Bagnoli, il governo ci ripensa

Bagnoli, il governo ci ripensa La piazza protesta e De Mita annuncia; la decisione sarà presa a giugno Bagnoli, il governo ci ripensa Un incontro con Fracanzani e De Michelis - Varati due decreti per le zone di crisi: 3000 miliardi per 6500 posti di lavoro alternativi Un incontro con Fracanzani e De Michelis - Varati due decreti per le zone di crisi: 3000 miliarc I dipendenti avranno premi e incentivi per dimettersi ta tutto alla fine di giugno. La I sorte dello stabilimento è se- ROMA — Per Bagnoli sllt ta tutto alla fine di giugno. La sorte dello stabilimento è segnata o c'è la possibilità di tenerlo in vita con le proprie forze? Lo stabilirà autonomamente 11 governo Italiano. E' là novità più Importante emersa ieri dal Consiglio dei ministri che ha varato anche due decreti per la reindustrializzazione delle aree colpite dalla crisi siderurgica — Taranto, Napoli, Terni e Genova — e per facilitare l pensionamenti degli operai, in certi casi con cospicui incentivi monetari, fino a 50 milioni, nel Sud. Resta ora dà vedere come reagirà la Cee, che aveva posto come condizione agli aiuti concessi all'Italia la chiusura tassativa dell'altoforno: le avvisaglie non sono confortanti. «Non ci possono essere preconcetti ritenendo a priori valida l'ipotesi del mantenimento o della chiusura degli impianti. Occorre una verifica da fare secondo criteri di economicità e tenendo conto degli elementi interni e internazionali in vista di una decisione definitiva», ha dichiarato De Mita. Soddisfatti i sindacati e il pei per questo primo risultato che schiude uno spiraglio. L'intervento del presidente del Consiglio ha facilitato la conclusione, almeno per il momento, del braccio di ferro sotterraneo che opponeva il vicepresidente Gianni De stro delle Partecipazioni sta- tali Fracanzani, democristia- Michelis, socialista, e il ministro delle Partecipazioni statali Fracanzani, democristiano. Ieri mattina De Mita li ha visti insieme a Palazzo Chigi, prima del Consiglio dei ministri, e ha chiarito 1 punti di divergenza senza dar torto a nessuno, anche se alla fine sembra essere prevalsa l'impostazione di De Michelis, pur apprezzando lo sforzo negoziale compiuto a Bruxelles dal responsabile delle Partecipazioni statali: non può essere la Cee a stabilire la chiusura dell'altoforno di Bagnoli. Ora c'è il rischio serio di riaprire il contenzioso con ipartners comunitari. Un punto di chiarezza comunque, dopo settimane in cui hanno ballato mezze frasi, clausole verbalizzate ma di scarso contenuto legale, ambiguità di annunci trionfalistici. Sarebbe stato sufficiente che il chiarimento di ieri fosse arrivato qualche giorno fa per evitare la sollevazione degli operai di Napoli. Nei prossimi sei mesi il'governo. l'Uva e i sindacati dovranno valutare tutti gli elementi per stabilire se la cosiddetta «area a caldo» di Bagnoli, quella che produce i pani di acciaio da inviare al laminatoio che li trasforma in nastri utilizzati nell'industria dell'auto e degli elettrodomestici, sia economica o meno. Le linee di fondo esposte da De Michelis e da Fracan- zani divergono tuttora, dopo che i contrasti erano emersi nel Consiglio dei ministri del 21 dicembre, quando il confronto tra i due fu molto duro, come testimoniano i verbali della riunione: il primo ritiene che con i necessari sacrifici occupazionali, che ormai sono ineluttabili, Bagnoli è in grado di produrre acciaio senza perdite ulteriori; mentre il ministro ha confermato che esiste un documento dell'Uva secondo cui Bagnoli continua ad essere antieconomico e, fra l'altro, si dovrebbero,fare altri investimenti per circa 900 miliardi. Secondo ambienti sindacali, lUva avrebbe elaborato di recente ulteriori proiezioni: portando gli addetti dagli attuali 3400 a 1850, con una produzione come l'attuale di un milione e 200.000 tonnellate e con investimenti per 300-400 miliardi. Bagnoli già dalla fine del prossimo anno andrebbe, sia pure di poco, in attivo. Presupposto della sopravvivenza di Bagnoli resta, ovviamente, la richiesta di acciaio sui mercati mondiali che per ora si mantiene a ritmi tali che nessuno era in grado di pronosticare. "Lo stabilimento — ha dichiarato il ministro delle Partecipazioni statali — ha registrato in dieci anni di attività perdite per complessivi 1500 miliardi, in gran parte dovuti all'area fusoria. Nel 1987 le perdite sono ammontate a duecento miliardi e per lo slittamento di un anno della chiusura, cioè dal giugno '88 a quest'anno, Viri prevede un deficit di cento miliardi». Fra sei mesi — ha aggiunto Fracanzani — sapremo come stanno le cose e valuteremo il da farsi senza alcun preconcetto. Martedì, altra riunione nel governo e mercoledì con i sindacati. De Michelis ha posto un altro elemento di discussione conversando con i cronisti subito dopo la riunione di Palazzo Chigi: può un Paese industrializzato come l'Italia avere un solo «polo» produttivo siderurgico, cioè Taranto? D sistema — ha dichiarato — sarebbe molto vulnerabile verso l'import straniero, groalimentare; già oggi Ba gnoll rifornisce Taranto, eh come nella chimica, nell'agroalimentare: già oggi Bagnoli rifornisce Taranto, che non riesce a star dietro alla domanda che galoppa. «Se Bagnoli chiudesse oggi — spiega Agostino Conte, segretario nazionale della Uil— l'Italia dovrebbe importare due milioni di tonnellate di nastri d'acciaio, coils». Importanti i decreti, presentati da Francanzani e dal ministro del Lavoro Formica, per favorire l'esodo dei lavoratori in esubero nelle imprese siderurgiche a partecipazione statale e per la reindustrializzazione (alla quale sono destinati tremila miliardi) delle aree colpite dalla crisi: appunto Napoli, con progetti per 1070 miliardi e 4000 posti di lavoro; Taranto, Terni e Genova con 328 miliardi e 2304 nuovi posti. Per quanto riguarda gli ammortizzatori sociali, c'è la facoltà di prepensionamento per i lavoratori cinquantenni con un beneficio fino ad un massimo di dieci anni di anzianità ai fini del calcolo della pensione; la possibilità di liquidazione, in un'unica soluzione, di circa 50 milioni per i lavoratori che si dimettano e che intraprendano un'attiva autonoma o cooperativistica: la somma è il corrispondente di un massimo di 36 mensilità di trattamento di integrazione salariale, elevabile a 42 nel Mezzogiorno. Eugenio Palmieri lÉjp 1 \ I fri. v i- > bHHeÉB^. ^mSKm 1 Napoli. I vigili del fuoco al lavoro per spegnere le fiamme appiccate dai dimostranti ad un pullman (Telcfoto Ansa) I^Jà^^B^PPi^^^B^ '