Abbado: «Vienna mia vera patria» di Alberto Sinigaglia

Abbado: «Vienna, mia vera patria» Incontro a Vienna con il grande musicista che stasera dirige la «Kovàncina» alla Staatsoper Abbado: «Vienna, mia vera patria» Dice dell'Italia: «Mi ha deluso vedere un Paese così ricco di cultura che amministra il suo patrimonio così male» - Il maestro ha apportato all'opera gli stessi «tagli» che Musorgskij fece sul libretto - Quasi una prima mondiale: ci sono manoscritti di cui non si conosceva l'esistenza DAL NOSTRO INVIATO VIENNA — Questa sera Claudio Abbado regala alla Staatsoper e ai viennesi una speciale Kovàncina, libretto e musica di Modest Musorgskij, protagonista la Russia intera, in una pagina della sua storia: la rivolta dei principi Kovanskij e la vendetta dello zar Pietro. Speciale perché, spiega Abbado, «non è soltanto una prima per Vienna, dov'è quasi sconosciuta. Ma anche una prima mondiale. La glasnost ci ha fatto avere pagine strumentate da Musorgskij stesso, di cui non si conosceva l'esistenza, finora sepolte nell'archivio della Biblioteca di Leningrado. Non le toccò mai RimskiJ-Korsakov, che strumentò il tormentato spartito per pianoforte lasciato dall'autore. Non le toccarono Stravinskij e Ravel, che nel 1913, per incarico di Diaghilev, orchestrarono le parti omesse da Rimskij; né Sciostakovic, che infine tentò un'edizione integrale». Ma c'è un'altra novità: «Le parti tagliate in questa edizione corrispondono esattamente alle parti tagliate da Musorgskij stesso sul libretto: tagli molto logici poeticamente e musicalmente. E' un'opera composta di tanti frammenti, difficilissimi da collegare l'uno all'altro: con questi tagli siamo certo più vicini a ciò che voleva l'autore. Il quale, per esempio, amava finire piano quasi ogni atto. Per il finale, né Rimskij né Sciostakovic seguono atta lettera quanto lui avrebbe voluto. Perciò ho scelto quello di Stravinskij, che capì meglio la sua idea e la svolse usando soltanto temi musorgskiani. Cinque minuti di musica che accompagna i settari, i Vecchi credenti, a uccidersi col fuoco. Muoiono, tra cupi rintocchi di campane, e muore la musica». Per questa Kovàncina arrivano critici da ogni parte d'Europa. La Deutsche Grammophon. la sua casa discografica, ne ha invitato una bella delegazione Italia- na. Ma nel giorno della vigilia Claudio Abbado sorride. Svelto ragazzo di 56 anni, ciuffo nero, ombrello bianco con una stecca rotta, si chiude alle spalle la porta del suo ufficio di direttore alla Staatsoper: 'La stanza che fu di Mahler». E con i fantasmi di Mahler e di Musorgskij facciamo quattro passi nel cuore di Vienna proibito alle automobili, verso casa. «Come rispecchiano bene, Mahler e Musorgskij, i dubbi, gli incessanti interrogativi, le angosce di quest'espoeal». Maestro Abbado, i nostri direttori d'orchestra sono sempre più contesi in tutto il mondo. Tocca a loro portare il vessillo della cultura italiana all'estero? Ne sono tutti capaci? «7o non mi sento un direttore italiano. Davanti alla musica non conta essere nati qui o in Italia o in Grecia. Carlos Kleiber, che cos'è? Un austriaco? Un argentino? E' un grande artista. Io non mi colloco da nessuna parte: ho trascorso diciotto anni stu¬ pendi alla Scala; oggi Vienna mi dà il suo amore per la cultura e i Wiener Philharmonikrr, questa orchestra meravigliosa». Un'orchestra particolare? 'Una città speciale: tutti i ragazzi che studiano violino nel mondo sognano di diventare Heifetz. Qui sognano di entrare nella Filarmonica. Che adesso è, tra le grandi orchestre, quella dall'età media più giovane». E' dunque ancora Vienna la capitale europea della musica? 'Come tradizione, sicuramente. A Vienna è nata tutta la rivoluzione musicale da Schónberg, Berg, Webem. Non s'era fatto molto negli ultimi anni. Ma dall'88, con "Wien Modem", festival che ospita i protagonisti assoluti della musica contemporanea, abbiamo cominciato una nuova era». Non viene troppo poco In Italia? 'Vengo in Italia come musicista in tournée, come vado in altri Paesi». In che cosa l'ha più delusa? 'Mi delude il vedere che un Paese così ricco di cultura come l'Italia amministra il suo patrimonio così male. Non solo nella musica, mi addolora che non conti tanto il valore d'una persona quanto la sua appartenenza a un partito oaun altro». E a Vienna non accade? 'Neanche qui è tutto pulito. Anche qui ci sono intrighi, ma non c'è confronto». Si è parlato di qualche sua difficoltà viennese... «Il festival di musica moderna ha visto tutti d'accordo: enti organizzatori e pubblico. E'stato un successo. Il, viaggio a Reims è pure stato un successo, ma si è detto: "Attenti a non fare troppo Rossini e troppo poco Wagner". Non mi sembra una gran difficoltà: l'anno prossimo si ripete Lohengrin, poi daremo Tannhàuser, poi un nuovo allestimento di Tristano e Isotta con la regia di Giorgio Strehler». E si parla ancora della successione a Karajan sul trono del Festival di Salisburgo? «Con la Staatsoper vi rappresenterò quest'anno .'Elettra di Strauss. I Wiener Philharmoniker saranno come al solito l'anima della manifestazione. Come al solito». Nostalgia per la Scala? Nuova collaborazione tra i due teatri? 'Portammo Pelléas dalla Scala a qui. C'è ora un invito a portare anche a Milano l'Elettra C'è l'idea, il progetto. Però le date non esistono ancora. Col Covent Garden, per il '92, abbiamo già tutto fissato...». Arrivati alla casa, in una piccola strada di negozi d'arte, andiamo su, fino al tettoterrazza, dove ogni inquilino coltiva orticelli e giardinetti da bambola Un gran volo di corvi della puszta saluta l'aquila imperiale sul tetto di Santo Stefano. Claudio Abbado strappa un ramoscello del suo rosmarino, lo dona all'ospite e sorride. Alberto Sinigaglia Claudio Abbado: «Vienna mi dà il suo amore per la cultura»