Rinasce la villa del Risorgimento di Susanna Marzolla

Rinasce la villa del Risorgimento Rinasce la villa del Risorgimento E' «Il Balbianello», sul lago di Como, dove vissero Pellico e il conte Porro Lambertenghi - L'alpinista Monzino, scomparso qualche mese fa, l'ha lasciata al Fondo per l'Ambiente ■ Ora sarà riaperta al pubblico MILANO — Silvio Pellico, ormai carcerato allo Spielberg, ricordava con nostalgia il 'romanzesco, poetico, magico» soggiorno alla villa del Balbianello: sul Lago di Como, circondata da un magnifico parco, con una loggia che spazia su un lungo tratto di costa. Pellico era arrivato a Balbianello come precettore in casa di Luigi Porro Lambertenghi, uno dei più noti esponenti del liberalismo lombardo, tra i fondatori del «Conciliatore». Era lui, all'epoca, il padrone della villa. Oggi invece appartiene al Fai (Fondo per l'ambiente italiano). Gliel'ha lasciata in eredità Guido Monzino, figlio del fondatore della «Standa», alpinista ed esploratore di fama, morto l'H ottobre dell'anno scorso. La villa di Balbianello è, in ordine di tempo, l'ultima acquisizione del Fai e si aggiunge al monastero di San Fruttuoso di Camogll, ai castelli di Avio (Trento) e della Manta ( Cuneo), al complesso monumentale di'Torba (Varese), ad aeree costiere e boschive dal monte di Portofino a Pan area, dalla Capraia al Salernitano. Siamo ancora lontani dalla quantità di beni dell'Inglese National Trust (cui il Fai si ispira) che sta per sorpassare il maggiore proprietario Immobiliare di quel Paese, e cioè la Corona d'Inghilterra. Ma a tredici anni dalla sua fondazione il Fai può contare al suo attivo un discreto numero di beni ambientali sottratti al degrado e resi disponibili per il pubblico. 'Il nostro scopo — dice Giulia Maria Mozzoni Crespi, presidente del Fai —■ non è solo quello di salvare un bene: è quello di dargli vita. Per questo dobbiamo pensare a come gestirlo, quali iniziative impiantarvi: ed è un'esperienza nuova', che non ha precedenti in Italia». 'Normalmente — aggiunge Ezio Antonini, uno dei consiglieri del Fai — acquisiamo dei beni degradati e li restauriamo. Nel caso della villa di Balbianello, invece, tutto è perfetto. Ed è, finora, la nostra prima proprietà vivente: una dimora completa di arredi e biblioteca. Non abbiamo ancora deciso come utilizzarla. Senz'altro sarà aperta al pubblico, come già avveniva ma solo per un giorno alla settimana- fin dalla prossima primavera speriamo di poter ampliare questa possibilità». L'apertura era stata decisa da Monzino che aveva trasformato l'ultimo piano della villa in un piccolo museo delle proprie spedizioni: e tra i cimeli c'è la slitta che, nel 1971, lo portò al Polo Nord. Fu la sua avventura più celebre/con la prima scalata italiana dell'Everest. I «destini» della villa di Balbianello e dell'imprenditorealpmista si sono incrociati nel 1975. Il complesso (villa e parco) era stato lasciato andare dagli eredi dell'ultimo proprietario, il generale americano Ames. Monzino affrontò con «spirito di avventura» e capacità manageriali il recupero della proprietà: restaurò la villa, l'antica chiesetta con i due campanili, il porticciolo; riportò all'antico splendore i giardini con 11 viale dei platani, i pini silvestri, le palme «spactabilis» (esemplari unici in Lombardia, favoriti da un «privilegio climatico» di cui gode il promontorio su cui sorge la villa). Balbianello non è solo una dimora splendida dal punto di vista paesaggistico, ha anche una storia secolare, legata innanzitutto alla figura del suo primo proprietario. Quel cardinale Angelo Maria Durini, legato pontificio a Malta, Varsavia e Avignone, umanista e mecenate che si dilettava di poesia e che amava raccogliere attorno a sé l'elite culturale del tempo. Acquistò dapprima, nel 1787, la cinquecentesca villa di Balbiano, poi, usufruendo della soppressione degli ordini monastici, estese la proprietà a tutta la penisola di Lavedo dove sorgeva un piccolo convento francescano. E trasformò il luogo costruendo 11 loggiato aperto al sole, fiancheggiato dalla biblioteca e dalla sala da musica. Un «Bosco Parrasio» sulle rive del lago di Como. Susanna Marzolla