Lou Reed, il ruggito di «New York»

Lou Reed, il ruggito di «New York» Roma, il leone dell'underground parla del suo lp e annuncia un tour Lou Reed, il ruggito di «New York» ROMA — lì leone dell'underground torna a ruggire e non si smentisce. Lou Reed, 45 anni, un passato spericolato alle spalle, cantore e musicista della realtà più cruda, dopo tre anni di silenzio che sono in realtà sembrati molto più lunghi, per la pochezza delle ultime produzioni ma anche per la sua emarginazione dallo scintillio fatuo degli Anni Ottanta, è tornato con un disco, New York, che fa discutere. Ha testi duri, pesanti, anche volgari, dove la realtà dell'emarginazione metropolitana, i drammi della metropoli, miseria, Aids, droga, crack vengono descritti senza complimenti, con fughe poetiche tipo quella di Romeo and Juliet, dove Romeo si chiama Rodriguez e l'ambiente è Harlem invece che Verona. C'è una invettiva diretta contro il Papa, nel bra¬ no Good Evening Mister Waldheim, in cui si dice che il premier austriaco e il Pontefice hanno molte cose in comune: «Ponte/ice, grazioso Pontefice, chiunque può stringerti la mano o ti piacciono solo le uniformi?», recitano le parole, che chiamano poi in causa anche Jesse Jackson e le sue teorie sulla «terra comune»: «Nelle tue parole, tu includi anche l'Olp?-, chiede Reed. . Lou Reed ieri era a Roma, per fare a mode, suo promozione al disco. Una manciata di interviste da venti minuti, intervallati da imbarazzanti silenzi resi più lunghi dai divieti pesanti sugli argomenti da affrontare: proibito parlare di tutto ciò su cui sarebbe stato interessante ascoltarlo, soprattutto dopo questo disco: niente politica Usa, Aids, droga, cose personali, niente Andy Warhol che è stato il suo nume tutelare su cui ha appena fatto uno spettacolo a New York; niente su Nico che cantava con lui nei Velvet, appena scomparsa; niente Velvet Underground, la storia del suo primo passato. Tutto vestito di nero, ma questa volta con gli occhiali da vista, il cantante non ha faito mai un sorriso, ha bevuto in continuazione acqua minerale e fumato qualche sigaretta. Ha spiegato di aver impiegato tre mesi per ottenere i suoni che voleva, in un piccolo studio, con la chitarra Fender, la voce e gli strumenti «sema trucchi'. Ha detto di amare New York nonostante la descrizione impietosa che ne ha fatto: «£' una città che si sviluppa continuamente, tutti i suoi problemi sono gravi allo stesso modo e la fanno com'è'. Ha anticipato che andrà in tour da marzo negli Stati Uniti, e sarà in Europa verso giugno: «Ma voglio suonare in posti piccoli, teatri, dove non si perda il contatto con la gente: La musica di New York è al limite del minimale. Fra blues e ballate rock/country, qualche durezza e un suono rotondo e sporco di chitarra, i suoni recuperano la loro funzione più pura. La voce resta quella inconfondibile, strascicata e dondolata con durezza. Ci sono le traduzioni dei testi in molte lingue (tranne che in italiano, per i soliti problemi legali) e un avvertimento scritto: «La musica è stata registrata nell'ordine che avete voi: vuol dire che essa dev'esser ascoltata tutta insieme, in 58 minuti (14 canzoni!), seduti. Come se fosse un libro o un film». Agli ordini, signor Reed. m.v.

Persone citate: Andy Warhol, Jesse Jackson, Lou Reed, Rodriguez, Velvet