Nairobi ordina sparate a vista sui bracconieri

Nairobi ordina: sparate a vista sui bracconieri Per salvare elefanti e rinoceronti, si apre la «caccia all'uomo» - Ma l'Occidente non riduce l'import di avorio Nairobi ordina: sparate a vista sui bracconieri NOSTRO SERVIZIO NAIROBI — Le forze dì sicurezza del Kenya hanno ucciso nei giorni scoisi sei bracconieri nel parco nazionale di Tsavo facendo salire a undici «il numero dei banditi abbattuti dalla forza anti-bracconaggio dopo la dichiarazione di guerra del governo», scrive con soddisfazione il Kenya Times, quotidiano ufficiale del partito unico. L'ordine è stato dato dal capo dello Stato in persona. Tutti i funzionari dei parchi nazionali che avvistino bracconieri sono invitati a «sparare a vista», aveva detto il 13 settembre scorso il presidente Daniel Arap Moi. La caccia all'uomo è aperta. I razziatori sono dunque avvertiti. I grossi gruppi che formano le diverse associazioni per la difesa della natura — in particolare la celebre East African Wildlife Society, diretta dal professor Richard Leakey — non sono più i soli a dare l'allarme. I massacri di elefanti e rinoceronti cominciano a preoccupare anche le agenzie turistiche. É negli ambienti politici si parla apertamente del bracconaggio come di un «problema di sicurezza nazionale». «La maggior parte dei bracconieri arriva dalla Sovialia. Varcano a piedi la frontiera, già armati. Sono uomini ben allenati, molti sono disertori dall'esercito somalo», assicura un funzionario kenyota «Gente abituata alla guerra di guerriglia, che sa sopravvivere nella boscaglia, al contrario dei kenyoti. Quando sono a corto di viveri, saccheggiano qualche villaggio o rubano qualche capo di bestiame. Guardie e agenti di polizia non fanno in tempo ad acciuffarli. Sono anche sfrontati: a volte domandano persino quale strada devono prendere. Apertamente: chiedono la direzione per Tsavo e se ne vanno», sospira il funzionario. Ma la «sfrontatezza» di cui danno prova le bande dì bracconieri non è il loro solo atout. Senza solidi appoggi locali, anche la banda meglio armata, la meglio preparata e la più forte di numero (la stampa kenyota parla di un gruppo dì almeno novanta uomini intercettato di recente a Tsavo), in una parola la più «professionale», non potrebbe uscire dal Paese con il bottino. E, certamente, i bracconieri che oggi decimano la fauna kenyota hanno poco in comune con i «Raboliot» locali, e meno ancora con i giovani guerrieri masai che uccidono un leone con un colpo di lancia. Finora le autorità hanno voluto fare luce soltanto sul ; fatto che i bracconieri arrivano da mori. A sentire alcuni politici, le frontiere del Nord (Somalia e Etiopia) sarebbero dei veri colabrodi. «Questi stranieri riescono a ottenere tutta la documentazione necessaria — carte di identità, certificati di nascita, passaporti — con mezzi disonesti», rivelava dì recente un gruppo di deputati delle province del Nord-Est del Kenya. Ma è la corruzione la vera cancrena della re¬ gione di confine: secondo quegli stessi parlamentari, gli «stranieri» in questione sarebbero anche legati al movimento politico clandestino Mwakenya, bestia nera del regime. I «secondi coltelli» usati dalla mafia dell'avorio si vedono così promossi al rango dì «sovversivi». Gli stranieri, già sospettati, i massacratori di elefanti e rinoceronti, denunciati dal presidente Arap Moi come coloro che dilapidano «la più beila ere¬ dità del Kenya» e gli oppositori polìtici, i cui ritratti vengono bruciati durante i grandi raduni popolari del partito, tutta questa gente si ritrova oggi nello stesso mazzo. I «banditi» che vengono dalla Somalia non devono tuttavìa «essere confusi con i kenyoti originari della tribù somala», che sono «neri patrioti, fedeli al governo», dicono i deputati. Tra i più illustri di questi «veri patrioti» figura l'attuale comandante in capo delle forze armate, Mahmud Mohamed, membro dell'etnia somala, promosso nel 1986 da Arap Moi. L'esercito resta dunque al di sopra di ogni sospetto. Soltanto il settimanale Financial Review si è permesso, in un recente numero, una piccola insolenza: In copertina si vedeva una banda di guardie in uniforme che massacrava allegramente un branco di elefanti, mentre un elicottero volteggiava sulle loro teste per «controllare» l'operazione. u parco di Tsavo, il più vasto del Kenya, contava 24 mila elefanti nel 1969. Secondo le ultime stime ufficiali, nel febbraio '88 non ce n'erano più di 4327. Quanto ai rinoceronti, cacciati per i loro comi, il loro numero è sceso in modo vertiginoso: dei 600 censiti nel 1970, il parco di Tsavo oggi non ne conta più di trenta. Più gli animali ricercati si fanno rari, più i bracconieri diventano audaci: il faccia-a-faccia tra turisti e bande dì bracconieri rischia dunque di ripetersi come avvenne in settembre nel parco di Méru. Un'eventualità che preoccupa i dirigenti kenyoti, essendo il turismo la prima fonte di valuta straniera. •Si biasimano sempre i governanti africani. La gente dovrebbe però rendersi conto che, nella storia del traffico di avorio, un terzo soltanto dello spettacolo si svolge qui: il resto avviene a Hong Kong, New York, Dubai e Tokyo...», borbotta un universitario di Nairobi. La maggior parte degli specialisti della fauna africana è d'accordo nel riconoscere inefficace il sistema di quota deciso nell'84. «Se gli Usa adottassero una moratoria sulle importazioni di avorio, ciò non basterebbe a stoppare il traffico internazionale. Ma lo renderebbe certamente meno lucroso», suggeriva in giugno a Washington Douglas Hamilton, uno dei più grandi specialisti mondiali di elefanti. Catherine Simon Copyright «Le Monde» c per l'Italia «La Siampn» SUDAN c Ferrovia ..Contine provinciale Capitile Oi itelo Capoluogo di Provincie km 300

Persone citate: African, Arap Moi, Catherine Simon, Daniel Arap Moi, Kenya, Mahmud Mohamed, Richard Leakey, Washington Douglas Hamilton