Italiani di pelle nera e col cuore in Africa di Lorenzo Del Boca

Italiani di pelle nera e col cuore in Africa Capodanno (con nostalgia) a Tortona, tra i coloni reduci dall'Etiopia Italiani di pelle nera e col cuore in Africa DAL NOSTRO INVIATO TORTONA — Il loro è uno strano Capodanno. Sono italiani e ci tengono a festeggiare con lasagne, panettone e spumante. Ma sono anche neri di pelle e hanno l'Africa nel cuore: mangiano con gusto lo zighinì con il peperoncino che brucia la lingua, lo accompagnano con una birra che viene dall'orzo e vedono volentieri le loro donne nei veli dello zurià. A Tortona ce ne sono almeno 180. Si chiamano Bruno Fortini, Fausto Giannantoni, Gabriele Rossi, Mario Ninetti,: Franco D'Agostino: parlano il piemontese ma capiscono l'amarico. Abitano nel quartiere che con straordinaria pertinenza è stato battezzato Oasi e — chiudendo con cellophane gli spazi fra le colonne del palazzo di via Matteotti 13 — hanno protetto dal freddo qualche centinaio di metri per festeggiare l'arrivo del 1989. Cartelli di benvenuto in tutte le lingue, musi¬ che rap che piacciono ai giovani e i ritmi delle tribù etiopi da ballare in cerchio. Strana Italia: eppure Italia. E' nata ai tempi in cui l'esercito è sbarcato in Etiopia alla ricerca del -posto al sole-. Prima la guerra e le battaglie, poi il lavoro in quello spicchio d'Africa trasformato in colonia, infine una moglie fra le ragazze di là e una famiglia qualche volta ufficiale, più spesso fatta di anni d'amore, convivenza e bambini. Bambini che, venendo da due razze diverse, sono arrivati al mondo rispettando tutte le gradazioni di colore fra il bianco e il nero. Per una quantità che ha combinato pasticci sentimentali, pochi hanno dato nome e cittadinanza'al figli e, dunque, pochi — all'inizio degli Anni Settanta—sono tornati a casa. n regime militare aveva sostituito il governo di Halle Selassiè: sembrava — sembrava soltanto — che il clima politico non fosse abbastanza tranquillo e che le condizioni economiche si facessero difficili. Rientrare in Italia? Qualcuno, laggiù, stava molto bene, se non era diventato proprio ricco: proprietario di cave, imprese edili, allevamenti di cavalli. Si sono imbarcati con una valigia per mano. «A noi — raccontano — hanno chiesto di scegliere fra t centri-raccolta di Alessandria, Brescia, Massa Carrara, Frosinone. Avevamo la sicurezza della casa e del lavoro, appena possibile. Hanno rispettato gli impegni'. L'Ente per l'assistenza profughi ha investito nella costruzione di palazzi (che adesso sono amministrati dalle Regioni), e dopo un 'parcheggio' di qualche mese sono stati agevolati nel recuperare il mestiere che avevano in Africa: per lo più artigiani, elettricisti, tornitori, meccanici. Di quegli antichi coloni gentiluomini chi c'è ancora ha già passato gli 80 anni. Il futuro è per figli e nipoti che sono nati ad Addis Abeba, Asinara o Massaua ma che, laggiù, hanno frequentato le scuole italiane. -Lìngua, educazione, cibo: tutto italiano. Giocavamo anche la schedina Totocalcio che, allora, si chiamava Sìsal-. Dunque: 'Noi non siamo ospiti, siamo a casa nostra. Molti non sanno, vedono le nostre facce e non riescono a capire che siamo italiani come loro: stessa cittadinanza, stesso passaporto, stessa quantità di tasse da pagare al governo'. Certo, a volte la nostalgia dell'Africa si fa sentire: manca il sole, manca l'aria calda e mancano i piatti di carne tritata con Vinghirà: non è facile trovare nei negozi la farina per cuocere quella specie di pizza molle. «Ci troviamo a Milano ai ristoranti Asmara e Massaua-, ognuno con le sue storie umanissime ma ingarbugliate, generose sul piano personale ma difficilmente comprensìbili per la burocrazia. Quella di Bruno Fortini, per esempio: 'Mia madre è rimasta con mio papà per 37 anni. Trentasette anni di matrimonio a tutti gli effetti ma si è sposata ufficialmente soltanto 3 anni fa. Quando è entrata in Italia ha avuto una tessera per l'assistenza sanitaria che poi le hanno ritirato perché non era una moglie e non aveva diritto. Adesso moglie è diventata ma la tessera non è ancora arrivata. Nel frattempo mi sono sposato io con una ragazza di laggiù. Era la mia fidanzata quando stavamo in Etiopia. Sono partito per l'Italia che lei aspettava un bambino. Io ho continuato a scriverle e appena ho potuto sono tornata in Africa per portarla con me. Aveva quattro anni, il mio piccolo, quando l'ho visto per la prima volta'. Lorenzo Del Boca Tortona. Italiani di colore aspettano l'arrivo del nuovo anno

Persone citate: Bruno Fortini, Fausto Giannantoni, Franco D'agostino, Gabriele Rossi, Halle Selassiè, Mario Ninetti