattata con la benevolenza ('dobbiamo evitare che sia emarginata» hanno detto in coro Gava e Forlani) con cui i vincitori trattano i vinti. Né la corrente ha avuto delle crepe. I più corteggiati da De Mita, Gaspari e Lattanzio, hanno messo da parte ogni dubbio. 'Non possiamo più tornare indietro» ha detto il primo. Mentre Gava ha rassicurato il secondo, preccupato per una possibile crisi di governo con elezioni anticipate che potrebbe condizionare il congresso: 'Vito — gli ha detto — De Mila lo abbiamo già seguito una volta sulla strada delle elezioni anticipate. Ma non gli andremo dietro una seconda volta». Insomma, con la riunione del «Nazareno» c'è stato un giro di boa nei complicatissimi giochi congressuali de. Per recuperare 11 rapporto con il Centro, De Mita e la sinistra debbono mettere da parte l'Idea del «doppio incarico» e di una maggioranza delimitata.- Debbono accettare di non" essere più loro i registi del prossimo congresso. Debbono, in altre parole, scordare le ambizioni di un tempo. Il primo ad ammetterlo è lo stesso Martinazzoli, candidato per la successione a De Mita: 'Quel no al doppio incarico — dice laconico — è anche un no a qualsiasi altra candidatura della sinistra». Augusto Minzolini

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