Economia, cocktail amaro di Mario Deaglio

Economia, cocktail amaro Tra protezionismo e liberismo Economia, cocktail amaro In politica economica, il presidente Reagan lascia un'eredità magra. Ciò che va sotto il nome di «rcaganomics» è, infatti, un insieme eterogeneo di ingredienti diversi e contrastanti, un misto di protezionismo e di liberismo, di dilettantismo (di molti ministri e consiglieri) e di professionalità (della Fcd, la Banca centrale americana), tenuti insieme dalla fortuna e dalla grande capacità di comunicazione del Presidente. E' proprio questa capacità, il saper infondere ottimismo, modificando cosi i comportamenti della gente, l'elemento originale della «reaganomics». Reagan è stato, infatti, maestro di persuasione, suscitatore del consenso. Per otto anni ha svolto una politica di stimolo della domanda — con riduzioni di imposte e aumento della spesa pubblica — facendo credere di condurre soprattutto un'azione di stimolo dell'offerta. Tutto ciò avrebbe dovuto portare a una grande inflazione. Reagan è riuscito a evitarla per la sua capacità di frantumare la resistenza sindacale, di indurre milioni di americani ad accettare salari reali più bassi del passato, di convincere gli investitori stranieri a finanziare l'economia americana acquistando titoli in dollari del debito pubblico di Washington. Il «miracolo» rcaganiano ha così una forte componente psicologica. E' inoltre, in gran parte, frutto di un «illusione ottica». I tassi di sviluppo del prodotto interno lordo e dell'occupazione degli Stati Uniti negli anni di Reagan (che comprendono la durissima recessione del 1981-82) risultano infatti, nel loro complesso, sostanzialmente uguali a quelli dei precedenti -disastrosi" otto anni (presidenze Nixon, Ford, Carter). In più, l'America e ora appesantita dai due grandi deficit paralleli dell'amministrazione pubblica e dei conti con l'estero e da una struttura produttiva che ha perso buona parte della sua supremazia tecnologica. Quest'America strutturalmente indebolita ha, però condotto con grande abilità la politica del giorno per giorno, soprattutto grazie al l'opera della Fcd. In partico¬ lare, nel settembre 1985, la Fed ha «pilotato» con successo la discesa del dollaro, anticipando i mercati ed evitando conseguenze reali all'economia americana; nell'ottobre 1987 è riuscita a sterilizzare gli effetti della crisi di Borsa e a portare l'economia all'appuntamento elettorale dell'anno successivo in condizioni di forte espansione, il che ha indubbiamente favorito, se non, addirittura, determinato, il successo di Bush. La politica economica reaganiana non deve, poi, essere valutata isolatamente. Il pesante deficit pubblico deriva, in gran parte, dall'aumento delle spese militari; euromissili e «guerre stellari» hanno tuttavia contribuito fortemente a portare i sovietici al tavolo delle trattative e quindi a innescare la distensione. Proprio grazie alla distensione, la prospettiva di una sensibile riduzione di queste spese appare oggi abbastanza realistica. In questo senso, la «reaganomics» si configura come un fenomeno transitorio, una sorta di passaggio necessario in un più vasto disegno strategico: il suo stesso successo conduce al suo superamento. La componente più duratura e più positiva degli anni rcaganiani è senza dubbio la riforma fiscale. Gli Stati Uniti hanno dimostrato che è possibile tassare molto leggermente i redditi aggiuntivi (stimolando così l'iniziativa dei singoli e l'attività produttiva) e compensando le minori entrate con l'abolizione di esenzioni e privilegi fiscali di ogni genere. A parte questa riforma, il periodo rcaganiano ha buttato via regole vecchie, dal settore della finanza a quello dei trasporti acrei, senza scriverne di nuove. La fiducia in questa libertà cieca non è risultata ben riposta, come dimostrano molti sintomi, dagli scandali finanziari al cattivo funzionamento degli aeroporti. Sono ora necessarie norme nuove, ma questo è per gli anni di Bush: con un'ultima mossa da attore, Reagan e uscito di scena al momento giusto per ottenere gli applausi e per essere rimpianto da milioni di americani. Mario Deaglio

Persone citate: Bush, Nixon, Reagan

Luoghi citati: America, Stati Uniti, Washington