Israele toglie il «veto» all'intervento dell'Onu di Guido Rampoldi

Israele toglie il «veto» all'intervento dell'Onu Israele toglie il «veto» all'intervento dell'Onu DAL NOSTRO INVIATO PARIGI — Parigi ha smosso le acque in Medio Oriente. Mentre nella sala della conferenza si recita l'ultimo atto di un fiasco destinato al successo, s'intrecciano notizie e commenti che indicano come si stiano disponendo le precondizioni per una soluzione globale del conflitto araboisraeliano. Tre gli elementi che disegnano questa novità nuova. D. primo. Israele ha ritirato il suo veto e adesso è disponibile ad un'iniziativa del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Lo ha confermato ieri un portavoce di Shamir, spiegando—riferiscono le agenzie—che •negoziati possono essere avviati sotto l'egida delle Nazioni Unite e delle grandi potenze», a patto che queste si astengano da ogni intromissione nelle trattative dirette tra Israele e gli arabi. A vincere le resistenze di Gerusalemme è stato l'esito dei colloqui israelo- sovietici avvenuti in margine alla conferenza. Ma ha contribuito anche l'atteggiamento della diplomazia sovietica, che bocciando la proposta araba di collegare disarmo chimico e disarmo nucleare si è smarcata da alleati tradizionali come la Siria e si è schierata a fianco dell'Occidente (e in qualche modo di Israele). Con una simmetrìa che parrebbe concertata, un mese fa gli Usa avevano compiuto 11 tragitto opposto, prendendo le distanze da Shamir e tendendo una mano all'Olp. n risultato è un clima di relativa fiducia tra Israele e Urss che ha permesso di ristabilire ad un livello più impegnativo le relazioni diplomatiche. Se i contatti avviati a Parigi con il quinto membro del Consiglio di Sicurezza, la Cina, porteranno ad un risultato analogo (Pechino non ha ancora riconosciuto Israele), le condizioni procedurali per un'iniziativa Onu saranno tutte soddisfatte. E potrà partire un negoziato globale sul Medio Oriente. Queste note incoraggianti sembrerebbero controbilanciate dal cartello creato a Parigi dagli arabi in funzione antisraeliana, e dalla loro volontà di barattare le armi chimiche con le atomiche di Gerusalemme. Israele non potrà mai contare su quella schiacciante superiorità strategica che poteva acquisire se i vicini mediorientali avessero rinunciato ai gas: eventualità che forse avrebbe smussato le sue resistenze ad un compromesso sui territori occupati. Ma proprio il ritrovato accordo tra gli arabi è una condizione per risolvere il conflitto in Medio Oriente, che si compone di molte facce: una di queste, il Libano, sarà oggetto di un'imminente riunione della Lega Araba. Nel campo arabo la novità impor¬ tante è la fine dell'ostracismo contro l'Egitto, reso possibile nelle ultime settimane da una mediazione saudita tra il Cairo e la Siria. Il risultato più concreto di questo lavorìo sotterraneo potrebbe essere un imminente ritorno egiziano nella Lega Araba, epilogo di una crisi aperta dagli accordi di Camp David. Un indizio vistoso di questa possibilità è stata la delega degli arabi alla diplomazia egiziana per concordare la risoluzione di Parigi. In margine alla conferenza, il ministro degli Esteri egiziano, Meguid, ha incontrato l'omologo israeliano Arens e, nelle stesse ore, un emissario dell'Olp. Per Arens Arafat è sempre un terrorista; ma ieri fonti militari israeliane hanno dato atto alla sua organizzazione, Fatah, di aver sospeso le operazioni militari nei territori occupati, definite «terrorismo» da Gerusalemme. Un intervento militare americano contro la fabbrica libica di Rabta forse potrebbe disarticolare questo intreccio di eventi. Ma gli europei ripartono da Parigi con la mezza convinzione di aver legato le mani agli Stati Uniti, aiutati dall'Urss: per quanto vuoto, il solenne impegno mondiale ad un negoziato sulle armi chimiche non si concilia con un'azione di guerra. Come ha spiegato Andreotti, «se crediamo e ci siamo lutti impegnati per una soluzione pacifica, non possiamo considerare con disinvoltura altre soluzioni». La pressione americana verrebbe rivolta a tagliare il sostegno tecnico alla fabbrica libica. Gli Usa hanno avvertito anche Roma che una delle società europee sotto accusa era italiana. Ma queste informazioni -sono risultate infondate-, assicura Andreotti, che parla di un •equivoco»: la società in questione è svizzera. Guido Rampoldi

Persone citate: Andreotti, Arens, Arens Arafat, Fatah, Meguid, Shamir