«Tripoli ha il diritto di difendersi» di Enrico Singer

«Tripoli ha il diritto di difendersi» Alla conferenza di Parigi il delegato libico si scaglia contro gli Usa «Tripoli ha il diritto di difendersi» «Abbiamo firmato e rispettiamo il Protocollo di Ginevra: l'America, che possiede armi chimiche, non può lanciare menzogne contro altri Paesi» Botha sul podio, e il Terzo Mondo lascia la sala DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PARIGI — n confronto tra Upa e Libia sul caso-Rabta é balzato dai corridoi al palco dèlia Conferenza di Parigi sulle armi chimiche. E* stato 11 hiinistro degli Esteri di Tripoli, Jadallah Azouz el Talhi, ieri pomeriggio, a dedicargli il cuore del suo intervento davanti a una platea sempre più divisa e scettica sui risultati del vertice che si concluderà domani. El Talhi non ha mai pronunciato 11 home delia fabbrica di Kabta, ma ha puntato il dito contro Washington — che ha accusato di 'minacciare le vittime- e ^i costruire una 'campagna di menzogne- — rivendicando per il suo Paese il *sacro diritto all'autodifesa-. Un discorso che la delegazione americana ha accolto con allarme: con 11 sentimento che i margini di mediazione sono davvero stretti. Arrivato a Parigi nei panni scomodi dell'imputato, il mi¬ nistro degli Esteri libico ha cercato di rovesciare i ruoli. Ha subito ricordato che la Libia ben conosce le conseguenze micidiali delle armi chimiche («il 31 luglio del 1931 l'esercito fascista lanciò 24 bombe di gas contro la cittadina di Tazerbou») e ha elencato tutti gli accordi internazionali — compreso il Protocollo di Ginevra del '25 — che Tripoli 'ha firmato e rispetta-. Il vero problema, secondo Azouz el Talhi, è che gli accordi internazionali devono 'valere per tutti-, anche per gli Stati Uniti che 'posseggono l'arma chimica e che si prendono poi la libertà di condurre campagne di menzogne contro altri Paesi- . E' una posizione che Tripoli ha già espresso dall'inizio della crisi. Ma che il ministro degli Esteri Ubico ha voluto lanciare anche dal podio della Conferenza di Parigi per contrattaccare. Azouz el Tal¬ hi ha chiesto, anzi, una condanna 'dell'aggressione americana-: quella che si è risolta nell'abbattimento dei due Mig, la scorsa settimana, e quella che 'gli Stati Uniti sembrano preparare con la mobilitazione della Flotta-. E all'attacco contro Washington, il ministro libico ha aggiunto una vera e propria requisitoria contro Israele che ha sempre definito «l'entità sionista razzista- e che ha accusato di possedere non solo l'arma chimica, ma anche quella nucleare. Quando Jadallah Azouz el Talhi ha finito di parlare, il volto del ministro degli Esteri francese, Roland Dumas, che presiede 1 lavori della Conferenza, era teso. Come quelli dei delegati americani. Nonostante tutti 1 tentativi di mediazione che, per tre giorni, si sono accavallati nei corridoi, 11 vertice non è riuscito ad aggirare lo scoglio del confronto tra Usa e Libia sul caso-Rabta. Un problema che, qualche ora prima, aveva ripreso anche il ministro degli Esteri sovietico, Shevardnadze, in una conferenza stampa improvvisata all'aeroporto di Orly prima di rientrare a Mosca. E che aveva aumentato la delusione dei rappresentanti Usa. Secondo Shevardnadze, le «prove» che il segretario di Stato americano, George Shultz, gli ha presentato domenica sulla 'destinazione militare- della fabbrica di Rabta non dimostrano nulla. 'Si tratta di piani di costruzione — ha detto il ministro sovietico — che non bastano per affermare che lo stabilimento possa produrre armi chimiche e quando si lanciano accuse così gravi, ci vogliono prove precise-. Ma a drammatizzare l'atmosfera della Conferenza, ieri, non c'è stata soltanto l'esplosione del caso-Rabta. Nella grande sala del vertice c'è stato an¬ che un incìdente diplomatico che ha opposto il ministro degli Esteri sudafricano, Pik Botha, alle delegazioni del Terzo Mondo. Una protesta clamorosa: prima che Botha cominciasse a parlare, il delegato kenyano Robert Duke si è alzato dal suo posto e ha detto ad alta voce: 'L'Africa è profondamente addolorata dalla presenza del regime minoritario razzista di Pretoria-. Subito dopo, come ad un segnale convenuto, la maggioranza dei delegati asiatici, africani e latino-americani hanno lasciato la sala. Dopo un momento d'incertezza, anche il capo della delegazione francese, la signora Edwige A vice, è uscita dall'emiciclo. Un gesto che, con molto imbarazzo, è stato poi ridimensionato dal governo di Parigi che lo ha definito una 'iniziativa personale- della signora Avice. Enrico Singer Parigi. La maggioranza dei delegati se ne va per protesta contro l'apartheid quando il sudafricano Pik Botha comincia il suo discorso