Una lista inutile e vecchia di Fernando Mezzetti

Una lista inutile e vecchia Una lista inutile e vecchia DAL NOSTRO CORRISPONDENTE TOKYO — Gravi rischi potrebbero derivare all'economia italiana dall'importazione di sardine giapponesi. Per non dire di coltelli a lama fìssa. Senza parlare di «cucchiai, cucchiaini, forchette, palette da torta, coltelli speciali da pesce o da burro, pinze da zucchero e oggetti simili», come si legge nel decreto del ministero del Commercio con cui da tempo vengono annualmente ribadite col sistema del contingentamento le barriere sulle importazioni dal Giappone. E' un tema che da tempo turba i rapporti tra i due Paesi, nel quale alla difesa di industrie strategiche come quella dell'auto si unisce la difesa del nulla, che indebolisce la posizione italiana. La lista delle restrizioni risale infatti a un Giappone e un'Italia diversi, entrambi all'inizio del loro sviluppo economico in un ambiente internazionale venato di protezionismo. I due Paesi sono cambiati, l'uno con la sua avanzata economica e tecnologica, l'altro con uno sviluppo che l'ha portato tra i primi sette del mondo, in un clima di apertura mondiale dei mercati men¬ tre per noi si sta avvicinando l'integrazione europea del '93. Ma la lista rimane immutata. Del suo sciocchezzaio si è parlato anche nei giorni scorsi a Roma tra il ministro degli Esteri giapponese, Uno, e Andreotti, che si è impegnato per la sua revisione e l'abolizione delle voci più risibili. Lo stesso impegno era stato preso in passato, l'ultima volta dal ministro del Commercio estero, Ruggiero, in visita a Tokyo nel novembre scorso. Dedito da anni a elettronica sempre più sofisticata, il Giappone neanche più produce, o li produce solo per il mercato interno, molti dei prodotti contro i quali noi teniamo fermissime barriere: i giocattoli, per esempio, da tempo lasciati a Corea e Taiwan, insieme con «modelli ridotti per divertimento». Severe le limitazioni per «lo biancheria da letto in seta, canapa e lino», implacabili quelle per «seta greggia non torta, e filati di seta non preparati per la vendita al minuto, e per tessuti di seta o di borra di seta'. E poco importa che nel frattempo il Giappone non esporti quasi più seta, e che la produzione sia in Italia quasi scomparsa, mentre pare che la nostra industria della moda ne abbia sempre più bisogno. Altrettanta fermezza contro «piastrelle, blocchetti e lastre da pavimentazione e rivestimento non verniciati né smaltati, o altre di altro tipo', e contro «vasellame e oggetti di uso domestico e da toeletta, in porcellana o in altre materie ceramiche». Li vedete i samuraj del microchip in agguato per arrivare in Italia con autotreni di piastrelle? Le restrizioni di questo tipo sono 34: economicamente Irrilevanti per Tokyo, ma politicamente significative. Non a torto, essa parla di discriminazioni, amareggiata inoltre dal fatto di essere accomunata ai Paesi socialisti perché alcune di queste restrizioni si riferiscono appunto ad essi e al Giappone. Con esse, l'Italia si trova in posizione di debolezza in ogni negoziato nel momento della difesa di cose più serie, da fare in sede comunitaria. Già in passato da parte italiana è stata manifestata la volontà politica di eliminare questi ostacoli per negoziare seriamente sul resto. Fernando Mezzetti

Persone citate: Andreotti