L'universo brigatista di Rebibbia

L'universo brigatista di Rebibbia Tre generazioni di terroristi nel carcere romano: conflitti e gravi tensioni L'universo brigatista di Rebibbia C'è il gruppo di Curcio e Moretti che giudica chiusa la lotta armata - Ci sono gli irriducibili di Giovanni Senzani - E poi le nuove leve dell'omicidio Ruffilli - In questo ambiente potrebbe essere maturato l'agguato al vice-direttore De Luca ROMA — «Se l'attentato è dovuto alle Brigate rosse, come sembra, l'unica ipotesi che io mi sentirei di fare è che probabilmente si tratta dell'azione di una delle frange più dure. Frange di irriducibili, appoggiate naturalmente ai latitanti che stanno fuori, come reazione contro un profondo ripensamento che si sta diffondendo, io credo fortunatamenu. Sii riferisco alle prese di posinone del gruppo di Curcio e Moretti; probabilmente queste suscitano le reazioni dure, violente e sanguinarie». Nicolò Amato, direttore generale degli istituti di prevenzione e pena, ha commentato così, a caldo, l'attentato al vice-direttore di Rebibbia Egidio De Luca. E' quindi il carcere l'orizzonte in cui si cercano le ragioni di questo strano agguato, di cui gli investigatori non ritengono certa nemmeno la matrice terroristica. Il penitenziario di Rebibbia, uno dei più grandi d'Italia, ha ospitato per oltre un anno e mezzo, fino all'autunno scorso, l'intero universo brigatista, trasferito a Roma per la celebrazione del maxiprocesso Moro-ter. Dietro quelle sbarre sì sono trasferiti l'intero «partito armato» e tutti i conflitti che ormai lo hanno insanabilmente spaccato in mille pezzi. Secondo gli inquirenti — chiunque possa aver sparato a De Luca —, le Brigate rosse autentiche sono lì, e combattono lì dentro le loro ultime battaglie. C'è il gruppo dei proto-terroristi, quello di Renato Curcio cui si sono aggiunti Mario Moretti, Barbara Balzerani e altri brigatisti dell'epoca del sequestro Moro. Sono loro, come ha ricordato Amato, che dopo la stagione della dissociazione hanno aperto un'altra breccia, giudicando definitivamente chiusa l'esperienza della lotta armata. Nelle gabbie delle aule di giustizia e nelle celle del carcere, i principali avversari di questa fazione sono i «duri» che si radunano intorno a Giovanni Senzani, il criminologo che ha condotto 1 sequestri Cirillo, D'Urso e Peci. Si tratta dei militanti del «partito guerriglia», che hanno continuato a rivendicare la validità della scelta terroristica. Col gruppo di Curcio e Moretti gli scontri verbali sono stati innumerevoli, e in autunno qualcuno è passato alle vie di fatto: un detenuto appartenente all'area di Curcio ha picchiato violentemente Senzani, che adesso è stato trasferito in un altro carcere. Gli operatori carcerari raccontano che a Rebibbia, a causa di questi contrasti, il clima negli ultimi mesi si è fatto davvero pesante. Ed è cominciata a circolare la paura di qualche azione che potesse portare all'esterno le contrapposizioni fra i brigatisti detenuti. Timori che sembrano coincidere con la chiave di lettura del feri¬ mento De Luca indicata dal presidente Amato: si è voluta colpire l'istituzione carcere, dove alcuni terroristi hanno cominciato a dialogare con quello Stato che un tempo volevano abbattere, per dire che nessuna «pacificazione» è possibile. Con questa interpretazione i sospetti cadono sul gruppo di Senzani, per il quale Egidio De Luca è una vecchia conoscenza, n vice-direttore di Rebibbia lavorava infatti col giudice D'Urso, quando questi fu rapito nel 1980, all'ufficio del ministero della Giustizia che si occupava dei trasferimenti dei terroristi. Dagli «interrogatori» cui fu sottoposto il magistrato, le Br vennero a conoscenza del¬ l'Intero organigramma del suo staff. De Luca come altri funzionari, chiese di essere trasferito. Andò così al ministero degli Esteri, e solo all'inizio del 1988 fu richiamato da quello della Giustizia per occupare la poltrona di vice-direttore di Rebibbia De Luca accettò, anche se di malavoglia, e il suo destino incrociò nuovamente quello di Senzani quando si trovò a censurargli la corrispondenza. Nelle ultime settimane, lo scontro fra i «duri» e quei terroristi che invece hanno scelto la strada del dialogo si è arricchito di nuovi motivi. La lettera inviata da Curcio al congresso dei giovani comunisti, a dicembre, non dev'essere piaciuta a chi continua a teorizzare guerriglia e lotta armata Cosi come, alla fine di ottobre, non dev'essergli piaciuta la presa di posizione di un'altra frangia delle Br (Prospero Gallinari, Bruno Seghetti, Paolo Cassetta, Maurizio Locusta), quella che ha fondato l'Unione dèi comunisti combattenti. Per ultimi, a Rebibbia sono arrivati i terroristi accusati di aver ucciso il senatore Ruffilli, residui della fazione «Partito comunista combattente». Hanno lanciato molti proclami per la costituzione di un «fronte comune antiimperialista» con le organizzazioni di altri Paesi europei. Ma nella guerra del carcere questo scampolo di «irriducibili» non ha ancora preso posizione, gio. bia. Tivoli (Roma). Egidio De Luca ieri mattina in ospedale (Telefoto Associated Press)

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