«Crisi del calcio, non della città»

«Crisi del calcio, non della città» «Crisi del calcio, non della città» parere del sindaco Magnani Noya e di tre suoi predecessori (Cardetti, Novelli, Porcellana) - Boniperti e Catella: «Lo t di base funziona» - Nesi: «Il pubblico è diffìcile» - Sivori: «Non facciamone un dramma, al massimo un caso» E'il sport TORINO — Otto personaggi per cercare la Torino dello sport di vetrina, quella che non c'è più, sparita con il calcio in crisi, il basket in crisi, il rugby in disarmo, il ciclismo in evaporazione, la pallavolo emigrata. Sono personaggi speciali, legati a Tortilo, esperti di Torino, preoccupati (o no) per questa Torino che declina. - Prima l'«esterno» (ancora per poco, pare) Nerìo Nesi, presidente della Banca Nazionale del Lavoro, ieri come quasi tutti i lunedi nella città dove è nato al gran mondo dell'economia, la città che lui sente più vicina di ogni altra, per cosa gli ha dato, per cosa lui vuole darle. Nesi lancia e rilancia l'idea di un superclub di amici della Juventus, diagnostica Torino «con uno sport di immagine inferiore alla realtà valida del suo sport di base». Ci sono tre ragioni: «Za differenza di natura fra le due attività, una dilettantistica l'altra professionale; l'insufficiente osmosi fra i vivai legati all'attività dilettantistica e l'elite dell'attività professionale; l'esistenza di un pubblico che, per sua natura, non dà alle squadre cittadine di tutte le discipline sportive quello che danno i pubbici delle altre grandi città del paese: nel senso che i torinesi seguono i loro sport preferiti soltanto se vedono giocar bene, senza sorreggere a priori le loro compagini'. I rimedi sono in un maggiore dinamismo, che Nesi potrebbe intitolare anche a se stesso. Non subito, magari, ma quando lui tornerà stabile a Torino, comincerà à parlare sul serio del club juventino e poi andrà avanti... Nostre previsioni, sia chiaro. E ora passiamo a chi ai lavori è già addetto, o lo è stato sino a ieri. Quattro sindaci, partendo da quello in carica, per esaminare la città in crisi sportiva. Quattro sindaci fra l'altro tutti di fede granata. Maria Magnani Noya dice: «Penso ad un malessere passeggero, e spero di non sbagliarmi. La piémontesità significa carattere solido, lavoro valido, ma anche lentezza in certi movimenti: però, quando il movimento è cominciato, va avanti bene, sempre. Per il campionato mondiale Torino dovrà offrirsi ai visitatori anche con uno sport di vetrina valido: mi appello alle forze economiche della città e della regione, è un affare per tutti mostrare al mondo una bella faccia anche nello sport di vertice, oltre che una buona salute nello sport di base. Invidio Pillitteri, ha tanti problemi ma da questo punto di vista Milano si presenta già bene». L'ex Giorgio Cardetti dice: 'Non collego meccanicamente una crisi dello sport cittadino ad una crisi della città, come qualcuno mi pare sia tentato di fare. Diciamo che il supporto economico allo sport di vetrina dovrebbe essere più intenso. E' un auspicio, un invito, Il settore pubblico non può fare altro che occuparsi dello sport di base, e comunque è già impegnato in altre attività di supporto, come il Regio, lo Stabile. Tocca ai privati, si diano da fare, l'immagine dello sport cittadino è anche la loro immagine». L'ex Diego Novelli dice: «H calcio è spettacolo circense, lo dico con tutta la stima possibile nei riguardi del circo. Dunque non lego una crisi del calcio ad una crisi della città. Ma debbo dire che mi lascia indifferente tutta la presunta problematica che vuole legare la vita vera di una città alle espressioni sportive di vetrina. Il prossimo anno una Juventus, possibilissima, da scudetto significherà magari un cambio radicale di tante idee in proposito. Idem il Torino, se smetterà di essere una bottega con il cartello permanente dei saldi di fine stagione. Altre devono essere le preoccupazioni: nel 1988 ad esempio la droga ha ucciso, a Torino, più gente che il terrorismo in tutti gli anni scuri». L'ex Giovanni Porcellana dice: 'Non c'è correlazione fra malattia della città e malattia dello sport di vetrina. La Fiat ha bilanci splendidi, la sua Juventus non va bene. Sono altri ì problemi veri, i legami autentici fra una situazione e un'altra. Nello sport-spettacolo basta imbroccare un acquisto e cambia tutto: ma questo non significa che la città tutta abbia un risveglio sportivo». Omar Sivori, otto anni di Torino con la Juventus («ma tra i giovani del River giocavo conia maglia granala del Torino-Simbolo»), ha una critica speciale: 'Alle 11 del 9 ottobre, prima giornata di campionato, c'era già a Torino — lo so per certo — chi programmava la contestazione contro la squadra granata, che stava per affrontare la Sampdoria. Torino è una città grossa, importan¬ te: è il calcio ad avere bisogno di lei, come di tutte le grandi città. Ero stato profeta delle difficoltà del Torino, difesa inesperta e gente balorda ad accender fuochi. La Juventus è soltanto in un periodo di sfortuna. Ma Torino è già scesa in basso ed è risalita, non ne farei un dramma, al massimo un caso». Giampiero Boniperti inteso come presidente della Sisport, che cura l'attività sportiva della Fiat, è serenissimo: 'Le cifre dicono che cresce a Torino l'attività di base, nonostante il calo della popolazione e delle unità lavorative. La Sisport raccoglie sempre più gente impegnata nello sport. Le vetrine ci sono, fra i nostri dilettanti: canottaggio, ciclismo, sollevamento pesi, lotta, atletica, nuòto. Sono vetrine affollate, non con un solo personaggio e tutte le luci su di lui. E ogni anno l'affollamento aumenta, e questa è tutta salute». Vittore Catella, presidente del Coni regionale, conferma e rafforza: 'Il Piemonte fa molto sport, ne fa sempre più. Un milione e trecentomila che fanno pratica regolare. Metà di questi in Torino e provincia. L'immigrazione è anche servita a limitare la tipologia del "bogianen". Sì, vorrei la vetrina oltre alla base, ma intanto la base c'è, e la vetrina è forse soltanto questione di impianti più comodi, che permettano di sopportare i sacrifici dello sport moderno di vertice. Vorrei un Tomba, si capisce, nato a Torino, ma mi vanno bene i cinquecentomila torinesi che fanno sport dì base». g.p.o.