Sequestra i marinai e scappa in Italia di Salvatore Gentile

Sequestra 8 marinai e scappa in Italia Capitano albanese approda a Brindisi con 8 profughi e l'equipaggio chiuso nella stiva Sequestra 8 marinai e scappa in Italia DAL NOSTRO CORRISPONDENTE BRINDISI—n comandante di un peschereccio albanese ha chiuso sottochiave l'equipaggio per poter espatriare con altri otto connazionali. Ce l'ha fatta, ma è finito in carcere a Brindisi sotto l'accusa di sequestro di persona. Enver Meta, 31 anni, alla guida del ..Dukati», battello d'altura da 220 tonnellate, ha salpato le ancore da Durazzo venerdì pomeriggio. L'obiettivo era il solito: pescare sardine nei banchi all'ingresso dello Stretto di Otranto. Al tramonto, dopo cena, Enver Meta fa scattare 11 suo piano, dimostrando astuzia e sangue freddo. Manda a dormire tutti gli uomini. «72 turno di guardia lo faccio io, non c'è problema, andatevene a letto tranquilli, sceglierò io il secondo quando sentirò sonno». E ai marinai non par vero. Meta allora aspetta che si siano addormentati: scende sottocoperta e chiude a chiave il locale cuccette. Da solo si mette al timone e «avanti piano» se ne torna a Durazzo. Ovviamente non in porto, ma in un punto isolato della costa dove lo aspetta-, vano gli otto connazionali che avevano accettato. 11 rischio dell'avventura per espatriare. I loro nomi: Mustafà Meta, 29 anni, fratello del comandante; 11 marinalo Bardhyl Vogli di 23 anni e suo fratèllo Skender di 30 anni; altri due fratelli, Dir e Agron Dervish di 20 e 24 anni; Artan Beyanem di 24 anni; Oamil Nlkshlpi di 24 e Arsen Shahahlnl di 23 anni. Tutti di Durazzo. Imbarcate le persone, il comandante Meta dirige 11 «Dukati» a tutta forza verso Brindisi, il porto italiano più vicino. Di sotto 1 marinai cónti-; nuano a dormire. La traversata non prende molte ore. Poco dopo l'alba ecco 11 «Dukati» in vista delle coste italiane. Ma Meta aveva ancora un problema da risolvere: creare una situazione difficile da superare per le autorità portua¬ li italiane. Il comandante temeva cioè che non sarebbe riuscito ad entrare In porto normalmente. Allora ha puntato dritto sulla spiaggia vicina allo stabilimento dell'Enichem di Brindisi ed ha arenato la «Dukati» In un basso fondale. Quindi ha calato un canotto e. assieme con i suol otto compagni di fuga è sceso a terra. L'equipaggio, intanto, era sempre chiuso sottocoperta. Ormai svegli gli uomini non hanno potuto far altro che battere 1 pugni sulla porta e aspettare che qualcuno venisse a liberarli (anche dalla comprensibile paura). I nove albanesi, scesi a terra, si sono presentati In questura. Saranno state le sei del mattino. Al funzionario1 di turno sbigottito che si domandava come avessero fatto ad arrivare, hanno chiesto asilo politico. Si apriva un caso che ha mobilitato ministeri e ambasciate, Polmare e magistrati. La polizia marittima è an¬ data a bordo del «Dukati» per liberare l'equipaggio e disincagliare il peschereccio. Il comandante Meta è finito sotto interrogatorio del sostituto procuratore Domenico. Catenacci, che lo ha dichiarato in arresto per sequestro di persona. Oli altri otto profughi, dopo gli interrogatori, sono rimasti in questura, in attesa di essere mandati al campo di Latina. Nel tardo pomeriggio il Ministero della Marina mercantile confermava punto per punto la sorprendente fuga. Ma l'incidente — non voluto né cercato — era innescato. L'ambasciata albanese, a sera, chiedeva al governò italiano la restituzione del nove rifugiati e di facilitare il rientro del motopeschereccio con i 7 membri dell'equipaggio. Per l'ambasciata i 9 fuggiaschi sono definiti 'terroristi: Alcuni, sostiene Tirana, «sono ricercati dalla polizia per i lóro legami con contrabbandieri di droga mentre gli altri sono stati implicati in atti punibili dal codice penale». Per le autorità albanesi, insomma, si sarebbe trattato dell'operazione di una 'banda di terroristi». Ma il racconto di Enver Meta non lascia punti d'ombra. E' il comandante del «Dukati» (battello della flottiglia di Stato albanese) ed ha chiuso sottocoperta l'equipaggio per poter ruggire in Italia. Con l'Albania si profila comunque qualche difficoltà diplomatica. Oltre a quelle diciamo così «tecniche»: i marinai dell'equipaggio hanno espresso il desiderio di ritornare In patria. Ma lo possono fare a due condizioni: un comandante abilitato che ne prenda il comando e la certezza che la nave sia in grado di affrontare la traversata per Durazzo. Lo stabiliscono precise norme internazionali. A queste devono rispondere due diplomatici albanesi arrivati a Brindisi in serata. Salvatore Gentile

Persone citate: Agron, Artan Beyanem, Catenacci, Dervish, Enver Meta, Mustafà, Vogli