Per le donne un 1988-disastro

Per le donne un 1988-disastro L'emancipazione femminile fa il consuntivo dell'anno appena terminato Per le donne un 1988-disastro Tante promesse non sono state mantenute: la legge contro la violenza sessuale è rimasta ferma in Parlamento, i tagli ai servizi sociali limitano di fatto le possibilità di lavoro femminile • E anche in politica le posizioni restano comunque marginali ROMA—All'inizio del 1988 óltre centomila donne sono sfilate a Roma per chiedere lavoro e una vita migliore. Questi desideri hanno trovato ascolto nell'anno che è appena finito? Non molto: il 1988 si chiude per le donne con molte promesse non mantenute, con qualche passo avanti, ma anche con alcuni segnali negativi Nemmeno il 1988 è stato l'anno della nuova legge contro la violenza sessuale. E non c'è dubbio che iscrivere il reato di violenza sessuale tra quelli contro la persona, anziché contro la morale, è un passo avanti per le donne, tra le principali vittime. Ma nonostante le molte promesse, dichiarazioni ottimistiche, escalation degli stupri e discutibili sentenze, l'approvazione definitiva del nuovo testo è stata rinviata all'89. Salvo sorprese, visto che dopo un iter di dieci, lunghi, tormentati anni si preanunciano in aula nuove battaglie sulla procedibilità d'ufficio per tutti i casi di violenza sessuale, anche tra coniugi e conviventi, e sui rapporti sessuali tra minorenni, ritenuti leciti dopo i tredici anni, come prevede il disegno di legge approvato il 20 dicembre dalla commissione Giustizia della Camera. Le indagini hanno registrato i piccoli passi in avanti delle donne sul mercato del lavoro e si scopre, non senza una certa sorpresa, che sono anche le più preparate agli impieghi del futuro (ma chissà quali giustificazioni si troveranno per spiegare il divario tra assunzioni femminili e maschili?). Più donne occupate nel 1988, ma anche più disoccupate, dal momento che gli iscritti alle liste di collocamen¬ to sono in maggioranza manodopera femminile. Sono le due facce della stessa medaglia, un segno positivo e uno negativo dell'occupazione femminile: si consolidala coscienza del diritto al lavoro tra le giovani che però non trova adeguata risposta, nemmeno coni contratti di formazione lavoro, dove la percentuale femminile è molto al disotto di quella maschile. Si è affermata una maggior coscienza della propria professionalità, come rivelano le molte denunce che arrivano da molte fabbriche sulle categorìe-ghetto riservate alle donne, sulle ancora scarse prospettive di carriera. Se nel 1988 il debutto di una donna alla corte di Cassazione, a settembre con Gabriella Luccioli, viene ancora salutato come un -evento storico», o piccole percentuali di donne-manager fanno scrivere a caratteri cubitali dell'ninuastone» femminile nelle stanze dei bottoni, c'è di che riflettere perché è sui grandi numeri che si misurano i reali cambiamenti. Non si può quindi ancora scrìvere che le donne abbiano raggiunto le stesse, pari opportunità degli uomini. E' vero che potranno continuare a lavorare fino a sessant'anhi né più né meno che gli uomini, dal momento che ad aprile la Corte Costituzionale ha cancellato la disposizione discriminante secondo cui le lavoratrici potevano essere licenziate al 55° anno di età se non avessero informato tre mesi prima il datore dell'intenzione di restare in azienda. Ma molti segnali vanno contro la cultura delle pari opportunità. Le scelte attuate per la Finanziaria '89 non sono incoraggianti per la donna lavoratrice: i tagli ai servi- zi sociali rischiano di far diventare salatissimi gli asili nido (fino a 700 mila lire) e le strutture di assistenza agli anziani, problemi che gravano entrambi in maggior misura sulle spalle femminili. Chi si preccupa di cali demografici mediti anche su questo. Il 1988 non ha visto nemmeno la nascita di. due leggi molto attese sul piano delle 'pari opportunità»: quella sull'estensione dei diritti di congedo del padre lavoratore, che mette sullo stesso piano il valore della maternità e paternità nella cura, allevamento ed educazione dei figli; e quella sulle -azioni positive», per favorire l'occupazione fernminile e colmare quindi gli attuali divari tra donne e uomini. Nell'88 si è discusso nuovamente di aborto, e si sono scoperti alcuni «laici» pentiti (in genere uomini), convinti della necessità di limitare l'autodeterminazione delle donne in-tema di maternità, dimenticando quanto ancora resta da fare sul piano dell'educazione sessuale in Italia, e soprattutto, le «carenze» dello Stato sul piano del riconoscimento del valore sociale della maternità. E a proposito di maternità, nell'88 si è parlato molto anche dei figli della provetta, delle nuove frontiere della scienza che permettono la costituzione di -nuove famiglie», nuovi tipi di relazione, come il figlio di una coppia lesbica, nato da fecondazione artificiale, e che ha fatto discutere. E le donne hanno cominciato a interrogarsi sulle nuove tecniche di riproduzione: espropriate anche della maternità? n 1988 si chiude scoprendo che il 35 per cento delle famiglie sono mantenute dalle donne e che, secondo l'ultima indagine Istat, il 90 per cento delie entrate delle famiglie è amministrato dalle donne. Più «potere rosata casa dunque. E fuori? Le donne della politica hanno invece scoperto di avere ancora poco peso all'interno dei loro stessi partiti e l'88 sarà ricordato come la loro «resa dei conti». Hanno cominciato le comuniste, col rivendicare quote precise alle donne in tutte le strutture del partito con l'obiettivo di arrivare presto a una presenza del 50 per cento. Un esempio contagioso. Sulla loro scia si sono mosse anche le socialiste e le democristiane. Avremo-senz'altro dimenticato qualcosa, ma a questo punto ognuno, dal proprio punto di vista, potrà giudicare se l'88 è stato buono, o no, con le donne. Sto fa nella Campana L l i dll d ti La lunga marcia delle donne continua

Persone citate: Gabriella Luccioli

Luoghi citati: Italia, Roma