Madri drogate: Usa pietà o galera

Madri drogate: Usa pietà o galera Le misure per tutelare il feto dividono giudici e opinione pubblica Madri drogate: Usa pietà o galera DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON — Il dato è agghiacciante: l'il per cento delle donne americane in gravidanza fa consumo di droga, di solito cocaina. Ciò significa che fino a 375 mila neonati l'anno sono esposti a gravi pericoli, dalle deformazioni alla tossicodipendenza. Lo ha svelato un'inchiesta svolta in 36 ospedali dall' Associazione nazionale per la Ricerca sulla Tossiconioania prenatale. Il fenomeno sta assumendo dimensioni tali che la magistratura interviene in modo sempre più pesante in difesa non solo del neonato ma anche del feto. I giudici possono costringere la donna drogata incinta a disintossicarsi, incarcerarla prima che partorisca, o sottrarle il figlio. In casi estremi, la madre è stata processata per abuso dì minorenne, reato che comporta fino a 30 anni di detenzione. SuUa piaga delle madri tossicomani l'America si sta spaccando. Da una parte vi è chi elogia la fermezza dei tribunali, dall'altra chi lamenta la violazione dei diritti della donna. Sebbene tutti deprechino le tragedie causate da queste vicende, non vi è concordia sui sistemi per prevenirle. Specialmente sull'impiego deUa cocaina il costume americano è ambiguo: punito dalla legge, è accettato in qualche misura dalla società. Sul piano educativo — il dovere della donna incinta verso il bambino non nato — latitano sia lo Stato sia la pubblica opinione. Per sconvolgente che riesca l'idea di una madre che fa del male al nascituro, pochi vi si soffermano: ma è dimostrato che la droga può infliggere seri danni al al cervello, al cuore e alle funzioni di crescita del fegato. La casistica sul conflitto tra la magistratura e le puerpere che al drogano è interminabile. Nella Contea di Los Angeles, la seconda città degli Stati Uniti, le autorità privano temporaneamente o in permanenza dei neonati appena nati ben 150 madri al mese. In quella di Nassau, presso New York, le autorità sottopongono l'urina dei neonati all'esame antidroga: se risulta positivo, significa che la madre ha preso cocaina nelle 72 ore precedenti il parto, e la polizia avvia indagini. Sulla base di questa prova, nella Contea di Butte, in California, il procuratore Micahel Ramsey incrimina la puerpera: il minimo della pena è di tre mesi di carcere. Le associazioni femminili hanno protestato: -Non si può permettere che un bambino venga allattato da una tossicomane — risponde Ramsey — dopo che nei grembo materno è già stato danneggiato». Quando a Washington Brenda Vaughan, 29 anni, venne processata per furto, il giudice Peter Wolf apprese che era tossicodipendente: la mandò in prigione per tre mesi fino alla vigilia del parto. Nella Contea di Nassau il giudice Joseph De Maro impose a una donna nelle stesse condizioni una cura disicontossicante. «Non mi dite — spiego ai giornalisti — che non è negligenza grave». Il New York Times ha intervistato un avvocato della Fondazione Rockefeller, Wendy Chavkin, che studia i problemi legali del femoneno. Questi ha sostenuto che due aspetti dell'atteggiamento giudiziario destano apprensione: «Il primo è che la donna drogata incinta viene punita più duramente del normale tossicomane, l'altro è che le autorità sottraggono un numero sempre maggiore di bambini alla potestà materna. La puerpera e il neonato sono un tutto unico: la prima andrebbe curata e assistita, non trattata come una criminale». e. c.

Persone citate: Joseph De Maro, Micahel Ramsey, Peter Wolf, Washington Brenda Vaughan, Wendy Chavkin

Luoghi citati: America, California, Los Angeles, Nassau, New York, Stati Uniti, Washington