Poveri più poveri di Alfredo Recanatesi

Poveri più poveri Effetti perversi del debito, pubblico Poveri più poveri Cresce il divano tra chi ha redditi da capitale e chi non li ha Hanno fatto scalpore i dati Istat sulla crescita spropositata che negli ultimi anni ha avuto la spesa dello Stato per interessi. Lo scalpore è nato attorno all'enormità dell'incremento in sé (il 259% fra l'80 e l'86), ma avrebbe ben maggiore motivo di suscitarlo il consuntivo politico che quel dato esprime al paragone con gli altri. Emerge, infatti, che la spesa per interessi è cresciuta assai più di quella per le prestazioni sociali e per i consumi collettivi. Questa asimmetria è destinata ad accentuarsi perché ogni riduzione della spesa statale può essere ricercata nei trasferimenti e nei consumi sociali (sanitù, previdenza e quant'altro si ripete tutti i giorni), ma non sugli interessi che, in quanto determinati dall'ampiezza del debito già accumulato e dai tassi di mercato, di fatto non sono manovrabili. In definitiva, si può dire che lo Stato, indebitandosi al punto da dover pagare per soli interessi una somma che quest'anno si aggirerà sui centomila miliardi, ha svolto una politica di redistribuzione del reddito che, muovendo da assunti socialmente ambiziosi, sta approdando a risultati di stampo sudamericano. Vediamo meglio, per quanto i dati disponibili lo consentono, quali effetti la rendita finanziaria sta producendo nella distribuzione del reddito. La cittadinanza italiana è raggruppata in circa venti milioni di nuclei familiari il cui reddito medio, come rilevato dalla Banca d'Italia, dovrebbe aver raggiunto nell'88 i 30 milioni di lire. I dati sono necessariamente approssimativi perché della condizione e dei comportamenti economici delle famiglie si parla molto, ma si sa assai poco: solo dati d'insieme tratti dalla contabilità nazionale o da indagini campionarie che ben difficilmente, su questi temi, incontrano la collaborazione degli intervistati. Tra l'altro non si conosce, neppure in larghissima approssimazione, quante sono le famiglie che possiedono investimenti finanziari. Si sa, naturalmente, che la famiglia italiana è una robusta e convinta risparmiatrice; si sa che detiene attività finanziarie per circa 13001350 mila miliardi delle quali 800 mila miliardi o giù di li sono costituiti da investimenti discrezionali. Non sappiamo, però, quante sono quelle che si dividono questa ricchezza finanziaria. Sicura- mente negli ultimi anni sono considerevolmente aumentate; tuttavia è ragionevole pensare che quelle che possiedono una ricchezza finanziaria di qualche consistenza sono ancora percentualmente poche. Una indicazione in questo senso la ricaviamo dalla circostanza che le famiglie con un reddito annuo netto superiore ai 50 milioni erano nell'86 (dati più recenti non ce ne sono) soltanto il 5,5%. Si tratta pur sempre di un milione e centomila famiglie che negli ultimi due anni saranno diventate almeno un milione e trecentomila. Per queste famiglie i redditi da capitale costituivano ben il 23% del reddito complessivo, incidenza sensibilmente puVelevata di quella, molto omogenea, rilevata per tutte le altre fasce. Il peso che i redditi da capitale hanno raggiunto per le famiglie più agiate le pone in una posizione privilegiata la quale è una diretta conseguenza dell'immensità dell'indebitamento pubblico. I redditi da capitale delle famiglie, infatti, fruttano un interesse che, proprio a motivo di quel debito, è ben superiore al tasso di crescita della ricchezza complessiva del Paese. Nell'88, ad esempio, il reddito nazionale è aumentato del 4% o quasi (e si trattaci un risultato da considerare eccezionale), mentre chi possiede titoli di Stato ha beneficiato di una rendita, al netto dell'inflazione, attorno al 6%. Insomma, nel distribuire la ricchezza disponibile, il sistema assegna ai redditi da capitale, e soprattutto a chi ha titoli di Stato, una fetta più generosa di quella riservata agli altri redditi. Teniamo presente che per ottenere un rendimento annuo pari al reddito netto medio della famiglia italiana basta un capitale di 300 milioni: appena il prezzo di un buon appartamento in una delle nostre città. Questo vuol dire che per una fascia numericamente considerevole di famiglie quel «privilegio» nella distribuzione della ricchezza è molto rilevante ai fini della loro collocazione nella graduatoria socio-economica, specie se questa situazione si protrae, come si sta protraendo, negli anni e per anni è prevedibile che duri ancora. Queste famiglie, in definitiva, hanno assicurato un reddito che crescerà sempre più rapidamente di quanto possano mediamente crescere tutti gli altri redditi. Questo fenomeno determina due effetti particolarmente rilevanti. Il primo è — sinteticamente — che chi è ricco sarà sempre più ricco. Il secondo ne e il corollario: chi non ha ancora avuto la possibilità o la volontà di costituirsi una ricchezza finanziaria avrà sempre minori possibilità di farlo in avvenire perché il suo reddito—sia esso da lavoro dipendente, da lavoro autonomo o di impresa — farà sempre più fatica a seguire la crescita dei redditi da capitale. Ecco il cuneo sociale che la politica dell'indebitamento sta produccndo. E' un detonatore la cui pericolosità si può cogliere già in alcuni indicatori come la esplosione del credito al consumo. Di norma la famiglia italiana e tutt'altro che una cicala. L'aumento del credito al consumo (siamo sul 30-35% l'anno) è, dunque, un fatto anomalo e a poco serve considerare che in altri Paesi industrializzati è molto più diffuso, dal momento che quei Paesi sono assai più equilibrati; le famiglie non hanno elevati risparmi finanziari perché le imprese e, soprattutto, Stato non hanno grandi debiti. Una possibile interpretazione è che l'ampio possesso di attività finanziarie e il reddito elevato che esse assicurano svolgano un ruolo sostanziale nello spingere verso livelli elevati i consumi di una fascia di famiglie relativamente ristretta, ma più che sufficiente per costituire un modello di facile benessere che crea disagio a chi non riesce a parteciparvi. Questo disagio accresce nelle famiglie meno agiate la spinta ad indebitarsi non per il necessario o per un incremento del proprio patrimonio, come nel caso dell'acquisto o della ristrutturazione della casa, ma per il fuoristrada, per il «turbo», per la videocamera, per la moto da Parigi-Dakar o per una vacanza ai tropici. Il che non è segno né di una economia sana, né di una società equilibrata e serena. Alfredo Recanatesi II ministro Amato

Luoghi citati: Dakar, Parigi