«Terzo uomo, sa tutto l'agente» di Giovanni Bianconi

«Terzo uomo, sa tutto l'agente» Il vicedirettore di Rebibbia ribalta le accuse sulla guardia carceraria «Terzo uomo, sa tutto l'agente» «E' stato lui a ingaggiarlo» - Panicciari nega: «Quando ho sentito De Luca gridare "Carmine spara" ho fatto fuoco contro quell'uomo in fuga» - Un giallo l'identikit del presunto attentatore - La guardia, che sostiene di non averlo visto bene in viso, ne ha disegnato uno uguale a quello tracciato dal funzionario colpito ROMA — *ll terzo complice io non lo conosco, non so nemmeno come si chiama. L'ha trovato l'agente Panicciarì, lui sa chi è». 'Non so spiegarmi perché il dottor De Luca dica queste cose. La verità è quella che io racconto fin dal primo giorno: quando ho sentito il vice-direttore ferito gridare "Carmine spara!" io ho sparato contro quell'uomo in fuga». L'inchiesta sul finto agguato al vice-direttore del carcere di Rebibbia si è dibattuta finora fra queste due versioni messe a verbale da Egidio De Luca e dalla guardia carceraria Carmine Panicciari. Il pubblico ministero Maria Cordova li ha ascoltati due volte ciascuno. Di ore ed ore di deposizioni ci sono agli atti solo poche pagine di verbale, il resoconto di un muro contro muro che sembra costruito ad arte dagli imputati. Ieri sera l'agente di custodia è stato riascoltato. Nuove domande e nuove risposte dalle quali gli investigatori hanno capito che forse Panicciari sta cedendo, e potrebbe decidersi a rivelare come effettivamente sono andate le cose nel finto agguato di sette giorni fa a Tivoli. L'interrogatorio è proseguito fino a tarda sera. Ieri pomeriggio doveva esserci il confronto al Policlinico di Roma, dove il vice-direttore è stato trasferito per essere operato. Ma De Luca si è sentito male, e il faccia a faccia è stato rinviato. A quel punto Panicciari è stato convocato nell'ufficio del giudice Cordova per un nuovo interrogatorio dopo quello di ieri mattina a Forte Boccea. Se c'è da sospettare che il funzionario di Rebibbia non abbia detto la verità su questa vicenda, gli investigatori appaiono altrettanto convinti che anche l'agente di custodia abbia mentito. La ricostruzione planimetrica del presunto agguato fatta da Panicciari, infatti, non coinciderebbe con i punti in cui sono stati ritrovati ì bossoli delle pistole che hanno sparato lungo la via Tiburtina. Inoltre c'è l'identikit del presunto attentatore, l'uomo con baffi neri e capelli lunghi, a gettare dubbi sulla credibilità della guardia. Anche a Panicciari è stato chiesto di ricostruire il volto dello sparatore, e la guardia ne ha disegnato uno praticamente identico a quello indicato da De Luca. Ma l'agente, secondo la sua stessa versione dei fatti, non ha potuto vedere bene in faccia l'assalitore, a qualche decina di metri di distanza e nell'oscurità. C'è anche da presumere che De Luca, il quale mostra di voler coprire l'identità del «terzo uomo», ne abbia disegnato un identikit falso. Co¬ me mai allora coincide con quello indicato da Panicciari? E che interesse avrebbe il vice-direttore ferito a chiamare in causa così direttamente la guardia, se questa non fosse a conoscenza del piano di simulazione studiato a tavolino? Sono domande a cui gli inquirenti cercano di dare una risposta, dalle quali si può supporre che t ut t'or a De Luca e Panicciari siano complici nel nascondere le altre persone coinvolte nella simulazione e il vero motivo per cui una pallottola ha frantumato il femore del vice-direttore del carcere romano. Fra l'altro i due hanno avuto a disposizione quasi due giorni, tra il finto agguato e l'arresto, per discutere ed even¬ tualmente concordare le risposte da dare al giudice nel caso fosse stata scoperta la messinscena. Nel racconto della simulazione fatto al giudice fra moltissime pause, il vice-direttore ha accentuato soprattutto la drammaticità del gesto che ha chiesto di compiere al «terzo uomo»: 'Gli ho detto di ferirmi, anche gravemente, al limite di uccidermi, perché di rimanere a Rebibbia non ne potevo più». Un'esasperazione che ha destato ulteriori sospetti fra gli inquirenti Oli agenti della Digos e della squadra mobile romana continuano ad indagare sulla vita di Egidio De Luca per capire il vero motivo che può averlo spinto a farsi sparare nella gamba. Nella sua casa romana hanno trovato molti ritagli di giornali che parlano di Br e inchieste sul terrorismo. Sono stati avviati anche gli accertamenti patrimoniali per verificare la provenienza del patrimonio di De Luca, valutato oltre un miliardo. Alle domande del giudice Cordova su come abbia potuto accumulare simili ricchezze con lo stipendio da vice-direttore, De Luca ha risposto di essere un risparmiatore: 'Metta insieme lo stipendio mio e di mia moglie, lo moltiplichi per tanti anni e vedrà che si può arrivare a grosse cifre-. Una replica tanto semplice quanto poco convincente, il magistrato ha chiesto al ministero di Grazia e Giustizia di poter vedere la copia del fascicolo intestato al vice-direttore di Rebibbia, per controllare che cosa risulta sul suo passato. Il senatore Francesco Forte, che ha avuto De Luca come dipendente quando dirigeva il Fondo per gli aiuti al Terzo Mondo, ha descritto il funzionario come un -mitomane inaffidabile", al punto che fu costretto ad allontanarlo dal suo ufficio. E' possibile che anche il parlamentare venga Interrogato nei prossimi giorni, per argomentare questo giudizio cosi pesante. L'avvocato Titta Madia, legale di De Luca, ha chiesto nel frattempo la scarcerazione del suo assistito al Tribunale della libertà. L'unico motivo per il quale il vice-direttore è ancora agli arresti, è ora la detenzione illegale della seconda pistola calibro 7, 65 che ha sparato nel finto agguato. La sentenza è attesa per 1 prossimi giorni. Anche il giudice Istruttore deve ancora decidere se convalidare o meno l'ordine di arresto provvisorio, firmato per evitare l'inquinamento delle prove, contro il vice-direttore di Rebibbia e l'agente Panicciari. Giovanni Bianconi

Luoghi citati: Roma, Tivoli