Ingoiati da un fiume di terra

Ingoiati da un fiume di terra Oltre mille morti nel terremoto in Tagikistan, vicino al confine afghano Ingoiati da un fiume di terra La scossa, all'alba, ha staccato una fetta di montagna che ha sepolto tre paesi - Nessun danno nella capitale, Dushanbé (500 mila abitanti) - La tragedia in sordina alla tv, forse per tranquillizzare i sovietici scossi dall'apocalisse armena DAL NOSTRO CORRISPONDENTE MOSCA — Almeno mille morti accertati, interi villaggi sepolti dal fango, «una indescrivibile tragedia» secondo un giornalista locale: a due mesi appena dalle devastazioni d'Armenia, il terremoto ha colpito ieri il Tagikistan, nell'Asia Centrale sovietica. Non è una catastrofe come quella del Caucaso, perché nessuna città di grandi dimensioni ha subito seri danni, ma le conseguenze sono gravissime: le scosse più forti, sette gradi sulla scala Mercalli, hanno staccato dalla montagna un'enorme massa di terriccio e fango, lunga due chilometri e mezzo, larga otto e alta fino a quindici, che ha sepolto almeno due centri abitati da centinaia di persone. Il bilancio è ancora provvisorio, perché con molte località le comunicazioni sono interrotte; ma secondo l'agenzia Tass rischia di aggravarsi. E' avvenuto alle 5,02 di ieri mattina, mezzanotte e due minuti in Italia, con epicentro a cinquanta chilometri dalla capitale Dushanbé, vèrso il confine afghano: la scossa, secondo un portavoce del governo locale, è durata 40 secondi, a una profondità di 12 chilometri. E' bastato per distruggere subito decine di case; quelle più fragili almeno, notava l'agenzia Tass, costruite in fango e terra battuta, secondo le antiche tradizioni tagike. Poi, il tremendo fragore della frana: un incontenibile fiume di terra si è mosso verso Okuli Poion (cioè Okuli 'di sopra» ), Sharora e Okuli Bolo (cioè 'di sotto-), sommergendo completamente quest'ultimo, sul fondovalle, devastando tre quarti almeno di Sharora ma risparmiando l'intera popolazione di Okuli Poion, costruito sui Banchi della montagna: lassù, acqua e fango sono arrivate soltanto dopo un'ora e mezzo, e tutti hanno avuto tempo di scappare. Altrove invece, nella valle, la tragedia è arrivata all'improvviso quasi, sorprenden¬ do la gente nel sonno. Soltanto a Sharora sono morte, secondo un giornalista dell'agenzia di stampa tagika, 600 persone almeno. A Bolo le vittime potrebbero essere alcune centinaia. E si capisce perché: «A Bolo 70 case sono sommerse dal fango; a Sharora c'erano 150 case, la maggior parte ora è sommersa o rasa al suolo», ha scritto la Tass. Di questi due villaggi il telegiornale ieri sera ha mostra¬ to immagini girate dall'elicottero: della maggior parte delle case si vedevano soltanto i tetti, tutto 11 resto era sommerso dal fango. L'impressione è però che nel Tagikistan non si sia ripetuta la tragedia dell'Armenia, dove il 7 dicembre il terremoto ha fatto venticinquemila vittime accertate e mezzo milione di profughi. Anche se mancano notizie da molti villaggi, ancora isolati, l'area colpita dal sisma sembra abitata da poche migliaia di persone: la sola grande città della zona, Dushanbé, con mezzo 'milione di abitanti, non ha subito danni di rilievo, confermava In sorata la Tass. La desolazione, la paura, il dolore, sono naturalmente gli stessi: 'Grida e lamenti si levano dovunque, c'è gente che piange i parenti morti e sepolti dalle macerie, c'è chi cerca di trovare qualche sopravvissuto, sot- io quello spesso strato di fango e acqua», ha scritto la Tass. Anche se ieri sera la tv evitava di mostrare In viso 1 sopravvissuti alla ricerca delle loro cose, dei parenti rimasti sotto 1 detriti e 11 fango. Anche se, al telegiornale, del terremoto si è data notizia nel sommario, se ne è parlato, per pochi minuti, soltanto dopo altri quattro servizi; anche se lo speaker ha fatto cenno semplicemente a «vittime» senza avanzare cifre. Una scelta un po' in sordina che, probabilmente, ha voluto tranquillizzare un Paese ancora scosso dalla tragedia d'Armenia. E che, per questo, proprio le differenze con quelle devastazioni orrende ha voluto sottolineare: per far capire che, pur terribile, la catastrofe non si è ripetuta con la stessa intensità. Avrebbe potuto essere più grave, forse. A lungo, ieri, si è temuto che le scosse avessero danneggiato le dighe della zona, Soprattutto quella In terrà battuta di Ragun, la più grande.del mondo. In serata, la Tass ha sciolto i dubbi: Ragun ha retto. Ha retto anche Nurek, un altro impianto gigantesco voluto da Breznev in quella zona sismica. Ma quasi certamente sarà presto polemica: fin dalla costruzione, Nurek è al centro di aspre controversie. Nell'Unione Sovietica della glasnost i movimenti ambientalisti hanno cominciato a far sentire la loro voce e certamente sfrutteranno questa occasione per denunciare gli squilibri del sistema energetico sovietico. e. n.

Persone citate: Breznev, Mercalli

Luoghi citati: Armenia, Asia Centrale, Italia, Mosca, Tagikistan, Unione Sovietica