Un fantasma all'Opéra di Enrico Singer

Un fantasma all'Opéra Anche risvolti politici dietro il siluramento del direttore Barenboim Un fantasma all'Opéra II pianista israeliano era stato scelto dal governo di centro-destra - Ma il licenziato vuole dare battaglia portando il ministro Lang in tribunale DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PARIGI — La nuova Opera di Parigi, in piazza della Bastiglia, è ancora un grande cantiere, ma ha già il suo fantasma. Ed è un fantasma ingombrante. Daniel Barenboim, pianista di fama mondiale, israeliano, 46 anni, è stato silurato dall'incarico di direttore artistico del teatro che sarà inaugurato il prossimo 14 luglio, nel bicentenario della Rivoluzione. E' un'esclusione clamorosa. Non soltanto perché Barenboim è uno dei protagonisti della scena musicale intemazionale, ma perché la rottura del suo contratto a sei mesi da un debutto molto atteso ha il sapore di un regolamento di conti, di una vendetta più politica che artistica Le colpe di Barenboim sarebbero due: uno stipendio troppo alto per le casse pubbliche (un miliardo e mezzo l'anno) e un progetto di produzioni non in linea con la caratteristica popolare che il secondo teatro dell'opera di Parigi dovrebbe avere per distinguersi dallo storico e dorato Palais Garnier. Questi, almeno, sono i rimproveri che il nuovo supervisore delle istituzioni liriche parigine, Pierre Bergé, ha mosso al giovane maestro israeliano che era in carica da meno di un anno. E Pierre Bergé, che è anche presidente del gruppo Yves Saint-Laurent, ha subito applicato la sua esperienza di manager: dirigente che non funziona si cambia. Del resto, nell'estate scorsa, Pierre Bergé era stato chiamato a indossare i panni di proconsole dei teatri lirici proprio con il compito di rimodellarli secondo una logica industriale. Evitare gli sprechi, coordinare al massimo gli spettacoli: in una parola, de¬ molire il potere capriccioso dei direttori-artisti per imporre quello, avveduto, dei direttori-imprenditori. Ma questo scontro di linee è soltanto una parte della verità. La colpa principale di Barenboim è, probabilmente, un'altra: quella di essere stato scelto da Francois Léotard, l'ex ministro della Cultura del governo di centro-destra. Peggio: di avere firmato il contratto appena tre giorni prima delle elezioni-trionfo di Mitterrand. L'investitura di Daniel Barenboim, insomma, era un estremo lascito dell'ancien regime che i socialisti, tornati al timone dello Stato, non hanno digerito. Anche perché il governo di centro-destra aveva ridimensionato lo stesso progetto del secondo teatro dell'opera che. adesso, il nuovo governo vuole rilanciare. Così, Barenboim era diventato quasi un simbolo e quel contratto stipulato -quando la Francia faceva le valigie» — la definizione è di Pierre Bergé — è saltato trasformando il giovane maestro nel 'fantasma dell'Opéra-Bastille». Ma Daniel Barenboim sembra deciso a dare battaglia. Ieri, a 24 ore dal «siluramento», ha annunciato che porterà il nuovo ministro della Cultura, Jack Lang, in tribunale per contestare le accuse e per ottenere un risarcimento di danni che potrebbe costare molto caro. E qualcuno non esclude una mossa spettacolare da parte di Barenboim. Una specie di controvendetta: una partenza immediata dalla Francia con l'abbandono della direzione dell'Orchestre de Paris che il maestro guida dal 1975 e che ha portato al successo internazionale. Enrico Singer

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