Rivolta per Bagnoli, due ore di guerriglia

Rivolta per Bagnoli, due ore di guerriglia «L'altoforno non deve chiudere»: i caschi gialli incendiano 4 autobus e devastano la stazione di Napoli Rivolta per Bagnoli, due ore di guerriglia NAPOLI — «Eccoli, arrivano; grida nella ricetrasmittente il funzionario della questura. Eccoli, i caschi gialli di Bagnoli: sono tremila, attraversano a passo svelto piazza Garibaldi. Tre giorni fa avevano promesso la guerra, e ora avanzano in formazione militare verso la stazione ferroviaria, la stessa che hanno occupato martedì scorso. Tre gigantesche pale meccaniche precedono il corteo: muovono su e giù i lunghi 'bracci d'acciaio, che percuotono il selciato con ritmo ossessionante. Per un paio d'ore i tremila dell'lt alsider hanno fatto respirare alla città il fumo denso e acre degli autobus incendiati, mentre il centro di Napoli è rimasto immerso in una cupa atmosfera di paura. Ora piombano nella stazione fracassando vetrine, rovesciando carrelli elettrici sui binari, prendendo a sassate i treni in partenza. La polizia non' interviene: gli agenti sono in assetto di guerra, ma osservano a di¬ stanza i dimostranti. «Se caricassimo sarebbe un macello', spiega un vicequestore, che con l'aiuto dei sindacalisti riesce finalmente a convincere gli operai a lasciare la stazione. Il bilancio di questo giovedì nero preannunciato da giorni è possibile solo nel pomerìggio: quattro autobus dell'Alan in fiamme, danni per centinaia di milioni alla stazione, tre persone fermate dalla polizia e rilasciate in serata. Sono disoccupati del 'Movimento di lotta per il lavoro» che sfilavano in coda al corteo. Vittorio Di Capua, leader della Fiom, dice che quanto è successo è frutto dell'esasperazione dei caschi gialli che si sentono traditi. 'E'la risposta comprensibile alfa violenza che da anni la classe operaia napoletana subisce dal governo. E' la reazione dei lavoratori contro chi ha deciso proditoriamente di decretare la morte della loro fabbrica', dice. La lunga marcia dei tremi¬ la caschi gialli comincia alle 9,30. L'appuntamento è in piazza Vittoria, a due passi dai lussuosi alberghi del lungomare. E' qui che sì forma il corteo, ed è qui che comincia «ta guerra» annunciata tre giorni fa dagli operai che l'hanno giurata al ministro Fracanzani, -che vuole colpire il cuore della fabbrica-. 'L'altoforno non chiuderà, nè a giugno né mai. Il gover¬ no dovrà ridiscutere le decisioni della Cee, altrimenti venderemo cara la pelle», è la parola d'ordine lanciata attraverso il megafono da Aldo Velo, del consiglio di fabbrica. Il corteo che avanza lentamente in via Santa Lucia è attraversato da lunghi brividi di tensione. -Ribellione, ribellione', ruggiscono i caschi gialli mentre passano davan- ti al palazzo della Regione Campania, lo stesso che devastarono sette mesi fa. Qualcosa sta per accadere. Ma dove, e quando, nessuno sembra saperlo, tra i tanti poliziotti in borghese che si guardano intorno preoccupati. 'In giro ci sono troppi bastoni, e troppe facce sono nascoste dai fazzoletti — mormora uno di loro —. E poi, nel corteo abbiamo notato personaggi che con la fabbrica non hanno nulla a che fare: ex leader delta vecchia Autonomia». Ma basta dare un'occhiata ai volti tesi degli operai di Bagnoli per capire che la rabbia sta per esplodere senza che nessuno debba soffiare sul fuoco. E la violenza divampa, improvvisa, davanti all'antico e maestoso Teatro San Carlo. A fame le spese è un vecchio pullman di linea, che 1 dimostranti fermano costringendo passeggeri e conducente a scendere. In un attimo il bus, messo di traverso sulla strada-per bloccare il traffico, è avvolto dalle fiamme. E' il segnale della rivolta: il corteo, protetto dalle pale meccaniche, attraversa in fretta la piazza del Municipio e imbocca via Depretis, incendiando altri due autobus. 'Chiurite, calate 'e serrande, che qua scassiamo tutto», urla un operaio ai commercianti, alcuni dei quali si affrettano ad abbassare le saracinesche. Ma i delegati di fabbrica buttano acqua sul fuoco: 'Non ce l'abbiamo con voi», dicono ai negozianti, e invitano alla calma. Anche poliziotti e carabinieri sembrano tranquilli. Mai come oggi obbediscono all'ordine di non intervenire. Si limitano a precedere i caschi gialli, deviando il traffico, allontanando donne è bambini. E' come se là città si ritirasse davanti ai tremila operai che marciano comFul «rio Mitene (Continua a pagina 2 In quinta colonna)

Persone citate: Aldo Velo, Fracanzani, Vittorio Di Capua

Luoghi citati: Campania, Napoli