Tokyo si ferma e scende il silenzio di Fernando Mezzetti

Tokyo si ferma e scende il silenzio Nonostante la lunga agonia, il Paese resta attonito all'annuncio della morte del sovrano Tokyo si ferma e scende il silenzio Luci soffuse, insegne spente - Impiegati vestiti a lutto sull'attenti nelle fabbriche - Chiusi cinema e teatri - Il giorno del genetliaco dello scomparso resterà festivo - Una immensa folla raccolta davanti al palazzo imperiale OAL NOSTRO CORRISPONDENTE TOKYO — Spente sono le mille luci di Ginza, dei quartieri di divertimento, degli orgogliosi grattacieli dai quali si dominano i mercati mondiali dell'economia e della finanza. Solitamente chiassosa, vivace nel suo limpido ordine e nella sua incessante operosità, incandescente nella notte con le gigantesche e multicolori luci al neon, Tokyo è piombata da ieri mattina nel silenzio, da ieri sera quasi nel buio. Gli altoparlanti cui ognuno sembra di solito ricorrere se ha qualcosa, anche la più banale, da dire, tacciono. Nei grandi magazzini, novelli templi d'un Paese sempre più opulento, spenta la filodiffusione regna un silenzio irreale. Le commesse solitamente ben truccate hanno tinunciato al vermiglio sulle labbra, rivolgono mesti sorrisi, non indossano le uniformi dai colori vivaci e sgargianti, ma sobri completini grigi col fazzolettino nero. Austeri i commessi, con cravatta nera o fascia luttuosa al braccio. Nessuno delle centinaia di migliaia di negozi della città ha osato accendere le insegne anche le più sobrie. All'interno, dalla botteguccia ai magazzini più sfarzosi, solo mezze luci, quasi penombra. Negli uffici pubblici, nelle grandi aziende, nei ministeri, le cravatte nere da tempo pronte nei cassetti sono apparse simultaneamente. Nelle fabbriche, le catene di produzione si sono fermate, con tutti gli addetti sull'attenti, al momento dell'annuncio ufficiale diramato dagli altoparlanti: l'unico, breve uso che ne sia stato fatto prima che cominciasse a regnare il silenzio. Perfino i lavori stradali e delle costruzioni sono stati sospesi, perché troppo rumorosi. Tokyo e il Giappone si sono messi in penombra e in silenzio mentre il loro imperatore entrava nel regno delle ombre. Ovunque bandiere a mezz'asta con nastri neri. Chiusi cinema e teatri. Solo musica classica alla radio. Solo notiziari, mesti concerti e documentari sul sovrano sulle reti televisive. Non era ancora sorta l'alba quando la folla ha comincia- to a raccogliersi sul piazzale davanti ai cancelli del parco imperiale, tutti inchinandosi, molti piangendo. Radio e telelevisione avevano cominciato a trasmettere nel cuore della notte bollettini straordinari sul precipitare delle condizioni del sovrano in agonia da 111 giorni, ridotto a 25 chili di peso. Un Paese mattiniero per l'alto pendolarismo ha cominciato la giornata mettendosi già a lutto, incollato alle radioline, alle televisioni portatili. Le notizie lasciavano presagire che il momento fatale stava pervenire. Alle cinque del mattino il capo dei medici di corte era accorso a Palazzo. Alle 5,41 è accorso con tutta la famiglia il principe ereditario. Alle 6,15 è uscito di casa il premier Takeshita. Hirohito se ne è andato ieri mattina alle 6,33, dopo l'interminabile agonia in cui era dal 19 settembre. Al momento della fine gli erano accanto tutti i familiari. La moglie, scomparsa dalla scena pubblica prima di lui, gli teneva la mano. L'annuncio ufficiale è stato dato alle 7,55 dal direttore dell'imperiai casa, che per la prima volta ha dichiarato ciò che tutti sapevano, e cioè che il sovrano era stato divorato da un tumore all'intestino. Sono stati nel pomeriggio resi pubblici i diari dello specialista che riscontrò il tumore, scomparso egli stesso per cancro nel gennaio 1988. Egli racconta che i medici di corte chiesero all'equipe di analisti di limitarsi a parlare della infiammazione del duodeno, non delle cause: "Capimmo quel che volevano sentirsi dire, e glielo dicemmo, pur convinti che Sua Maestà, da scienziato, avrebbe preferito la verità». n governo ha deciso di mantenere come festività il genetliaco dello scomparso. Pur preparato da tempo, il Paese è attonito, stordito. Non c'è alcuna atmosfera da morto il re viva il re, ma il senso profondo della fine di un'era, non solo nel significato dello scandire gli anni col numero di quelli del regno del sovrano, ma in quello più lato di età storica. Con Hirohito se ne è andato un vecchio Giappone che lui ha incarnato nel bene e nel male. Fernando Mezzetti Tokyo. L'imperatore Hirohito col generale MacArthur nel settembre del '45 all'ambasciata Usa

Persone citate: Takeshita

Luoghi citati: Giappone, Tokyo, Usa