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«Università, la dc stia ai patti» di Maria Grazia Bruzzone
«Università, la dc stia ai patti» I socialisti chiedono l'immediato passaggio al ministero della Ricerca «Università, la dc stia ai patti» De Michelis: c'è un preciso impegno di De Mita, e noi pretendiamo che sia rispettato - La legge sul «trasferimento» dalla Pubblica Istruzione è ferma da tempo alla Camera - Il ministro Galloni si rifiuta di ricorrere a un decreto - La polemica al convegno psi. sulla «Risorsa scientifica e tecnologica» ROMA — «Ci spiace per Galloni, ma c'è un preciso impegno di De Mita del novembre scorso per ricorrere a un decreto legge che acceleri il passaggio dell'università al ministero della Ricerca. Se non sarà possibile raggiungere rapidamente un'intesa sul progetto che è alla Camera, andremo dal presidente del Consiglio a riscuotere la cambiale'. Nel suo intervento di fine mattina al convegno del psi su «La risorsa scientifica e tecnologica: università e ricerca verso il 1992» aperto ieri a Roma alla presenza di Bettino Craxi, il vicepresidente del Consiglio De Michelis alza il tiro della polemica che oppone i socialisti al ministro della Pubblica Istruzione e rischia di trasformarsi in un vero e proprio braccio di ferro. Attraverso il capogruppo alla Camera, Caprìa, il psi ha già chiesto un incontro di maggioranza per verificare le intenzioni degli alleati. Oggetto del contendere è il trasferimento dell'università dal ministero della Pubblica Istruzione, retto dal de Galloni, a quello della Ricerca Scientifica, nelle mani del socialista Ruberti. Il passaggio dovrebbe, permettere una programmazione più razionale della ricerca scientifica, oltre a sancire una trasformazione dell'università e degli enti pubblici di ricerca verso una maggiore autonomia. Tutto questo è previsto dagli accordi di governo. Ma a un anno dalla formulazione, la legge è praticamente ferma, dopo aver appena superato la boa della discussione al Senato. Lunedi scorso Galloni era sceso in campo rifiutando la proposta socialista di ricorrere al decreto per sbloccare la situazione. Rispondeva una lettera inviatagli da Luigi Covatta, sottosegretario alla Pubblica Istruzione con delega ai problemi dell'università. Lo stesso Covatta ieri ha replicato: «Il mio gesto non voleva essere né uno sgarbo a Galloni, né un favore a Ruberti. Né tanto meno vuole suscitare un ulteriore con¬ tenzioso fra de e psi. Ma una cosa è certa: in questo limbo non possiamo restare. Nell'università siamo ormai all'emergenza. Occorre varare il piano quadriennale, bandire i concorsi per il personale, i ricercatori, gli associati. Problemi che non possono aspettare olire. Si devono prendere decisioni sul piano amministrativo e legislativo che richiedono una legittimazione che oggi non abbiamo». A mettere in allarme i socialisti era stata proprio la presentazione al governo da parte di Galloni dell'atteso piano quadriennale: un progetto che il ministro della Pubblica Istruzione avrebbe dilatato ben oltre i limiti concordati con gli alleati proponendo l'istituzione di nuove sedi universitarie, facoltà e corsi di laurea «a pioggia». In margine al suo intervento di apertura, il ministro della Ricerca Ruberti ha definito la situazione odierna kafkiana: «Apparentemente tutti sono d'accordo, di fatto poi nulla si muove'. Ma a questo punto anche per la de un chiarimento è necessario. Lo ha fatto sapere ieri il responsabile per la scuola del partito, Tesini. il quale, invitando i socialisti a smettere le polemiche, ha tuttavia ribadito l'avversione della democrazia cristiana a ogni ipotesi di decreto legge. Contrari al decreto si erano detti anche 1 repubblicani. A una soluzione parlamentare sono favorevoli anche i comunisti. Che 11 psi consideri ricerca e università un punto irrinunciabile della sua azione è chiarissimo. Lo ha detto a chiare lettere Ruberti nel suo intervento di apertura. A fugare ogni dubbio bastava la sfilata dei grossi nomi del partito prevista in questi due giorni: da Craxi a De Michelis, Amato, Acqua viva. De Michelis ha lanciato la proposta di un «piano straordinario» per la ricerca, analogo a quello energetico o delle telecomunicazioni: un progetto «di aggancio all'Europa» che in quattro anni porti gli investimenti dell'Italia nella ricerca dall' 1,5 al 2,5 per cento del Pil: -Un obiettivo minimo ma realizzabile che ci porterebbe poco più su della Francia di oggi». In termini monetari, si tratterebbe di passare a 37.500 miliardi (in lire 1993) dai 10.500 miliardi deU'88. Il 25% di questi fondi dovrebbe, nelle intenzioni del vicepresidente del Consiglio, andare a correggere gli squilibri del Mezzogiorno. Ma bastano le risorse finanziarie a correggere lo storico gap italiano in un campo unanimemente definito «strategico»? Secondo i grandi operatori della ricerca, no. Per Carlo Rabbia, il premio Nobel da 20 giorni presidente del Cem di Ginevra, *ìl vero problema è il modo di organizzare le risorse umane. Le strutture, vale a dire le condizioni di carriera e lavoro, gli incentivi — ma anche' l'atmosfera giusta — devono rendere felice il ricercatore, che è il bene primario'. Della stessa opinione si è dichiarato il presidente della neonata Agenzia spaziale italiana, Luciano Guerriero. Maria Grazia Bruzzone
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