Il ritorno dei duellanti di Marcello Sorgi

Il ritorno dei duellanti I retroscena dello scontro De Mita-Craxi dagli scambi d'accuse alla tregua Il ritorno dei duellanti Tre giorni d'incomunicabilità, poi i leader avvertono: siamo pronti alla resa dei conti - Il segretario de: non faccio il presidente a tutti i costi E sotto la cenere cova ancora discordia ROMA — H primo ad accorgersene è stato Sergio Mattarella, 11 ministro per 1 Rapporti con il Parlamento. Martedì mattina Mattarella era alla Camera a ima riunione di commissione, per concordare il calendario della ripresa dei lavori. -Di qui afìne settimana...», stava dicendo, quando il socialista Giulio Di Donato s'è alzato e lo ha interrotto: «Di qui a fine settimana il governo non ci arriva...'. Mattarella ha registrato la battuta, ha attraversato il Transatlantico dove il tamtam di Montecitorio annunciava a più riprese un incontro imminente, un chiarimento, un nuovo accordo dei Diarchi, ed è andato a Palazzo Chigi, a riferire a De Mita, n segretario-presidente lo ha ascoltato, lo ha lasciato finire, e poi: «Si lo so — gli ha risposto —, cerco Craxi da due giorni e non riesco a parlargli. Quando non si fa trovare è bruito segno. Dobbiamo prepararci a qualche sorpresa». Sommersa, temuta, quasi annunciata dal silenzio interrotto a toni alterni dal corsivi dell'Auantt.' sulla questione fiscale, la sorpresa era il ritorno allo scontro dc-psi che ha portato il governo De Mita sull'orlo della crisi e solo in extremis t'i ìia consentito di evitai la. Solitari, distratti dai messaggi della diplomazia sotterranea fra i due partiti che invitavano alla prudenza, i duellanti avevano ripreso le corazze, preparandosi alla battaglia e mettendo da parte la parentesi di tregua apparente. Misasi, il braccio destro di De Mita, martedì sera alla riunione della sinistra democristiana aveva quasi avvertito gli amici di corrente: -Il momento delle scelte sta per arrivare — aveva dets,tò — e noi dovremo tenérci pronti a dimostrare che il governo, se cade; è l'ultimo di 'questa legislatura»'^- ! Craxi, coi suoi, era stato più avaro di commenti. Ma quando ieri pomeriggio, un quarto d'ora prima del vertice, qualcuno gli ha fatto leggere le dichiarazioni di De Mita all'uscita dalla riunione del vertice democristiano, ha tagliato corto: «Così non va, se dice queste cose, se capovolge così le nostre posizioni, siamo daccapo. E se mi fanno seccare, io gli rovescio il tavolo della riunione!». Come se il tempo si fosse fermato, lo scontro ha riportato! duellanti al punto traumatico di due anni fa, quando la lunga contesa sfociò nell'Interruzione della legislatura. Per De Mita la ferita che si riapre è la mancanza di un accordo di maggioranza che sorregga l'azione del governo: 'Una volta e per tutte si deve capire se in Italia un governo decide ose a decidere è un segretario di partito», ha ripetuto ieri mattina il presidente del Consiglio ai membri dell'ufficio politico de. Questo sposta 11 discorso -dal condono o dal fiscal drag, che sono problemi contingenti e decisioni condivi¬ se fin dall'inizio dai ministri del psi, alla necessità di un chiarimento politico: se non c'è una maggioranza io non voglio cerio presiedere governi a tutti i costi». Per Craxi proprio questa impostazione è inaccettabile: lo era due anni fa, quando il leader de la proponeva in termini di 'maggioranza strategica», 'matrimonio» o 'accordo stretto» fra i partners di governo e il vicesegretario socialista Martelli la respingeva parlando di 'patti leonini e patti cretini»; lo è oggi, ancor più, con un psi che chiusa l'epoca della presidenza socialista guarda al suo avvenire di sinistra, dialoga con 1 sindacati e con il pei ed è disposto a dare al governo un appoggio limitato, giusto quello necessario per consentirgli di proseguire. 'Io vado lì, gli chiedo che senso ha un vertice come questo convocato per telegramma, come una precettazione, senza alcuna preparazione — ha annunciato Craxi alla segreteria del suo partito —, poi gli confermo che il decreto va cambiato in Parlamento, come abbiamo chiesto e com'è già avvenuta in passato per il "pacchetto Visentini" ad opera della de. E gli chiedo a che serve che cinque segretari si mettano a discutere di questioni tecniche quando la maggioranza, in Parlamento, ha i suoi strumenti e i suoi esperti per cercare una soluzione». Poi ci sono le conseguenze, presenti a tutti, che il nuovo scontro può portare se, evitata la rottura, l'accordo fra i due maggiori alleati resta intermittente: l'idea che un 'Chiarimento vero» difficilmente possa aversi senza un ricorso a elezioni anticipate, a due soli anni dall'ultimo scioglimento delle Camere. De Mita e Craxi hanno detto di non temerle. I «frenatori» — i ministri socialisti sconfessati De Michelis e Amato, mai cosi cauti come nella riunione di ieri a via del Corso, l'eterno pompiere Forlani, unica voce de dissonante davanti alla prospettiva dello show down — da un lato e dall'altro hanno consigliato prudenza. E c'è il vecchio sospetto del grande manovriere Donat-Cattin: che «la strana coppia» Craxi-De Mita dietro il clamore delle armi si scambi aiuti, e il leader socialista non si renda conto che forzando può bloccare il capovolgimento in corso nella de. Olà, non sarà che dietro lo scontro si cela «un giochino», l'ultimo patto dei duellanti? De Mita solo a sentirlo si mette a ridere: «Io non gioco più». Marcello Sorgi

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