Gli arabi: allargare il negoziato al nucleare

Gli arabi: allargare il negoziato al nucleare Gli arabi: allargare il negoziato al nucleare DAL NOSTRO INVIATO PARIGI — All'orizzonte della conferenza di Parigi il primo ostacolo è apparso già ieri sera, quando l'ultimo degli oratori, il ministro tunisino Abdelhamid Eschefkh, ha proposto di legare il dibattito sulle armi chimiche al negoziato sul disarmo nucleare. Non si può raggiungere la pace e la sicurezza nel Mediterraneo — ha spiegato Escheikh — fintanto che Israele, «divenuto la sesta potenza atomica del mondo, disporrà di armi che le permettono di perseguire una politica di aggressione, di repressione e di violazione delle convenzioni internazionali». La posizione tunisina non è isolata ma esprime l'orientamento di un gruppo di nazioni arabe, in testa la Siria e l'Iraq, che avrebbero intenzione di proporre una trattativa globale, su armi nucleari e chimiche, con il risultato concreto di vanificare il senso di questa conferenza La Libia, ovviamente, ha ragioni per sperare che questo schieramento diventi un fronte arabo. La linea della trattativa globale (sembra concordata in un vertice di ministri degli Esteri arabi avvenuto venerdì, e discussa anche dalla Lega Araba riunita ieri notte) muove da un calcolo semplice: le armi chimiche in possesso di quei Paesi, come Iraq e Siria, che dispongono di missili a medio raggio, limitano o annullano il vantaggio strategico acquisito da Israele con le circa cento testate nucleari di cui disporrebbe, malgrado le smentite di Tel Aviv. Ciò che viene omesso, in questa argomentazione, è che senza nucleare e armi chimiche il vantaggio strategico sarebbe tutto arabo. L'impazienza degli Stati Uniti, espressa dai molti «immediatamente» che condivano il discorso di Shultz, non sembra però affatto conciliabile con le tattiche dilatorie a cui sembrano tentati alcuni Paesi arabi in questa conferenza dove sembrano confrontarsi due modi diversi di intendere la legalità internazionale. Da una parte e sullo sfondo la legalità delle portaerei. spettacolare, chirurgica non priva di un'efficacia pratica e ammonitrice; ma una legalità che per colpire rischia spesso di creare più danni che vantaggi. Dall'altra e In primo piano la legalità dei forum intemazionali: solenne, ecumenica, pacifica; ma molte volte assolutamente sterile, quando non sapientemente ipocrita A questa conferenza il compito di dimostrare che questa seconda legalità può anche avere un'efficacia concreta e rapida Andreotti è convinto che l'obiettivo non sia impossibile; ma già è preoccupato dai tentativi di «allargare al nucleare: mi auguro che non si creino difficoltà». Seduto tra la delegazione libica e quella israeliana, il ministro degli Esteri nel suo intervento non ha mai sfiorato, come del resto gli altri oratori, la questione più calda mal citata per nome: lo scopo e il destino della fabbrica di Rabta in Libia Della Libia, soprattutto della Libia si è invece parlato espressamente in quella frenesia cu incontri bilaterali, di conciliaboli a porte chiu¬ se, di disordinati contatti con la stampa che hanno tratteggiato una conferenza parallela, dietro le quinte. Shultz ieri mattina ha subito affrontato l'irritazione tedesca, espressagli da Gensche-r; più tardi ha incontrato Andreotti, che gli ha vantato 1 successi della «politica del rasserenamento: A Shultz, ha spiegato più tardi Andreotti al giornalisti, ho detto che nel Nord Africa arabo si sta sviluppando una politica di dialogo e di moderazione che può coinvolgere anche la Libia e quindi va sostenuta E la fabbrica di armi chimiche? Nei conciliaboli a due, fanno sapere i funzionari del governo americano, molti alleati europei hanno confermato di credere che le certezze americane siano fondate. Ma ufficialmente tutte le dichiarazioni sono improntate alla più assoluta prudenza Prudentlssimo, poi, Andreotti Ieri ha parlato col ministro degli Esteri libico e quello gli ha ribadito che la fabbrica produrrà medicinali La Libia dice Andreotti è comunque dispo¬ sta ad accettare tutti quel controlli stabiliti in sede internazionale (controni ripetuti non un controllo una tantum, ha ripetuto Ieri il capo della Farnesina a Shultz). Ciò che invece Gheddafl rifiuta è un controllo ad hoc sulla fabbrica di Rabta e sulla Libia; e Andreotti concorda «Nessun Paese accetterebbe di essere sottoposto a particolare ispezione di polizia». Certo, «anche la Libia deve fare i suoi passi in avanti», aggiunge. «Per esempio l'ospitalità non so se anche fisica, ma almeno politica, ad Abu Nidal, non aiuta gli sforzi per un tipo di diversa convivenza nel Mediterraneo», precisa in riferimento al continuo sostegno offerto da Gheddafl alla banda che ha organizzato i più feroci massacri terroristici Andreotti ha incontrato poi Shevardnadze, verificando «una convergenza di posizioni». Anche il sovietico sarebbe convinto della necessità di «rasserenare gli animi», cioè di far decantare la bollente questione libica Guido Rampotdi