Sui danni dell'Aids battaglia di periti di Beppe Minello

Sui danni dell'Aids battaglia di periti In pretura il caso dell'infermiera delle Molinette contagiata sul lavoro Sui danni dell'Aids battaglia di periti Per i consulenti del magistrato la donna è menomata al 30 per cento • I periti degli imputati: «Una sieropositiva ha sufficiente libertà di procreare, l'ospedale è disposto a riassumerla» - I legali dell'infermiera: «Un dramma vissuto ogni giorno» Il dramma dell'Infermiera delle Molinette contagiata dall'Aids mentre assisteva un paziente sieropositivo è tornato ad essere sviscerato in un'aula di giustizia, il caso di M. B„ 39 anni, è un «infortunio sul lavoro», e come tale oggetto di un procedimento penale che non ha precedenti nel nostro Paese. Di infermieri e medici colpiti dal virus nel corso del loro delicato lavoro ne esistono, infatti, solo 12 al mondo, dieci dei quali per ferite provocate da siringhe infette. L'infermiera delle Molinette, la prima e l'unica in Italia, si ammalò, invece, mentre trasportava, il 23 marzo dell'87, un malato sieropositivo da una Divisione all'altra dell'ospedale. La sonda della pressione arteriosa applicata al paziente scoppiò, schizzando sul viso, sulla bocca e He mani dell'infermiera il ngue infetto. ocesso pilota, perché, i la sua sentenza, il pretoI Raffaele Ouariniello non dovrà solo stabilire se il proiii-' fessor Mario Maritano, primario del reparto di rianimazione dove lavorava M.B., e Oraziano Azzolini, titolare della Ampax di Modena dove si produce la sonda, hanno avuto o meno delle responsabilità nell'incidente (entrambi sono accusati di lesioni personali colpose aggravate). n dottor Ouariniello, una volta accertate queste responsabilità (Maritano è accusato di non aver adeguatamente informato il personale sui rischi ai quali andava incontro usando la sonda; Azzolini di non aver allegato allo strumento un manuale per un uso corretto dell'apparecchio), dovrà anche quantificare il danno patito da M.B.. Ma come «misurare» questo danno se l'Aids è una malattia la cui conoscenza è ancora lacunosa? E quanto incidono in questo «calcolo» i devastanti effetti, provocati dal solo fatto di sapere di essere sieropositivo, sulla vita affettiva e professionale del contagiato? Il pretore, per tentare di superare questo ostacolo, ha chiesto aiuto a due periti, il professor Paolo Benciolini e il dottor Daniele Rodriguez. I due esperti hanno stabilito che, per loro, il danno alla salute subito dall'infermiera, a tutt'oggi, si può quantificare in un 30 per cento. Percentuale destinata, però, ad aumentare di pari passo con l'aggravarsi delle condizioni dell'infermiera. Le capacità professionali poi, non sono menomate dall'infezione: M.B. può, cioè, tornare a lavorare. Una conclusione, quest'ultima, alla quale i due esperti sono arrivati basandosi, però, solo sul principio che è ingiusto 'ghettizzare un sieropositivo». A Bandoli e Rodriguez, il giudice aveva anche chiesto di esprimere un parere sulla diminuzione che M.B. ha avuto della sua capacità di procreare. I periti hanno prodotto le circolari emanate dalle autorità sanitarie nelle quali si dice che i sieropositivi 'devono evitare rapporti sessuali o usare sempre il profilattico» e che «te donne in età fertile devono evitare gravidanze». Ed è indubbio che tali precauzioni possono menomare le azioni di chiunque, soprattuto di una persona «esperta» in campo sanitario, e quindi maggiormente ligia ad osservare quelle indicazioni, qual è un'infermiera. Argomento contestato dai professori Bruno e Viglino, i consulenti nominati dai due imputati. «E' vero che tutti i figli di madri sieropositivi — hanno detto — risultano infetti al momento della nascita perché ricevono gli anticorpi della madre, ma nel giro di 12-18 mesi solo il 30 per cento di loro risulta poi essere effettivamente sieropositivo. Una percentuale che lascia una "sufficiente" libertà alla madre sieropositiva di decidere se procreare o meno». Per quanto riguarda l'aspetto professionale, I legali dei due imputati, gli avvocati Oiordanengo, Trincherò e Volante, hanno presentato una lettera nella quale l'amministrazione sanitaria si dice disposta a reintegrare l'infermiera sul posto di lavoro, ma 'assegnandole un ruolo confacente alle sue condizioni di salute» e cioè di tipo «amministrativo-burocratico». 'E' questa non è una limitazione? —hanno ribattuto il professor Baima Bollone e gli avvocati Mazzola e Merlone, consulente e legali di M.B. —. Per noi, il danno alla salute della nostra cliente è totale. Com'è possibile, inoltre, non tenere conto del dramma che un sieropositivo vive ogni giorno nei suoi rapporti affettivi e di lavoro?». 'Recenti studi — ha detto l'avvocato Merlone — sono arrivati a suddividere in sei stadi la progressione dell'Aids. Secondo questa tabella, M.B. è ormai al 4" stadio e presenta i sìntomi di un possìbile passaggio al 5°. Sempre secondo questi studi, dal 5° stadio all'Aids conclamato il passaggio è automatico». Beppe Minello

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