Le vecchie obbligazioni del Crediop ...non è forse il caso di venderle?

Le vecchie obbligazioni del Crediop ...non è forse il caso di venderle? E' importante seguire i propri investimenti, non solo far bene i conti prima di investire Le vecchie obbligazioni del Crediop ...non è forse il caso di venderle? Essere guardinghi nei confronti di ogni proposta di investimento e far bene i propri conti prima di impiegare i propri risparmi è importante. Ma quasi altrettanto importante è seguire i propri investimenti e non solo quelli azionari ma anche quelli obbligazionari. Non che un normale risparmiatore debba tener d'occhio tutti i giorni il listino del reddito fisso. Qualche riflessione però sull'opportunità di conservare obbligazioni acquistate in contesti economici e finanziari totalmente diversi da quello attuale e spesso il caso di farla. Chi avesse comprato un'automobile diesel non rifletterebbe forse sull'opportunità di venderla di fronte a nuovi modelli a benzina a bassi costi chilometrici e senza supcrbollo? Questo può essere il momento per riprendere in esame obbligazioni acquistate in genere più di dicci anni fu (o ereditate) e conservate fino ad ora. Intendiamo riferirci in particolare alle cosiddette Opere Pubbliche. In effetti il Consorzio di Credito per le Opere Pubbliche (Crediop) ha continuato e continua ad emettere titoli, con caratteristiche anche innovative, poco diffuse però fra il largo pubblico. Quelle di cui vogliamo parlare sono le vecchie emissioni, un tempo in auge fra i risparmiatori e tuttora in circolazione anche se spesso passate nel dimenticatoio, caratterizzale da: — tasso fisso (dal 5% al 10%); — durata ventennale o trentennale; — rimborso tramile estrazione. Si tratta di titoli emessi fino al 1977 quali le serie ordinarie trentennali al 5, 6 o 7 per cento, i prestiti per il Piano Verde, per gli interventi Statali, le serie speciali dell'Anas o delle Autostrade. Attualmente nessuno in Italia sottoscriverebbe a cuor leggero un titolo non indicizzato con una durata cosi lunga. Prima della crisi petrolifera scoppiata nel 1973 un simile investimento non sembrava troppo rischioso e molti risparmiatori acquistavano regolarmente queste obbligazioni o titoli finanziariamente simili (quali le cartelle fondiarie del San Paolo) pagan¬ dole 100 lire o poco meno. Dopo averle comprate se le sono viste scendere paurosamente fino a 40 lire agli inizi degli Anni Ottanta e poi risalire ai livelli attuali e anche un po' sopra. Parte dei certificati in circolazione sono stati estratti e rimborsati alla pari, in particolare alcuni all'inizio di questo mese. Ma solo pochi fortunali si sono visti estrarre tutte le obbligazioni che avevano. I più ne hanno ancora. A chi possiede ancora delle Opere Pubbliche, soprattutto di quelle trentennali ancora lontane dalla scadenza, conviene domandarsi se ai prezzi attuali non sia il caso di disfarsene. Al riguardo si tenga comunque presente che la partita minima trattata in Borsa ammonta a S milioni di valore nominalc.c quindi per vendere eventuali importi rotti vi saranno alcune difficoltà. Primo difetto di queste obbligazioni e il tipo di ammortamento, appunto per estrazione. Non sapere se quelle che si posseggono verranno rimborsate fra sci mesi o fra 14 anni sarebbe comunque una cosa antipatica, anche per titoli con cedole più alle. Altro elemento negativo è la loro redditività, non esaltante. E' vero che per valutare il loro rendimento bisogna tener conto anche della differenza fra quanto si otterrà al momento del rimborso (100 lire) e il loro valore attuale (circa 80 lire per le Crediop al 6% o al 7%). Ma anche tenendo conto di ciò, e senza addentrarci nei diversi criteri di valutazionzc applicabili a simili titoli, il loro rendimento a scadenza si può stimare attualmente fra il 10,80% e l'I 1,50%, a seconda delle emissioni. Non è molto. Ma soprattutto e spesso meno di quanto si può ottenere con dei Btp o con altre obbligazioni a tasso fisso con rimborso a una data certa, senza cioè gli inconvenienti delrammortamcnlo tramite estrazioni. Ultimo dato negativo è la loro durala. E' vero che è incerta, ma mediamente è di alcuni anni e nel caso peggiore può arrivare fino al 2007. Per chi teme una ripresa dell'inflazione è comunque imprudente tenere anche solo una parte dei propri risparmi investita in titoli simili (diverso ovviamente il caso di chi si aspetta una forte discesa dei tassi nei prossimi anni). Gli aspetti negativi come si vede non mancano. Specialmente per un normale risparmiatore. C'è però un'ultima questione su cui merita far luce ed è la questione del vendere in perdita. Molti infatti esitano a vendere un titolo che hanno pagato nettamente di più del suo attuale valoredi mercato. Psicologicamente questo comportamento si capisce. Finanziariamente esso è privo di motivazioni. Beppe Scienza

Persone citate: Beppe Scienza

Luoghi citati: Italia, San Paolo