Haber: «Sono come De Niro» di Donata Gianeri

Haber: «Sono come De Niro» INTERVISTA / Parla il «Mussolini» del contestato lavoro di Missiroli Haber: «Sono come De Niro» «Sono uno degli attori più interessanti d'Europa: ma mentre lo dico, dentro di me, arrossisco» «Perché, caro Gulló, se ti piaceva tanto lo spettacolo, come affermavi a Spoleto, non ci hai invitato a venire a Roma? E tu Gregoretti, che all'inizio ti sei mostrato caldamente Interessato e ci hai dato una mano, com'è che alla fine ci hai voltato le spalle chiedendo platealmente scusa a quei critici che ci avevano offeso? E Tu, Ardenzi...». La requisitoria potrebbe andare avanti all'infinito: Alessandro Haber, il testone rapato a zero per esigenze di scena, il sopracciglio corrusco, la dolce vita nera, forse causale o forse no, una voce roca molto diversa da quella cadenzata e metallica che presta a Mussolini, la recita tutta d'un fiato, camminando nervosamente avanti e indietro, a braccia conserte, in preda a quel sacro furore che lo divora da quest'estate, quando, a Spoleto, i critici decretarono la condanna a morte di Tragedia Popolare. Ve l'aspettavate? O siete stati colti di sorpresa come Mussolini alla votazione del Gran Consiglio? «No, non ce l'aspettavamo affatto. Siamo tutti attori di una certa esperienza eppure ci sentivamo protagonisti di un evento molto importante, in cui credevamo fermamente. E in cui crediamo ancor più oggi: diciamo anzi che le critiche negative ci hanno dato nuova carica». E non importa che ora, a Torino, l'accoglienza non sia stata migliore? «Anzitutto, vede, le opinioni sono molto divise: chi grida al capolavoro, chi allo schifo. Non ci sono vie di mezzo e ciascuno capisce quel che vuol capire, vede quel che vuol vedere. Ammetto che si tratti di uno spettacolo di difficile lettura; ma il messaggio deve arrivare, per forza. Perché è un testo vibrante di verità poetica, la visione di un uomo che ha vissuto il fascismo da ragazzo e che, oggi, è un grande regista. Tenga presente che io non mi batto per me, ma per lo spettacolo. Per quanto mi riguarda, infatti, non ho avuto che critiche positive». Vero. In realtà, siete tutti bravissimi. Allora, come spiega questo gioco al massacro? «Forse perché Missiroli è un regista scomodo. O forse perché il testo è scomodo, doloroso, duro. O àncora perché lo Stabile di Torino ha meno potere di prima, anche se magari l'anno prossimo ne avrà di più. E poi perché, diciamolo, la maggior parte dei critici è legata a stilemi un po' stantii e non è aperta al linguaggio nuovo, contemporaneo. Comunque, non si può liquidare in dieci righe l'opera di un uomo che ha trent'anni di mestiere alle spalle. Che il testo sia straordinario lo dico io che, da attore, non posso dimenticare l'emozione che mi ha dato sin dalla prima lettura. Ma lo dicono anche altri. Per esempio, lo storico De Felice, durante un'intervista, a una domanda sul fascismo ha risposto: "Guardi, lo ha capito molto bene uno che non si occupa di storia, ma è un artista: Mario Missiroli che ha saputo descrivere magistralmente l'atmosfera di quel periodo". Inoltre, bisogna riconoscere a Mario il coraggio di aver fatto quello che tutti i grandi registi, da Ronconi a Strehler, dovrebbero fare: scrivere per 11 teatro». Non mi sembra poi cosi indispensabile, che i registi si mettano a scrivere... «Non sarà indispensabile, ma è importante: e poi, quando uno ha il coraggio di e sporsi in prima persona come Missiroli, se vogliamo criticare facciamolo pure, ma in maniera costruttiva; sennò, rischiamo di affossare tutta la potenziale drammaturgia italiana. E a volte si ha proprio il dubbio che si voglia impedire la nascita di cose nuove, interessanti. Uno spettacolo che offra soltanto mezz'ora di godimento è uno spettacolo valido». E dopo tutta questa tragedia, popolare, che ne sarà di lei, Haber? «Ho appena finito di registrare tredici telefilm, per Italia 1, con Ottavia Piccolo, insieme a me protagonista fissa. Regia di Andrea Barzini. Titolo: I genitori con la valigia. In febbraio uscirà il mio ultimo film, diretto da Nanny Loy, accanto alla Sastri. E appena finita la tournée, inizierò a girare con Pupi Avati, in bianco e nero, la storia dell'incontro e fidanzamento dei suoi genitori». Senza un attimo di respiro: che tipo di attore pensa di essere Haber? «Uno degli attori più Interessanti d'Europa: e nello stesso momento in cui lo dico, dentro di me arrossisco. Ma serve a stimolarmi ogni volta che devo affrontare un personaggio nuovo, e mi sento morire. D'altronde, la verità che io riesco a far filtrare attraverso un testo ha la stessa forza della verità di Dustin Hoffman o di Robert De Niro. E allora: come ti permetti, Vanzlna, di dire che gli attori americani sono più bravi di noi perché si concentrano di più? E tu, Nocita, perché hai avuto la faccia tosta di prendere un cast straniero per l'allestimento di un romanzo così nostrano come / Promessi Sposi? E tu...». Donata Gianeri Alessandro Haber il Mussolini della contestata «Tragedia popolare» di Missiroli

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