Una rivoluzione tutta d'acciaio

Una rivoluzione tutta d'acciaio La «grande crisi» ha cambiato la siderurgia, ma altri traumi sono in vista Una rivoluzione tutta d'acciaio La lezione internazionale: nuovi prodotti, impianti automatizzati, risparmi di energia - Destinata al Terzo Mondo la produzione di ghisa Nuovi centri specializzati al posto di megaimpianti DAL NOSTRO INVIATO GENOVA — Sorpresa: l'eclissi dell'acciaio, soppiantato da altri materiali, non c'è stata; non solo la produzione non è crollata, ma a livello mondiale tende a crescere. Che cosa è accaduto dopo la grande crisi che ha spazzato via migliaia di posti di lavoro dall'Europa, dagli Usa, dal Giappone? «Si è scoperto che il miglior materiale per sostituire l'acciaio è ...l'acciaio. Ma a parte questo, a parte le cifre della produzione, nella siderurgia mondiale è cambiato quasi tutto» dice Mauro Bocci, ingegnere dell'Italimpianti, la società dell'Ili specializzata nella progettazione delle «fabbriche» siderurgiche. Nell'87 la produzione mondiale ha toccato infatti i 737,7 milioni di tonnellate, contro i circa 700 milioni del '73, con un ulteriore aumento, almeno in Europa, del 10 per cento nell'88. "Ma all'interno di queste cifre — afferma Bocci — c'è stata, e c'è ancora, un'autentica rivoluzione tecnologica che ha cambiato i prodotti, gli impianti, le industrie'. Prodotti sempre più sofisticati, specializzati, progettati sulla misura delle esigenze degli utilizzatori finali, con l'industria dell'auto in prima linea, che ha imposto la propria legge alla siderurgia. I giapponesi sono stati i più pronti' a cogliere il mutamento: non a caso il boom della loro industria automobilistica ha viaggiato in parallelo con il risanamento della loro siderurgia; i cinque maggiori produttori nipponici nell'88 sono tornati all'utile dopo che ancora nell'87 avevano subito perdite per 2,1 miliardi di dollari. Un'autentica rivoluzione sta investendo anche gli impianti di produzione. 'Siamo davanti a una svolta tecnologica che richiede un enorme sforzo in campo impiantistico» dice Guglielmo Marcenaro, un altro ingegnere dell'Italimpianti. -La difficoltà principale è quella di inserire in un ambiente fortemente tradizionalista, orgoglioso della propria capacità tecnica basata sull'esperienza e il fiuto personali, concetti innovativi come l'automazione, tanto più poi quando ciò avviene su impianti già esistenti e comporta gravi sacrifìci sociali». U cambiamento investe tutta la siderurgia mondiale, ma è nei Paesi industrializzati che l'impatto è più violento. La specializzazione della produzione ha messo alle corde i grandi impianti (spesso pubblici) per la produzione di massa nati prima della crisi: laminatoi da 2-2,5 milioni di tonnellate l'anno, acciaierie da 6 milioni di tonnellate, grandi investimenti, su grandi aree, alto tasso di manodopera, lunghissimi tempi per la costruzione, per la messa in funzione, qualità del prodotto difficile da controllare, difficoltà a riconvertirsi, inquinamento. Come dei dinosauri condannati all'estinzione dal mutamento dell'ambiente tecnologico. Ma oggi la specializzazione dei prodotti ha provocato la verticalizzazione degli impianti e la tendenza a ridurne le dimensioni al minimo possi-, bile. Se dièci anni fa per produrre un milione di tonnellate bisognava investire 1000 miliardi oggi ne bastano 200-300. Ciò ha reso possibile, come effetto ultimo, l'ingresso sulla scena di attori nuovi, dai Marcegaglia agli Arvedi, ai Bresciani, che hanno rapidamente abbandonato il tradizionale tondino. Ma la rivoluzione è tutt'altro che alla fine: oggi la ghisa, il materiale di base che esce dagli altiforni dei grandi impianti siderurgici a ciclo integrale, come Taranto, ha un prezzo molto basso, appena 100-180 lire il chilogrammo, e consente quindi un bassissimo margine di profitto, almeno nei Paesi industriali. E' abbastanza logico pensare che in futuro la produzione di ghisa sia lasciata ai Paesi stessi da cui oggi l'Europa e l'Italia importano il minerale, e in genere ai Paesi del Terzo mondo con minori costi di manodopera; la siderurgia dei Paesi industriali prevedibilmente si convertirà interamente ai prodotti specializzati, ad alto valore aggiunto, sfornati da impianti molto sofisticati, molto automatizzati e quindi con un basso coefficiente di manodopera. I traumi, a quanto pare, non sono ancora finiti. Vittorio Ravizza Le due sequenze mostrano l'accorciamento del ciclo: sono scomparse tutte le fasi comprese tra la colata (che diventa continua a fine Anni 70) e il laminatoio

Persone citate: Arvedi, Bocci, Guglielmo Marcenaro, Mauro Bocci, Vittorio Ravizza

Luoghi citati: Europa, Genova, Giappone, Italia, Taranto, Usa