Signora delle bestie amorose di Marina Verna

Signora delle bestie amorose LATTES COIFMANN: LE SFIDE DI UN'ETOLOGA Signora delle bestie amorose Le regole del suo stile inimitabile: informare, scoprire qualcosa di nuovo, divertire - Nell'ultimo libro, «D sesso negli animali», racconta corteggiamenti, viaggi di nozze, gelosie - «La natura offre tutti gli ingredienti delle vicende umane» • Ha scoperto 16 nuove specie di invertebrati - «La mia storia cominciò davanti a un acquario meraviglioso» DAL NOSTRO INVIATO NAPOLI — Un orso, un coniglio: due storte che riempiono i cinema. Oli etologi fremono di fronte a questo modo di raccontare gli animali, ma la gente fa la fila lo stesso. E' il modo anglosassone di trattare la natura: un sorriso al rigore vestito di noia, uno sberleffo agli scrupoli accademici, irriverema, brio, indifferenza di fronte all'imbarazzato «non si fa così!: Di animali, in Italia si parla in genere con gravità e rispetto, pena la credibilità. Ma c'è una signora che sfida queste regole e che, forte del suo pedigree accademico e di una cultura inattaccabile, si permette tutto quello che è considerato proibito: leggerezza, arguzia, spigliatezza. Racconta i fatti degli animali come fossero i fatti dei vicini. Non ha paura dell'antropomorfismo, anzi teorizza la necessità di rappresentare la realtà animate sotto la forma umana. Può dire tranquillamente: «Non ho rimpianti per l'Università. E' quella che è», perché 16 specie di invertebrati portano il suo nome. E' popolare, la tv la chiama, i lettori le scrivono. Ha imposto uno stile inimitabile ed è sempre ligia alle regole della divulgazione anglosassone: essere formati e informati; dire qualcosa di nuovo; divertire l'uditorio. La signora dell'etologia è Isabella Lattes Coifmann. 1 casi della vita l'hanno portata giovanissima a Napoli — è figlia di rifugiati russi vissuti prima a Milano, poi al Sud — ma di napoletano non ha nulla, nemmeno l'accento. E' una signora di ma niere squisite e di solidi simboli borghesi: il doppio filo di perle, la campanellina sul tavolo da pranzo per chiamare laeameriera, la collezione di argenti sul tavolino rotondo del salotto. Nella casa bianca e silenziosa, gli unici animali sono gli uccelli delle sta;,^e appese nello studio: non ci sono cani né gatti né canarini. «Non li ho mai voluti Non hanno più nessun' interesse, sono stati troppo alterati dall'uomo, n cane è stato talmente manipolato che ce ne sono 450 razze». Si alza e mi porta alla finestra, che si affaccia su un albero enorme, imbavagliato dal convolvolo. «Amo questo pezzo di verde incolto, dice. E' pieno di uccelletti, giorno e notte. Ho passato ore a guardare una merla che faceva il nido. Meglio guardare loro che gli uomini. Mi regalano ottimismo Poi fissa un grande quadro a olio con un gruppo di ciliegi in fiore: «La mia storia incomincia lì. Quando facevo il liceo, un'amica, una bioiogà-chej faceva anche la pittrice — sì, quella che ha dipinto questi alberi — mi portò alla Stazione zoologica di Napoli. C'era un acquario meraviglioso. E lì dentro, un vermiciattolo grande come un'oliva, con un, tentacolo retrattile lungo un metro. Era una Bonella viridis. Generazioni di ricercatori si erano rotti la testa per capire dove mai fosse il maschio, poi l'hanno trovato, piccolissimo, tre millimetri in tutto, rannicchiato nella proboscide della femmina. Sono rimasta incantata. E questa è diventata la mia vita, non ho mai avuto altri interessi». La fortuna l'aiuta: al liceo ha un'insegnante brava, che le dà il gusto della natura vivente. Legge Fabre, I ricordi di un entomologo, si iscrive a Scienze naturali, studia malamente ifiori («Il professore interrogava le ragazze solo sulle piante da cucina»), ma, facendo ricerca nell'Istituto dì Anatomia Comparata, scopre 16 nuove specie di invertebrati. Prende il volo: vince il concorso da assistente, prepara la libera docenza, pubblica i primi lavori. Il volo è breve. Arrivano le leggi razziali e tagliano le gambe anche a lei. Ricorda senza rimpianti: «La ricerca sistematica mi ha dato grandi soddisfazioni. Richiede molto studio, bisogna conoscere tutta la bibliografia, ma scoprire nuove specie è una grande emozione. E c'è la piccola vanità di leggere il proprio nome ovunque se ne parli, di avere una piccola fama internazionale». La Stazione zoologica di Napoli le offre di lavorare clandestinamente. Lei accetta, ha il suo tavolo di ricerca, i pesci-cavia portati freschi ogni giorno, l'ambiente internazionale. Vola di nuovo. E di nuovo lascia tutto. Questa volta c'è un figlio, un marito, una vita di famiglia. Oggi dice: «Ho prodotto tardi, ma non per colpa mia». La vita le ha regalato del tempo per tutto. All'etologia atriva da sola, leggendo libri e articoli, lasciandosi incantare da Konrad Lorenz. «Ai miei tempi l'etologia non esisteva. La teoria dell'imprinting di Lorenz è del '35, il suo Nobel è del '73. Non c'è nessuno come lui, nessun libro che regga il confronto con L'anello di Re Salomone. Mi piaceva anche von Fritsch, è un divulgatore favoloso. Dell'ultima generazione mi piace Richard Dawkins, quello del gene egoista». La solidità della sua preparazione («La mia specia¬ lità è l'anatomia comparata. E' la base per capire l'etologia, il trampolino di lancio giusto») contrasta con la semplicità del suo stile, che la fa anche sottostimare, intriso com'è di entusiasmo anziché di teorie, «n mio stile nasce da un limite: in casa si parlava un pessimo italiano, i miei parlavano russo. Io non uso termini difficili semplicemente perché non li conosco. E non essendo un'accademica, non mi scappano termini noiosi. Ho sempre pensato di avere un vocabolario povero». Invece, quello che lei considerava un suo limite, è diventato il suo pregio. ; E' una' lettrice vorace e un!archipista meticolosa. «Non ini annoio mai. Sono ignorante e adoro imparare. Ogni giorno si scoprono cose nuove. Se facessi ancora ricerca all'Università, mi polarizzerei su un singolo argomento. Invece così, leggendo, vengo a conoscere il lavoro di tanti». Quando ha letto una storia, la vuole scrivere, la vuole raccontare. Vuole, comunicare la felicità che le ha dato leggerla. A scrivere, si diverte. Memorizza i dati, dimentica lo stile severo delle comunicazioni scientifiche e attacca a modo suo. Quando deve consegnare un pezzo subito, lavora veloce. Prende i ritagli dal fornitissimo archivio, li sistema sul tavolo, sottolinea in rosso i pezzi importanti, fa una scaletta degli argomenti, poi si mette alla macchina da scrivere e l'articolo esce pulito e spiritoso. Gli etologi più rigidi disapprovano il suo antropomorfismo, ma lei non se ne impensierisce. «In Italia non c'è una tradizione di divulgazione brillante. La noia è il pedaggio della credibilità. Guardiamo invece gli anglosassoni: sono arguti, magari mettono anche una vignetta vicino all'articolo. E non hanno paura dell'antropomorfismo. Ci vuole proprio, per catturare i lettori. E' come il condimento di una pietanza. Senza, sarebbe insipida. D'altra parte, non abbiamo un linguaggio specifico per descrivere i comportamenti animali, dobbiamo per forza usare gli stessi termini dell'uomo». Non le interessano le teorie, preferisce le storie. E forse sta li la sua singolarità di donna in un mondo finora dominato dagli uomini, la ragione di un successo nato quasi per caso. «Ho incominciato 25 anni fa, dopo un viaggio in Brasile, offrendo alcuni pezzi al direttore della Notte. Sono piaciuti, me ne hanno chiesti altri. Ma come continuare? Come trovare altri argomenti? Ho pensato: sono zooioga, scriverò ili animali». I tempi, poi, l'hanno aiutata. E' il momento delle grandi etologhe («Lo studio sul campo richiede qualità femminili: intuito, perseveranza, pazienza, curiosità, entusiasmo»), dei grandi temi ambientali («La gente ha aperto gli occhi sul degrado»), delle rubriche dedicate agli animali. Così, quello che negli Anni 60 sembrava una scommessa, è diventato un lavoro a tempo pieno, che le riempie la vita di felicità e di soddisfazioni. Le sue storie sono quasi tutte storie d'amore. Il suo ultimo libro, Il sesso negli animali, è una parata mozzafiato di corteggiamenti, viaggi di nozze, rivalità, abbandoni. «Le strategie sessuali sono le strategie meno banali. In natura c'è varietà in tutto, ma soprattutto nell'accoppiamento, con tutti gli ingredienti delle vicende umane: la fedeltà, l'infedeltà, il corteggiamento, il rifiuto, la monogamia, l'incesto». Adesso sta scrivendo un libro nuovo: genitori e figli. «Dopo la sessualità, è l'altro capitolo affascinante. Ma qua l'antropomorfismo non regge più. C'è il cannibalismo, c'è l'infanticidio. I genitori mangiano le proprie uova, mangiano i figli piccoli. Eppure anche questo rientra nell'ordine della natura, anche qui c'è una motivazione biologica. C'è la tenerezza delle cure parentali e poi l'istinto della predazione, che fa acchiappare tutto ciò che si muove». La formazione scientifica le impedisce di guardare oltre una spiegazione chimico-fisica della vita. «Ci sono certi scheletri di protozoi che sono capolavori di architettura. Ecco, quando penso all'infinitamente piccolo, qualche dubbio metafisico mi viene. Ma sono sempre per le spiegazioni chimiche, non mi soffermo sugli aspetti filosofici». Non è vegetariana, non ha rinunciato alla pelliccia. «Ognuno mangia qualcuno. Non si può essere coerenti in assoluto». La sua pelliccia, comunque, è di allevamento. Marina Verna Napoli. Isabella Lattes Coifmann: «Ormai la gente ha aperto gli occhi sul degrado»

Persone citate: Bonella, Fabre, Isabella Lattes Coifmann, Konrad Lorenz, Re Salomone, Richard Dawkins, Senza

Luoghi citati: Brasile, Italia, Milano, Napoli