«De Luca aveva protezioni agli Esteri» di Giovanni Bianconi

«De Luca aveva protezioni agli Esteri» L'inchiesta sul vicedirettore di Rebibbia si allarga al mondo politico «De Luca aveva protezioni agli Esteri» Lo sostiene il senatore Forte, che Io allontanò dalla Farnesina - Ma una lettera di benservito gli fece trovare un posto come dirigente del carcere - Nuove accuse: corruzione, peculato, estorsione e truffa ui danni dello Stato ROMA — Corruzione, peculato, estorsione, truffa ai danni dello Stato. Sono i quattro reati ipotizzati nella nuova comunicazione giudiziaria che ha raggiunto Egidio De Luca, piantonato su un letto del Policlinico di Roma. L'ex direttore di Rebibbia è ormai al centro di un'altra inchiesta, che riguarda tutte le presunte irregolarità denunciate dal senatore Francesco Forte e da altri che ebbero a che fare col Fondo per gli aiuti al Terzo Mondo, dove De Luca lavorò fra il 1985 e il 1986. Forte ha fatto le sue denunce ai giornali e al magistrato che conduce le indagini sul falso attentato delle Brigate rosse. Dice di averle messe nero su bianco anche quando De Luca era alle sue dipendenze. Solo dopo molti sforzi, aggiunge il sonatore, ottenne che il funzionario tornasse al ministero della Giustizia. Un trasferimento che equivaleva ad un licenziamento. Ma come è possibile che De Luca, con simili precedenti, sia finito alla vice-direzione di un carcere importante come quello di Rebibbia? E' un altro mistero di questa vicenda, che negli uffici ministeriali trova soltanto mezze risposte. Alla Farnesina dicono che l'unica lamentela di Forte è contenuta in un foglietto scrìtto a mano e neanche protocollato, nel quale l'ex responsabile del Fai consigliava di rimandare De Luca alla Giustizia o destinarlo ad un ufficio dove non fosse a contatto col pubblico. Tutto qui, mentre il senatore sostiene di aver raccolto per iscrìtto le prove dei tentativi di estorsione di De Luca nei confronti delle aziende che lavoravano col Fai. Dove sono finite quelle denunce? C'è poi la lettera con cui la Farnesina comunica al funzionario la sua «restituzione» al ministero della Oiustizia. Porta la data del 4 settembre '86, non ci sono rimproveri ed anzi si conclude con ringraziamenti ed elogi a De Luca per il lavoro svolto. Per il ministero degli Esteri è quasi una formula di rito, visto che contro il funzionario non c'era niente di provato. Per Forte, invece, è il segnale di «forti protezioni» di cui il funzionario godeva nel palazzo della Farnesina. Quando rientrò alla Giustizia, De Luca aveva già la qualifica di direttore di carcere, ottenuta col superamento di un concorso fatto nel 1978. L'unica sua destinazione, spiegano alla direzione generale degli istituti di pena, non poteva che es¬ sere quella di numero 1 o al massimo di numero 2 di un carcere. Non risultando nulla di biasimevole sul suo fascicolo (dell'inchiesta fatta dall'Ispettorato degli Esteri non ci sarebbe traccia), fu quindi mandato ad occupare uno dei cinque posti di vice-direttore a Rebibbia. «Il minimo che gli si potesse far fare», aggiungono i responsabili delia Direzione generale. Dunque alla burocrazia aniministrativa non risulterebbe ufficialmente niente di tutto quello che la magistratura sta ora scoprendo sul conto di Egidio De Luca. E nessuno si stupì nemmeno quando il funzionario cercò appoggi e raccomandazioni per andare alla presidenza del Consiglio o tornare agli Esteri. L'inchiesta condotta dal giudice Maria Cordova sul falso attentato delle Brigate rosse organizzato dal vicedirettore si è definitivamente sdoppiata in due: una sulla dinamica, i coinvolgimenti e il movente del finto agguato; l'altra sugli eventuali reati commessi da De Luca prima di approdare a Rebibbia. . Sul ferimento, gli investigatori si dicono certi del coinvolgimento di Antonio Mazzitelli (accusato di essere il feritore materiale di De Luca) e Andrea Rosato, con¬ siderato il «cassiere» che paga Mazzitelli per conto del vice-direttore. Tuttavia il magistrato ritiene che molti aspetti, a cominciare dal movente, debbano essere chiariti. Non si esclude nemmeno l'ipotesi che qualche altra mente, oltre a quella di De Luca, abbia orchestrato la messinscena. Contemporaneamente il giudice indaga sull'attività del vice-direttore agli Esteri, prima all'ufficio del cerimoniale e poi al Fai. Forte ha denunciato non solo le estorsioni di De Luca alle aziende, ma anche presunti ricatti quando ne fu deciso l'allontanamento. Nato dalle dichiarazioni dell'ex responsabile del Fondo, questo filone di indagini si è arricchito con le deposizioni di industriali e altri dipendenti del Fai. Per adesso l'unico anello che lega le due inchieste è l'uomo nella cui abitazione sono stati trovati l'assegno da 30 milioni che accusa Mazzitelli e la cassa di documenti sul periodo trascorso al Fai consegnatagli da De Luca prima del falso agguato. Oli investigatori seguitano a non rivelarne il nome, e forse dalle sue testimonianze potrebbe venire la definitiva soluzione del «giallo». Giovanni Bianconi

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