Leucosi una «malattia politica» di Gianfranco Quaglia

Leucosi, una «malattia politica » Le restrizioni imposte dalla Cee penalizzano l'Italia Leucosi, una «malattia politica » NOVARA — n termine scientifico è leucosi, un virus subdolo e difficile da riscontrare. Colpisce i bovini e può avere fino a cinque anni di incubazione. Ma gli allevatori preferiscono chiamarlo «malattia politica», una denominazione polemica per sottolineare la grande confusione in materia di normativa Cee e il sospetto che le restrizioni imposte nell'ambito comunitario altro non siano che un sabotaggio nei confronti degli allevamenti italiani. In altre parole: i provvedimenti restrittivi adottati dalla Cee sarebbero frutto di spinte provenienti da altri Paesi europei, in primo luogo la Germania, preoccupati della concorrenza che l'Italia esercita nel comparto zootecnico e timorosi di perdere i mercati. Di questi temi si è parlato nei giorni scorsi a Novara, in un convegno organizzato dall'Associazione provinciale allevatori. Sono intervenuti esperti del settore, con Mario Valpreda, responsabile del servizio veterinario della Regione Piemonte, il quale ha tracciato un quadro particolareggiato della malattia che colpisce i capi migliori, non solo in Italia ma in tutto il mondo. Valpreda ha indicato anche la profilassi da seguire: quando la percentuale degli animali «sieroposiUvi» è superiore al 30 per cento i bovini infetti devono essere separati da quelli sani, escluderli dalla riproduzione e ricor¬ rere alla fecondazione artificiale, disinfettare i ricoveri. Nell'opera di prevenzione alcuni Stati europei sono all'avanguardia. In Baviera, ad esempio, gli allevatori si sono riuniti in cooperative e hanno realizzato stalle-ghetto contumaciali che raccolgono sino a 5-6000 capi. In Slovenia ogni tre mesi sono eseguiti controllo epidemiologici. E in Italia? C'è molto disorientamento fra gli allevatori, che temono di dover falcidiare interi ellevamenti, proprio nel momento in cui si sta uscendo lentamente dalla crisi zootecnica. Mario Buri, direttore regionale dell'Associazione di categoria del Piemonte, considera le misure imposte dalla Cee e accettate dal Governo italiano un «atto di sabotaggio nei nostri confronti. Ci penalizzano, perché la normativa prevede la non possibilità di commercializzare le produzione delle nostre stalle. Il problema è stato affrontato male in Europa, mentre negli Stati Uniti, ad esempio, il virus non viene neppure preso in considerazione'. Gli allevatori chiedono un ripensamento in sede comunitaria o almeno un piano di abbattimento meno rigido e più pilotato. In Piemonte, dove ogni anno sono eliminati 30 mila capi per brucellosi e tubercolosi, la leucosi si manifesta con un'incidenza del 5,5 per cento. Gianfranco Quaglia

Persone citate: Mario Buri, Mario Valpreda, Valpreda