Risparmi, fisco e sindacati di Mario Salvatorelli

Risparmi, fisco e sindacati I nostri soldi di Mario Salvatorelli Risparmi, fisco e sindacati ■ Ilo lavoralo per 42 anni come dipendente, ora sono in pensione e cerco di collocare al meglio i miri risparmi e In liquidazione, anche per difenderne il potere d'acquisto, ed è ciò che fa la maggioranza dei la\Oratori e pensionali, pur non avendo molla competenza. Leggo da qualche tempo le polemiche sulla tassazione dei redditi da capitale e il particolare accanimento dei sindacati nel chiedere che detti redditi siano tassati da Irpef. Se permeile vorrei esporre le mie considerazioni-. E il signor P.A. (Icllcru Firmata), di Curiale (Savona ). prosegue «considerando- i! pesante trattamento fiscale dei depositi bancari a risparmio e in conto corrente, il non meno pesante prelievo Migli interessi dei certificati di deposito (■•considerando- anche il reddito -•reale», quando pure esista, di questi -capitali-), c il prelievo sugli interessi dei titoli di Stato che. a suo modo di vedere, tenuto eonlo del reddito reale sale dal 12.50 al 25 per cento. Poi conclùde: «Mi chiedo se si vuole ancora peggiorare la situazione, senza tenere conto dell'inflazione, della quale non sono certo responsabili i piccoli e medi risparmiatori, con il rischio di far fuggire all'estero i grandi capitali e di spingere i piccoli risparmiatori a non risparmiare più. visto che il risparmio risulterà troppo penalizzato. Dopo di che. a finanziare l'enorme debito pubblico penseranno i sindacati...». Sono abbastanza d'accordo nel considerare «punitivo» il trattamento fiscale del risparmio in Italia, anche alla luce della nostra Costituzione che, all'art. 47, recita: «La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme». Vorrei sapere, infatti, come si può parlare di «tutela» quando i depositi in banca, in particolare quelli sui libretti di risparmio, al netto del prelievo fiscale c dell'inflazione, danno un rendimento negativo, c cioè inferiore al ta^so d'inflazione, e quindi tale da non difendere neppure il capitale. A suo tempo ero personalmente contrario anche alla tassazione dei titoli di Stato, per evitare proprio quello che, invece, e successo, e cioè l'aumento dei loro rendimenti, in misura eguale se non superiore al prelievo fiscale, per evitare la fuga dei risparmiatori. Un aumento che ht> contribuito certamente sia a quel rincaro del servizio del debito pubblico e a quell'accorciamento della vita media dei titoli di Stalo che le stesse autorità monetarie, da un anno a questa parte, lamentano, sia al riaccendersi dell'inflazione stessa, la più iniqua delle imposte, perché a pagarla sono soprattutto i più deboli. Ora, propugnare, in aggiunta al prelievo fiscale, diretto, alla fonte, su tutti i redditi del risparmio, anche il loro cumulo sui redditi imponibili ai fini Irpef, sembra pure a me un'esagerazione, ai limiti del masochismo (ammesso che siano i sindacati a volerlo). A proposito di risparmio, di cifre e di opinioni, tra le quali si vorrebbe far rientrare a forza la matematica che, com'è noto, un'opinione non è, vorrei farvi legge¬ re quanto mi scrive I ingegner Giovanni Maritano, di Giaveno (Torino), a proposito della Rubrica del 28 dicembre scorso, e in particolare di alcune cifre in essa contenute. «Se il risparmio finanziario delle famiglie — egli osserva — <5 di I milione e 300 mila miliardi di lire, e le famiglie sono 20 milioni, facendo il rapporto tra le cifre si ottiene che il risparmio finanziario delle famiglie italiane sarebbe in media di 65 milioni annui. Se facciamo analogo rapporto fra risparmio e abitanti, troviamo che il risparmio finanziario prò capile sarebbe di 22,8 milioni, mentre il reddito è di IH milioni. Ritengo che nelle cifre del risparmio ci sia uno zero di troppo». Ora, in quella Rubrica io scrivevo, tra l'altro: «Siamo un Paese di 57 milioni e mezzo di abitanti, e di 20 milioni di nuclei familiari, con un reddito che ha raggiunto ormai i IH milioni prò capite...». E, più avanti: «Perché non ricordare mai. quando si parla di "consumismo", che il risparmio delle famiglie, quello finanziario (immobili esclusi), ventanni fa era sui 6H0 mila miliardi (calcolato in lire attuali), la metà di quello che risulterà essere alla fine di questo I9HH, e cioè oltre 1 milione 300 mila miliardi di lire». Mi sembrava chiaro, cioè, che quei 18 milioni di reddito prò capite si riferivano al reddito di un anno, il 1988 (il cui prodotto interno lordo dovrebbe essere stato di 1 milione 50 mila miliardi di lire circa, c che, divisi per 57 milioni e mezzo di abitanti, danno appunto sui 18 milioni prò capite). Invece, il risparmio delle famiglie da me indicato non è «annuo», ma si è accumulato nel tempo, così da passare, in ventanni appunto, da 680 mila a 1 milione 300 mila miliardi di lire attuali. Nessuno «zero di troppo», caro lettore, da parte mia, né, per fortuna da parte delle laboriose e risparmiatici famiglie italiane, quanto meno della maggioranza di esse.

Persone citate: Curiale, Giovanni Maritano, Migli

Luoghi citati: Italia, Savona, Torino