Ritorno a Ellis Island Passando per Firenze
Ritorno a Ellis Island Passando per Firenze Ritorno a Ellis Island Passando per Firenze % Emigranti italiani sul traghetto Ellis Island-Manhattan, 1905 (Foto Lewis Hine) gliare le macchine di qualche fabbrica, di intere famiglie, dal più piccolo al più grande, sedute al tavolo di cucina a confezionare fiori di carta, di gruppi di uomini incastrati a dormire tra pentole e valigie in un'unica stanza. Ma ci sono anche le scolaresche adulte intente ad imparare l'inglese, le prime banche italiane, il barista soddisfatto accanto alla lucida macchina dell'espresso; il sogno si avvera, qualcuno fa fortuna, dalle Little Italy rumorose e spesso maleodoranti viene fuori qualche «eroe» del Nuovo Mondo: Fiorello La Guardia, che diventerà sindaco di New York, Rodolfo Valentino che farà fremere d'amore milioni di donne, Joe Di Maggio che farà impazzire gli stadi. Le generazioni si susseguono, gli italiani in America diventano italo-americani e poi definitivamente americani. Quanto americani? Dice Lee Iacocca nell'epilogo del catalogo: «Non so quando cessarono di essere italiani e cominciarono ad essere americani. Forse fu nell'attimo in cui posero piede su Ellis Island. O forse rion fu mai.'Forse il miracolo dell'America è il fatto che non hanno mal dovuto smettere di essere l'uno per diventare l'altro». Donatella Valente Museo della Storia della Fotografia Fratelli Alinari, Palazzo Rucellai, Firenze, tel. 055/213370. Aperto tutti 1 giorni, compresi festivi, 1019,30; sabato 10-23. Ingresso L. 4000. Catalogo L. 45.000. minatore undicenne ignoto ai più: gente comune e personaggi popolari, davanti o dietro l'obiettivo, tutti insieme tracciano un identikit dell'italiano d'America. Potenzialmente erano già italiani d'America l'acquaiolo siciliano o la vecchia donna, curva sotto la fascina di legna (entrambi fotografati da Alinari nei loro paesi), povera gente In lotta perenne per la sopravvivenza, priva di un'alternativa che fosse meno radicale e traumatica del salto oltreoceano. Quindi la decisione, dettata non tanto dal coraggio quanto dal semplice buon senso: si parte, per andare a star meglio. Ed ecco gli occhi smarriti del giovane orafo seduto sulla sua unica valigia in attesa dell'imbarco o la posa rigida della famiglia sul molo di Genova, padre, madre e due figli piccoli, tutti che guardano Nunes Vais che li fotografa davanti al bastimento, consapevoli di avere almeno una fortuna nella miseria che li caccia via dal Paese: partono, sì, ma tutti insieme. E arrivano, come tutti, a Ellis Island, pronti ad adattarsi alla nuova patria, in ogni città nasce una Little Italy. Cibo, canti, tradizioni, tutto viene trapiantato nella nuova terra, che di straniero ha solo la lingua, mentre lo sfruttamento e i padroni sono gli stessi. Jacob Riis e Lewis Hine, tra la fine del secolo scorso e i primi del '900 firmalo le immagini di ragazzini minorenni sporchi di miniera o di lucido da scarpe, di bambine assorte a cucire o a sorve¬ «Mi ' AMMA mia dammi cento lire che " In America voglio andar...!». Dovrebbe essere questo il commento musicale di «The Italian Americans», l'ampia mostra fotografica dedicata all'emigrazione italiana in America ed esposta fino al 5 febbraio al Museo Alinari di Firenze (catalogo Alinari/Rizzoli). Invece, a fare da colonna sonora sono altri motivi, vecchi canti popolari, romanze d'opera, melodie: un accompagnamento comunque inconfondibilmente italiano per queste duecento fotografie in bianco e nero, datate fra il 1880 e i nostri giorni e puntigliosamente cercate da Allon Schoener, curatore della mostra, negli archivi di mezzo mondo (compresi quelli Alinari) oltre che negli album di ricordi di famiglie italo-americane. La miseria in patria, il viaggio, l'adattamento, le nuove generazioni: grosso modo sono questi i capitoli in cui si può dividere l'epopea dell'emigrazione italiana nel Nuovo Mondo. Così ce la racconta la mostra, e così ce la racconta il bel catalogo che alla documentazione visiva unisce"un'intéressante e a volte tocce „e antologia di testimonianze scritte. Fotografie celebri (firma te Alinari, Primoli, Hine, Riis, Nune Vais, per esempio) e meno celebri; scritti di Autori veri e propri (De Amicis, Barzini) ma anche di poveri e sconosciuti emigranti; il mitico Rodolfo Valentino e Secondino Libro, N-O-T-A
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