Baldini sottovoce

Baldini sottovoce FOGLI DI BLOC-NOTES Baldini sottovoce « | AGAMI questo romanzo meglio che puoi. Mi è costato e mi costa quasi tutto il mio tempo, e anche viaggi e ricerche parecchie». Così Riccardo Bacche-Ili scriveva ad Antonio Baldini, redattore capo e factotum letterario della Nuova Antologia, il 7 novembre 1937, all'inizio della pubblicazione a puntate — puntate che saranno ben trentacinque, distribuite in tre anni — della sua.opera maggiore c più rappresentativa, // mulino del Po (che era un po', dicevano i maligni, il suo Guerra e pace). «Ti ringrazio caldamente della retribuzione, di cui sono grato a Federzoni e ate»: si legge in un'altra lettera, del 22 maggio 1938 (Federzoni, presidente del Senato, presiedeva anche la Nuova Antologia e ne controllava la cassa). «Non soltanto la rotonda somma mi riesce opportuna e comoda, ma anche la prendo per buon augurio alle sorti del volume, il quale sta per uscire». E' il volume che corrisponderà alla prima parte del Mulino del Po, «Dio ti salvi», l'unico che porterà ancora, nella copertina rossa gloriosa e insieme povera, l'insegna della grande casa editrice che aveva accompagnato l'Italia unita da Milano, la Treves (la parte seconda «La miseria viene in barca» e la terza «Mondo vecchio sempre nuovo» usciranno sotto la testata di Garzanti, indicatrice dello spartiacque con le leggi razziali). Non è facile decifrare quella «rotonda somma»; ma tutto fa ritenere che si tratti di diecimila lire, corrisposte per il primo volume e poi, in eguale misura, rinnovate per il secondo e per il terzo. Bacchelli, già giunto al massimo della sua carriera letteraria, già collaboratore del Corriere della Sera, l'amico di Mattioli e di La Malfa che frequentava una .certa Milano'e coltivava una certa idea dell'Italia (mai smentita neanche dopo l'accettazione dell'Accademia d'Italia nel '41), un autore ricercato e rappresentato, fra novelle, romanzi brevi, teatro e riviste, si aggrappava come' una tavola di salvezza a quelle «diecimila lire» che corrispondevano ad un diritto di anticipazione al suo libro più importante: il libro che tanto sarebbe piaciuto a Croce. Indice delle condizioni di debolezza organica in cui viveva l'intellettuale in Italia: materia sulla quale varrà la pena di fare qualche riflessione. Anche ritornando alla malinconica morte dello stesso Bacche-Ili, in condizioni di assoluta indigenza, nella clinica milanese nel 1985. HO ritrovato queste lettere di Bacchelli nel vastissimo epistolario inedito di Antonio Baldini, il grande scrittore di Michelaccio e di Melafurr.o che fu anche un pari organizzatore d cultura (nel 1989 ricorderemo il centenario della sua nascita). Volendo pubblicare una raccolta degli scritti più belli destinati da Baldini alla Nuova Antologia nel periodo 1931-1940 (si intitolerà 11 Sor Pietro, dal ritratto di Vieusseux), mi sono allargato : considerare tutto il mondo della letteratura italiana, in quel trentennio che parte dal 1931 e arriva al 1962, anno della morte. Trentennio in cui Baldini esercita un ruolo in confondibile di direttore let terario di una delle poche riviste che assicurino un regolare, e tradizionale, compenso agi: autori. Lo aveva cominciato, quel l'uso, a Firenze, nel 1821 Vieusseux, il primo impresa rio culturale che pagasse gli articoli, sollevando gli autori dalla servitù del principato o da quella della Chiesa. BALDINI, un personag gio che dell'antologi smo faceva una profes sione di fede. Sempre portato al confronto, al dialogo, al ri spetto di tutte le opinioni Mai uomo di scelte cacegori che o settarie. Alieno dall'in tolleranza e dalla brutalità «strapaesana» degli anni fra il '20 e il '30: pure vissuti dal l'interno di tante amicizie. Uno scrittore che non stato né vociano né lacerbia no. Che ha resistito al clan nunzianesimo senza aderire al futurismo. Che non ha perso la testa negli anni della grande scalmana prebellica, scambiata" per contestazione. Che ha detto «no» alle aggressive provocazioni di Lacerba, pur mantenendo l'amicizia col Papini àtM'Uomo finito. Destinato a rappresentare, come scrittore, il punto di incontro fra la tradizione classica italiana — rivissuta con singolare unicità di accenti — e le esperienze dei moderni. E non a caso protagonista di una stagione di ripensamento e di «no» all'irrazionalismo, quale sarà la stagione della Ronda. I L romanzo a puntate aveva sempre caratterizzato la Nuova Antologia, nella sua storia. Verga aveva pubblicato il Mastro don Gesualdo nel 1888 e Fogazzaro il Piccolo moderno nel 1900; D'Annunzio vi presenterà come novelle le Dramatis personae nel 1891 e Pirandello // fu Mattia Pascal nel 1904. Arrivato nel giugno 31 alla guida letteraria della rivista (difendendola sempre, ' come potè, dall'influenza del fascismo) Baldini rinverdiva quell'albero, lo allargava ad altre voci. Nel '34 batté sul tempo Ojetti per le Sorelle Materassi di Palazzeschi, certamente uno degli scrittori più lontani dal fascismo (sono altre scoperte del carteggio). «Va bene anche per le lirozze che sono quelle che pensavo — si legge in una lettera del 17 settembre 1933 — e più vicino andremo al 6 e più sarà la gioia maggiore che vicino al 5». Il grande successo del romanzo spinse l'editore a un gesto di munificenza. «Assegno superiore a tutte le promesse e a tutte le aspettative»: scriverà Palazzeschi il 15 ottobre 1934. ACCENTI meno caldi nell'epistolario con Baldini li avrà Marino Morétti, un altro scrittore ria-, turalìter estràneo al paesaggio dell'Italia littoria, ed anzi con trasalimenti di sorprendente modernità. Nel 1941 siamo alla Vedova Fioravanti (l'Anna degli elefanti ha avuto un notevole successo nel 1936). L'8 agosto 1941 Moretti insiste per avere «almeno un migliaietto di più dell'altra volta», che erano state 5000 lire. Il supplemento non sarà integrale. E lo scrittore, chiuso nel suo isolamento un po' pascoliano e dispettoso, imprecherà contro «i duri cuori degli amministrativi» ma renderà omaggio alla «buona amicizia» dell'intercessore. Suo conterraneo, oltre tutto, il romagnolo Baldini. BALDINI non seguì la Nuova Antologia nella breve esperienza fiorentina di Giovanni Gentile, che cerca invano di mettersi in contatto con lui, si darà alla macchia alla fine del 1943, solidarizzando con la Resistenza. E sarà, dopo la ripresa del '45, il collaboratore più diretto e autorevole eli Mario Ferrara, il direttore che riporterà il glorioso periodico alle sue origini liberali, con discrezione, con umanità, con grande senso di tolleranza. Ma dai suoi carteggi privati si scorgono le malinconie che égli provò per le accuse di ordine politico che in qualche caso non gli furono risparmiate. «Non è certo con i tipi come me che si avvalorano e si consolidano le tirannie»: leggiamo in un appunto finora inedito. Baldini ricorderà fra l'altro la collaborazione di Massimo Mila, «prima e dopo il settennale carcere sofferto per la sua attività antifascista». «L'accusa di crocianesimo mi fu mossa più volte da autorevoli personaggi che non sapevano farsi una ragione del veder, ritardata all'infinito la pubblicazione dei loro articoli». Che è un'istantanea di certa vita italiana. I L primo numero del Mondo — quello leggendario e indimenticabile del 19 febbraio 1949 — portava la firma di Antonio Baldini. Era la prima puntata delle lettere fra Albertini e D'Annunzio: Libri donne cavalli all'ombra di. un amico. Con quella straordinaria immagine che Io accompagnava, D'Annunzio adagiato in lettura su un divano nel suo «fastoso studio — sono le parole della didascalia — della Capponcina 1911». E la testimonianza di quelle retribuzioni maestose di via Solferino che tanto si contrapponevano all'Italia borghese e. dimessa della Nuova Antologia. C'era un punto comune fra Baldini e il suo giovane direttore: il rifiuto del dannunzianesimo come cattivo gusto. «Di tanto fracasso — scriverà una volta Baldini — resterà appena un bisbiglio». E si rialzerà la voce di tutti coloro che in vita hanno parlato a to no basso, e senza enfasi. Co me, appunto, Antonio Baldi ni. Italia sottovoce. Si chiamerà non a caso uno dei suoi libri più belli, e uno dei suoi titoli più indovinati. Giovanni Spadolini

Luoghi citati: Firenze, Italia, Milano, Sor Pietro