Perestrojka polacca di Aldo Rizzo

Perestrojka polacca Novità e limiti del «pluralismo socialista» Perestrojka polacca Nell'Est europeo, continuano gli spostamenti progressivi, essenzialmente per effetto dell'onda d'urto di Gorbaciov. Dopo il riconoscimento, in Ungheria, del diritto di associazione e di quello di riunione o assemblea (novità impensabili senza la svolta gorbacioviana del Cremlino), ora è la Polonia a prendere la strada del «pluralismo socialista», sia pure in modi tortuosi, forse i soli consentiti dalla situazione polacca, almeno per ora. Soluzione molto originale, tanto originale da sembrare, al limite, poco credibile. Si ammette il diritto all'esistenza del sindacato indipendente Solidarnosc (il vero contropotere polacco, dunque la chiave di volta del pluralismo), ma lo si procrastina per più di due anni e lo si subordina a condizioni pesanti, prima fra tutte la rinuncia preventiva agli scioperi. Una sorta di autocastrazione politica. E tuttavia Bronislaw Geremek, il braccio destro di Lech Walesa, ammette che si tratta di «una svolta politica». Circa le condizioni, dice, si tratta di essere «ragionevoli»: noi e loro. Una soluzione si potrà trovare. In pratica, come osserva Le Monde, la risoluzione del Comitato centrale sul pluralismo rappresenta quella «dichiarazione d'intenti» che l'opposizione esigeva prima di mettersi a discutere col potere ufficiale il risanamento economico polacco, nella ormai famosa «tavola rotonda». Addirittura, la decisione presa sarebbe il frutto di un negoziato discreto svoltosi, prima della riunione del Comitato centrale, tra gli uomini di Jam elski e il «governo ombra» di Solidarnosc. Ora, dovrebbero essere gli sviluppi concreti della «tavola rotonda» a fissare le condizioni reali della svolta pluralista, al di là delle parole e delle date formali. O, almeno, questa è la speranza. Certo, una soluzione di compromesso. E infatti essa e stata attaccata a fondo dai duri del partito e del sindacato ufficiale, cosi come non ha convinto l'ala radicale di Solidarnosc. Per i primi, è un cedimento a un contropotere inammissibile; per i secondi, è solo l'ombra delle libertà di cui la Polonia ha bisogno e alle quali ha diritto. Come dar torto ai secondi? E tuttavia, se Wojciech Jaruzelski, il generale-presidente, ha dovuto gettare sul tavolo dello scontro la carta drammatica delle proprie dimissioni, per avere ragione delle resistenze, come negare che la «concessione» a Solidarnosc sia qualcosa di più di un fatto tattico, di un gesto gattopardesco o addirittura di un trucco? Ora non minore energia sarà necessaria a Walesa per convincere i suoi, tut¬ ti i suoi, che vale la pena provare. In realtà, non si vedono alternative apprezzabili, realisticamente parlando. Tanto più che, sia pure ambigua e contorta, insufficiente rispetto ai bisogni reali e alle sofferenze finora patite, una linea di tendenza c'è. In Polonia come in Ungheria, come — dato fondamentale — in Unione Sovietica. E, di nuovo, la serietà, nonostante tutto, di quanto sta accadendo è dimostrata dal duro confronto in atto all'interno di quello che era una volta il fedele e omogeneo campo sovietico. Lo si è visto a Vienna, dove quella che doveva essere una tranquilla cerimonia conclusiva della Csce (la periodica conferenza paneuropea sulla sicurezza e la cooperazione, avviata a Helsinki nei primi Anni Settanta) si è trasformata, a tratti, in uno specchio di divergenze profonde. Da una parte, appunto, l'Urss con l'Ungheria e la Polonia, dall'altra Paesi come la Cecoslo- vacchia e la Romania, e la stessa Germania orientale, ligi alla vecchia linea brezneviana, contraria a ogni impegno di tipo liberale o liberalizzante, che potesse essere scambiato per interferenza negli affari interni o, peggio, per un attentato al «sistema socialista». Un confronto esterno, che ripete quello in atto dentro i singoli Paesi e dentro i singoli partiti comunisti. Come tutto questo evolverà concretamente, nessuno lo sa. E' certo però che un'esplosione incontrollata dei problemi e delle contraddizioni, di tipo sociale e politico, non giova a nessuno, quale che sia il punto di vista dal quale ci si pone. Non giova agli stessi conservatori, se non sono completamente cicchi: e questo dovrebbe indurli, prima o poi, se non altro alla rassegnazione. E non giova ai liberali e ai progressisti, i quali da un'esplosione devono temere il riscatenarsi di forze repressive, anzitutto a Mosca, più che sperare l'avvento del regno della libertà. D'altra parte, anche un eccesso di tatticismo può nuocere, fino ad annullare la prospettiva del cambiamento. Solo uomini decisi, ma con nervi di acciaio e possibilmente dotati di un po' di fortuna, possono gestire una trasformazione «epocale», all'ombra della crisi del comunismo, che non è solo europea, ma mondiale. Aldo Rizzo A PAGINA 5 Jaruzelski esorta Walesa a pronunciarsi sull'offerta di pluralismo sindacale

Persone citate: Bronislaw Geremek, Gorbaciov, Jaruzelski, Lech Walesa, Walesa, Wojciech Jaruzelski