Le Regioni «Ridurre i pesticidi»

Le Regioni:«Ridurre i pesticidi» Atrazina nell'acqua, amministratori d'accordo con il ministro Donat-Cattin Le Regioni:«Ridurre i pesticidi» «Necessario limitare l'uso dei fitofarmaci nelle zone a rischio» - «Aspettiamo da due anni i finanziamenti dello Stato per il disinquinamento» «I progetti sono fermi a Roma» ROMA — Non sono piaciute a molti amministratori le dichiarazioni del ministro della Sanità Carlo DonatCattin sullo scarso impegno delle Regioni contro l'inquinamento da diserbanti delle acque potabili. E così gli assessori rilanciano le accuse: ■E'lui che ha prorogato limiti più "tolleranti" rispetto alla direttiva Cee, già recepita dal governo. Per due anni i nostri progetti non hanno ricevuto risposte». Mentre divampano le polemiche, martedì prossimo i presidenti delle Regioni Piemonte, Lombardia, Emilia, Veneto, Marche e Friuli sono stati convocati dal ministro per le Regioni Antonio Maccanico. Un summit per l'ennesima emergenza, con centinaia di Comuni (che servono oltre due milioni di utenti) che utilizzano acqua inquinata da atrazina, bentazone, molinate. Le Regioni chiederanno finanziamenti ai loro progetti per porre un primo rimedio all'emergenza ecologica. Ma vogliono che venga anche ridotto l'uso di sostanze chimiche e pesticidi in agricoltura, prodotti accusati di avvelenare pozzi e acquedotti. Contemporaneamente alla riunione di Roma, a Milano (nella sede regionale del gruppo Verde), ci sarà un incontro tra i consiglieri verdi e ambientalisti delle sei Regioni interessate al problema, •per cercare una stategia comune, anche perché un po' ovunque esistono inquinamenti prodotti da altre sostanze'. Cosa pensano gli assessori delle accuse di Donat-Cattin? -Il ministro farebbe meglio a lacere, poiché è uno dei colpevoli della legalizzazione dei veleni — risponde Elettra Cernetti, assessore al risanamento delle acque del Piemonte — è facile accusare le Regioni. Da tempo abbiamo inviato al governo un piano sulla situazione piemontese, dove 53 Comuni che servono 260 mila abitanti sarebbero fuori legge. Ogni centro abitato è stato schedato. Abbiamo avuto solo una manciata di miliardi per ac¬ quedotti e fognature^. Prosegue Cernetti "DonatCatlin ha rinnovato i limiti di compatibilità dei veleni in contrasto con il ministro dell'Ambiente: Aggiunge l'assessore: -Basta con le pezze e le proroghe. Non c'è più tempo da perdere. Nelle zone più inquinate deve essere vietato l'uso dei filofarmaci, che dovrebbero essere ridotti anche nelle altre zone'. A quanto pare in Piemonte il consumo dei diserbanti ha raggiunto il tetto di 7,2 chili per ettaro, mentre per i pesticidi siamo a 2,2 chili Cernetti apre una polemica col collega Emilio Lombardi, assessore all'agricoltura: «Ma perché tace in questo momento così difficile? Forse ha paura di perdere voti? Iprodotti chimici vanno ridotti: servono per superproduzioni». Martedì scorso l'assessore Cernetti ha chiesto in giunta 20 miliardi per affrontare l'emergenza degli acquedotti: le hanno risposto di no, perché non è possibile sfondare il tetto dei 140 miliardi. Dal Piemonte all'Emilia, altra area inquinata. -La polemica dello scaricabarile è una logica che non dà risultati — dice Giusepppe Gavioii, assessore all'Ambiente —; già due anni fa abbiamo inviato al governo progetti di risanamento ambientale per 55 miliardi. Anche Donat-Cattin aveva dato il suo parere favorevole. Abbiamo proposto interventi di risanamento con i carboni attivi e ci sono stati dei miglioramenti, specialmente nel Ferrarese'. Precisa Gavioli.' "Chiederemo interventi rapidi sugli acquedotti inquinati. Ma vogliamo anche una riduzione degli erbicidi, quindi un ampliamento della lotta biologica integrata, con un'organizzazione produttiva.nuova, n tutto nell'ambito del piano di risanamento del bacino padano, come concordato con le altre Regioni: Conclude l'assessore emiliano: "Come Regione abbiamo stabilito il limite di 0,5 microgrammi di atrazina, bentazone e molinate nell'ac¬ qua. Però vogliamo allinearci presto alla direttiva Cee di 0,1. Ci servono attrezzature: Nelle Marche sono 280 mila le persone coivolte nell'emergenza atrazina. «72 ministro — afferma Emidio Massi, presidente della Regione — non può rimproverarci poiché gli impegni governativi non sono stati attuati. Le responsabilità non sono solo nostre. Vogliamo avere depuratori, nuovi acquedotti. Nella zone di captazione delle acque vieteremo l'uso di fitofarmaci e fertilizzanti, con la dissuasione di questi prodotti: Anche dal Friuli-Venezia Giulia si respingono le accuse di Donat-Cattin. "Non c'è stata disattenzione su problemi legati all'inquinamento da pesticidi — precisa un comunicato della giunta regionale —poiché li avevamo già proibiti nell'86: Giuliano Delfini E i tecnici cercano il «dosaggio minimo» ROMA — La Cee aprirà presto una «procedura d'infrazione» contro l'Italia, accusata di non rispettare 1 limiti comunitari sulle acque potabili. Secondo le fonti comunitarie che da Bruxelles hanno divulgato la notizia, la decisione sarebbe stata presa prima che il governo italiano prorogasse le deroghe alle direttive europee sulla presenza di atrazina, bentazone e molinate negli acquedotti. L'Italia non è la sola ad essere perseguita. Deroghe dai rigidissimi valori comunitari sono state chieste da molti altri Paesi fra cui Gran Bretagna e Francia mentre sotto le pressioni dei \ colossi della chimica si fa strada la tendenza a mitigare quelle percentuali, accettando invece i limiti tossicologici per ogni sostanza fissati dall'Organizzazione Mondiale della Sa¬ nità. Come si tenta di fare anche in Italia per giustificare le soglie più alte. "In realtà l'Oms ha solo stabilito dei valori limite oltre i quali quelle sostanze sono sicuramente tossiche», spiega il professor Romano Zito, tossicologo all'Ospedale Regina Elena di Roma. -La Cee ha fatto invece valere il principio che l'acqua debba contenere soltanto sostanze -naturali» e non altre. Un principio giustissimo che sarebbe gravissimo abbandonare — aggiunge — Se poi non si riesce a farlo rispettare, meglio mare il sistema delle deroghe, insieme all'impegno a modificare sul serio la situazione». Proprio questo è il nocciolo della questione. I famigerati diserbanti sono infatti essenziali alla coltivazione del riso e del granoturco, almeno nel modo intensivo, prevalente negli ultimi decenni. Su questo punto concordano tutti, dagli agronomi più tradizionali agli ecologisti ai coltivatori diretti che da anni combattono contro le «malerbe» armati di atrazine. e delle varie miscele che ultimamente tendono a sostituirle. «72 diserbante chimico è indispensabile — afferma Lucio Toluolo, direttore del centro per lo studio dei diserbanti all'università di Padova —. Quello che si può fare è razionalizzarne l'uso in modo da limitarlo al minimo indispensabile». In che modo? Studiando il ciclo biologico delle «malerbe» per esempio, come si fa al centro di Padova Da questo esame sì può capire «quando» è indispensabile intervenire evitando irrorazioni a pioggia in qualsiasi stagione. Analizzando la fisiologia di ogni tipo di pianta si può in- dividuare il «dosaggio minimo». Finora si è rimasti su un piano sperimentale. La lotta biologica spetta invece agli entomologi. Ma combattere le erbe infestanti facendole divorare da insetti adatti è una strada recente, e qui l'Italia è ancora indietro. "Le condizioni ambientali, con estensioni dì terreni coltivati relativamente piccole, non ci favoriscono' commenta Roberto Mazzoni, ricercatore all'università Cattolica di Piacenza. "In più le malerbe del nostro mais e del nostro riso sono quasi tutte indigene, assuefatte da anni alla presenza di qualsiasi insetto. Quando si tratta di erbe "importate", trovare gli antagonisti diventa più semplice, come è accaduto in Australia». A Piacenza si fanno test di selettività su vari campioni, ma i risultati sono lontani. Per Cesare Donnauser, ricercatore dell'Ispe ed esperto in agronomia della lega Ambiente, l'unico vero rimedio è il ritorno, in chiave moderna, a un'agricoltura integrata che ristabilizzi la «rotazione» delle colture e la combini con l'allevamento del bestiame. «La monocoltura non può fare a meno della chimica, depaupera il terreno e produce accanto a sé le zoopoli ultrainquinanti» è il parere di Donnauser. Un tempo sul campo che aveva visto crescere il granoturco l'anno dopo si piantavano i fagioli o il trifoglio per le vacche. "Bisogna ricomporre questo tessuto su basi moderne». E' possibile? Secondo il ricercatore dell'Ispe sì, con adeguati servizi di assistenza tecnica agli agricoltori, di sviluppo alle imprese e sovvenzioni pubbliche mirate. «Per l'agricoltura integrata l'ex ministro Pandori nel 1987 aveva,stanziato215miliardì. vìa cilrisulia che solo l'Emilia Romagna abbia varato un'piano organico». Per il professor Toniolo la rotazione del mais la si comincia già a fare, con la soia. «Afa perché conviene. L'agricoltura biologica? Va benissimo, purché porti un profitto agli agricoltori: m.g.b.