Montenegro il boom mancato di Tito di Domenico Quirico

Montenegro, il boom mancato di Tito Una delle Repubbliche più povere della Jugoslavia di nuovo alle prese con la miscela esplosiva di crisi economica e rabbia politica Montenegro, il boom mancato di Tito L'assistenzialismo non ha assicurato il decollo industriale • Solo il lavoro nero e l'economia sommersa garantiscono la sopravvivenza di molte famiglie - Nell'ottobre scorso le prime proteste represse con durezza dalla polizia In un Paese che denuncia un'inflazione del 220 per cento e un debito estero di 21 miliardi di dollari, che lo allinea ormai al Quarto Mondo, è difficile stilare una classifica dei poveri; ma tra le sei Repubbliche e le due Regioni autonome che compongono lo scricchiolante mosaico ideato da Tito il Montenegro occupa da sempre uno degli ultimi posti. La più piccola delle Repubbliche è infatti la fotografia del Sud del Paese, che è stato appena sfiorato perfino dal timido miracolo economico jugoslavo degli Anni 60. Lo stipendio medio è di trecentomila dinari: non basterebbe a sfamare una famiglia se non ci fossero come nelle altre regioni il lavoro nero e l'economia sommersa, ancore di salvezza, insieme con l'emigrazione, cui si aggrappa da anni l'economia jugoslava. Abitata da poco più di mezzo milione di persone, questa regione sembra condannata dalla sua natura aspra, fatta di boschi e di pietraie, all'isolamento e all'emarginazione. Nei villaggi perduti nelle vallate di montagna, dove più dura fu la resistenza agli invasori ottomani, anche i redditi non certo «americani» delle famiglie della Slovenia e della Croazia — il Nord jugoslavo industrializzato e collegato con l'Europa — appaiono un sogno irraggiungibile. L'assistenzialismo costituzionale, che dovrebbe cementare la convivenza tra le Repubbliche e che fa carico a quelle più ricche di sostenere quelle più arretrate, non è bastato ad arginare una crisi economica che rapidamente si è trasformata in crisi politica. Gli investimenti decisi negli ultimi anni dal governo centrale hanno appena inciso su un'economia che resta legata a un'agricoltura di mera sussistenza. Le industrie, minate dalla tara burocratica e dall'incapacità manageriale, hanno rapidamente allungato la lista del debito pubblico, mentre sono rimaste semplici slogan le promesse di un boom fatte dal partito negli Anni Sessanta. E proprio gli operai di queste fabbriche, dove il mito dell'autogestione ha lasciato il posto allo spettro del licenziamento, sono in prima fila oggi nella protesta contro il regime. Inevitabile che anche il Montenegro, che si considera orgogliosamente uno degli Stati-padri del Paese (era regno autonomo fino a quando, dopo il primo conflitto mondiale, la Serbia riuscì ad imporre su tutto il complesso mosaico di nazionalità il suo indirizzo unitario), fosse in prima fila sul fronte della protesta che sta scuotendo dalle fondamenta la Federazione. Nell'ottobre scorso migliaia di montenegrini scesero in piazza chiedendo un radicale cambiamento dei dirigenti; il vento di novità che soffiava dalla Serbia, Repubblica decisa a riconquistare, sulla scia di una radicale riforma del sistema, il suo pri¬ mato, era giunto anche a Titograd. A pilotare le manifestazioni restando nell'ombra, accusarono subito le altre Repubbliche, era Slobodan Milosevic, il nuovo Tito dei serbi, che puntava a impadronirsi, una dopo l'altra, della guida delle varie Repubbliche per costruire la scalata al potere centrale a Belgrado. Proprio per questo la risposta del regime fu una dura repressione: a Titograd e a Niksic la polizia caricò 1 dimostranti facendo uso di lacrimogeni e di sfollagente. Da quella «sconfitta» Milosevic sembra non essersi più ripreso, e al successivo summit della Lega dei comunisti il suo diktat venne battuto da Mila Kucan, lo sloveno strenuo difensore dell'equilibrio tìtoista tra le varie etnie del Paese. Ma non sono passati due mesi e le piazze del Montenegro sono di nuovo piene di dimostranti che agitano i ritratti di Tito e chiedono la testa dei dirigenti «incapaci». Domenico Quirico Titograd. Agenti di polizia tentano di bloccare 1 dimostranti dinanzi al Parlamento del Montenegro

Persone citate: Mila Kucan, Milosevic, Quarto Mondo, Slobodan Milosevic