La Cina sceglie i tori piemontesi di Gianfranco Quaglia

La Cina sceglie i tori piemontesi Per fecondare le piccole «Yellow Cattle» locali e creare una super-razza bovina La Cina sceglie i tori piemontesi TORINO—La super-razza bovina cinese ha sangue italiano, soprattutto piemontese. E' nata nella provincia del Henan, una delle più popolose della Repubblica popolare asiatica, il granaio della Cina. In alcune fattorie del distretto di Nanyang i professori Attilio Bosticco, direttore dell'Istituto di zootecnia generale dell'Università di Torino, Gilberto Benatti e Giovanni Trimarchi di Pisa, hanno svolto un intenso programma di fecondazione artificiale. n progetto, scaturito da un accordo tra il Centro nazionale ricerche italiano e l'Accademia cinese delle scienze agrarie, potrebbe dare una svolta alla zootecnia in Cina. Dice Bosticco: «E' il primo esperimento di collaborazione scientifica nel settore degli allevamentifra l'Europa e la Cina. I cinesi hanno urgente necessità di incrementare la produzione di carne per il fabbisogno interno e l'esportazione verso Urss, Hong Kong e Thailandia. Ma i 76 milioni di mucche e bufali non sono sufficienti II problema numero uno è rappresentato dalla piccola stazza degli "yellow cattle", i bovini biondi allevati sul territorio. Da qui l'esigenza di incroci con razze migliori che assicurino una maggiore resa- la scelta è caduta sulla Piemontese, considerata in tutto il mondo una garanzia per qualità e quantità della carne, e la Chianina». Negli speciali contenitori è stato trasportato per via aerea il materiale spermatico (circa mille dosi) per consentire la fecondazione. D programma di miglioramento genetico ha dato i primi risul¬ tati: nelle fattorie della provincia di Hanan sono già nati alcuni vitelli meticci, frutto degli incroci. Dice Bosticco: «Ne ho visti una decina, denotano uno sviluppo rapido e notevole. I cinesi sono entusiasti ed è molto prevedibile che il "marchio Italia" possa svilupparsi su larga scala. Tutti gli elementi sono a favore dei nuovi ibridi, che appaiono resistenti e sani. Non sono stati registrati inconvenienti neppure ' durante il parto». La mucca italo-cinese non ha ancora un nome ma è già una realtà. La prima parte del programma si è conclusa e si è già iniziata la fase due: lo studio delle affinità fra le due razze, l'esame dei gruppi sanguigni e dei polimorfismi. Soltanto potenziando i bovini appartenenti alla «Yellow cattle», costretti a cibarsi di sottoprodotti (paglia, residui secchi di soia e un po' di mangimi), gli allevatori cinesi possono trovare nuovi sbocchi sui mercati interni e competere su quelli esteri. In Cina è praticamente assente la produzione bovina finalizzata al settore caseario. A parte alcuni allevamenti specifici nei dintorni di Shangai, dei 76 milioni di capì presenti sull'intero territorio, 56 milioni sono destinati al lavoro e alla macellazione. E secondo altre statistiche i capi da latte sarebbero soltanto 817 mila. I responsabili nazionali del settore agricoltura hanno impostato una campagna di incremento delle razze per soddisfare il fabbisogno alimentare. E' un progetto che dura tre anni e al primo posto è stato collocato il problema carne. I metìcci nati dagli esperi¬ menti con le due specie italiane (in particolare la Piemontese) saranno tutti quanti destinati ai macelli. I ricercatori italiani lavorano su due fronti: in Cina, dove compiono frequenti viaggi e ricognizioni nelle piccole me die fattorie. Ma anche a Torino, dove sta per essere impostata la fase numero due dell'«Operazione Yellow»: nei laboratori dell'Istituto zootecnico dell'Università si prepara il futuro della «bionda cinese». H professor Bosticco e la sua équipe stanno mettendo a punto una serie di embrioni per un passo più impegnativo che sarà compiuto in Cina: l'«embrio transfert». Non è escluso che nella terra del Dragone possano essere allevati nuclei di razza italiana come fonte di riproduzione. Gianfranco Quaglia

Persone citate: Attilio Bosticco, Bosticco, Gilberto Benatti, Giovanni Trimarchi