Bronzi per leggere le ore del potere

Bronzi per leggere le ore del potere A TORINO IN PALAZZO REALE 127 OROLOGI RACCONTANO DUE SECOLI SABAUDI Bronzi per leggere le ore del potere TORINO — La visione costante della scansione del tempo attraverso le lancette del quadrante dell'orologio meccanico fu fin dall'inizio privilegio e simbolo (e monito e memento nel mondo allegorico barocco) del potere: alle opere e ai giorni dei sottoposti bastava e avanzava l'ombra del corso del sole proiettata dall'asta della meridiana. Nel ricchissimo, fondamentale catalogo Fabbri della mostra degli Orologi negli arredi del Palazzo Reale di Torino e delle residenze sabaude (127 stupendi pezzi da mensola e da parete del '700 e '800, più una ventina di uso comune ottocentesco esposti, fino al 26 marzo, con giusta suggestione negli armadi della lavanderia-guardaroba) il denso saggio di Andreina Griseri evoca tipici brani della poesia allegorica barocca: "Mobile ordigno di dentate rote I lacera il giorno e lo divide in ore I affretta il corso al secolo fugace». E' logico allora che l'orologio meccanico, capolavoro in sé della più nobile e sottile tecnologia artigianale — francese e poi svizzera — diventi, con la sua cassa di •materiali preziosi, incorruttibili, alla pari con l'idea assoluta del Tempo», un protagonista dell'arredo dei palazzi del potere assoluto. Un arredo che è a sua volta, dal '000, simbolo organico e complesso di quel potere, visualizzazione Integrata in infinite forme e materie di un progetto globale della vita degli dei sulla-e della terra, che esaltano se stessi anche nel controllo sulla fugacità del tempo. Colpisce certo innanzitutto l'abbaglio estetico e materico delle casse del singoli pezzi, a cui il minuzioso studio di Giuseppe Brasa ha aggiunto l'evidenza di eccezionali capolavori meccanici, come quello di Antolne Thiout, mastro orologiaio del Duca d'Orléans, che realizza i principi esposti nel suo fondamentale Traile d'Horlogerie edito a Parigi nel 1741 con l'approvazione dell'Accademia Reale delle Scienze. Ma il visitatore potrà com prendere il significato della mostra, organizzata dalle due Soprintendenze con l'apporto della Banca Popolare di Novara e della Fiat, solo se coglierà, percorrendo sala dopo sala, il meditato legame espositivo (tra tempo storico e trasformazione stilistica dell'arredamento) con iì nuovo circuito aperto al primo plano di Palazzo Reale nelle sale ornate sotto Vittorio Amedeo II e Carlo Emanuele III, in parte riformate e riarredate sotto Carlo Alberto e di nuovo, ormai perso il ruolo di reggia della capitale, alla fine dell'800 sotto Umberto I. Un vero e proprio doppio spettacolo, i cui fondali non transeunti, dal barocco e rococò al classico-romantico e al neobarocco umbertino, sono il fondamento dei futuri compiti delle due Soprintendenze, di un progetto globale di cui è parte la mostra stessa, cosi come l'altra splendida precedente nel 1986 sulle porcellane e gli argenti. Da un lato l'analisi e, ove possibile, la messa in evidenza della stratificazione storica lungo tre secoli della decorazione e dell'arredo di una delle più ricche regge d'Europa, per nulla «provinciale» tra Francia e Austria, in chiara rispondenza con le oscillazioni e gli equilibri milit ar-diplo matici, ma anche culturali, sabaudi: dall'altro lo studio e la ricognizione dei ricchissimi materiali d'arte — e di industria artistica — rimasti a palazzo anche dopo remigrazione carlalbertina della quadreria a costituire la Pinacoteca Sabauda, estesi alle altre regge e luoghi di delizia. Ecco allora l'afflusso in mostra di orologi rococò. Luigi XVI, Impero da Stupirli gi, romantici e neogotici da Aglio e Race onigi (fra cui la straordinaria parure di orologio e candelieri francese dell'età di Carlo Alberto che trasforma in bronzo dorato neogotico la cattedrale di Reims), neobarocchi e neorococò del secondo '800 da Moncalieri e Agile. Ecco d'altra parte che i capolavori francesi in stile Boulle e Luigi XV ruotano e fanno corona in un certo senso ai tre fantastici, lussureggianti cartel in bronzo dorato, da parete su specchio, rimasti nella collocazione ori¬ ginaria: nel Gabinetto Cinese, francese intorno al 173540 al livello del grande Caffiéri, nel Gabinetto delle Miniature, piemontese nell'ambito del Ladatte intorno al 1760, neUa Sala della Colazione, già del Tempo, firmato dal ladatte e datato 1775. Infine, il grande Salone degli Svizzeri, già delle Glorie Sassoni, non più inizio ma fulcro e snodo dei nuovi percorsi — in quanto anche unico ambiente in parte superstite della prima fase sotto Carlo Emanuele II — ospita, nelle caratteristiche «piramidi» progettate da Gabetti e Isola per la precedente mostra delle porcellane e degli argenti, assieme a un ricordo di quella mostra stessa, una sorta di riassunto simbolico. Al centro spicca l'eccezionale esempio di orologio cronometrico, astronomico e di calendario, di grande fattura tedesca a metà '500, donato nel 1645 alla prima Madama Reale, la cui identificazione al Musée de l'Horlogerie di Ginevra è stata permessa, con affascinante vicenda critica, dal ritrovamento alla Biblioteca Reale del manoscritto con le sue complesse istruzioni d'uso e di lettura. Verso la ripresa del percorso, troneggiano 1 grandi nobilissimi bronzi classici di Thomire, Ravrio, Galle, interessanti anche come precoci esempi di parcellizzazione seriale della manifattura, portati a Stupinigi e poi a palazzo da Napoleone. Marco Rosei Sopra: Orologio da mensola (1815 circa). Sotto: un'opera parigina del 1839, meccanica di Fidèle Cochon

Luoghi citati: Austria, Europa, Francia, Ginevra, Moncalieri, Novara, Parigi, Torino