La strana sfida di Aldo Rizzo

La strana sfida La strana sfida Con lo scontro aereo di ieri, e cominciato il terzo round di un duello ormai antico tra il presidente degli Stati Uniti, Ronald Rcagan, e l'awcnturo; so leader libico, Muammar Gheddafi. Le circostanze dello scontro nel cielo del Mcditerra- nco non sono tali da poter dire con esattezza chi ha ragione e chi ha torto; ma questo genere di giudizi conta poco, quando il confronto si accende oltre il livello di guardia. Diciamo che, da parte libica, c'è stato un avventurismo, appunto, un po' ingenuo; da parte americana, la determinazione di colpire, per un avvertimento più generale. Strano duello, questo tra Reagan e Gheddafi (gli altri due round si svolsero otto e tre anni fa, tra le battaglie aeree sul Golfo della Sirte e il bombardamento di Tripoli e Bengasi). Il capo della prima superpotenza contro il leader di un minuscolo Stato, lontano migliaia di miglia dall'America. Ma il secondo non ha mai fatto mistero, a parte le altalene tattiche, di voler promuovere una crociata contro il primo, incoraggiando, se non fomentando, ogni fermento antiamericano nel Terzo Mondo, e scoraggiando, se non sabotando, ogni prospettiva di pace nel Medio Oriente. E il primo, cioè Rcagan, ha reagito con un nervosismo di cui altre volte non ha dato prova, arrivando quasi a demonizzare l'avversario e ad attribuirgli responsabilità non sempre sue, o soltanto sue. Si sarebbe tentati di dire che c'è ormai qualcosa di personale nell'animosità del Presidente, il qui'1-1 al momento di uscire di scena, non resiste alla tentazione di un altro colpo, di un ultimo colpo. Ma, naturalmente, c'è dell'altro. C'è, per cominciare, l'inquietante questione della fabbrica chimica di Rabta, della quale si vorrebbe ammettere la natura pacifica, se non fosse, almeno, per le rampe di missili Sam-7predisposte a proteggerla (da chi? dai fornitori delle farmacie?). Inutile dire che l'introduzione delle armi chimiche, già usate massicciamente dall'Iraq nella guerra con l'Iran, nell'area della crisi arabo israeliana, e proprio nel mo mento in cui si apre una prò spettiva nuova col dialogo UsaOlp, avrebbe un effetto sconvolgente: qualcosa ' che, giustamente, gli Stati Uniti (Bush non meno di Reagan) non possono accettare. E poi c'è, sempre in relazione alla fase nuova dell'Olp, e con l'evidente intenzione di sabotarla, la ripresa del terrori smo. Che Gheddafi c'entri con lo spaventoso attentato al Jumbo della Pan Am non è dimostrato, e forse non è dimostrabile. Ma sono dimostrati i buoni rapporti, per così dire, tra il leader libico e le organizzazioni estremiste e sanguinarie del movimento palestinese: protette anche, bisogna aggiungere, o sospettare, da Paesi come la Si ria e l'Iran. E i morti del Jumbo erano, in larga maggioranza, morti americani. Detto questo, nessuno può approvare a cuor leggero la logica delle rappresaglie. Seguendo sempre e soltanto questa logica, Israele ha finito per isolarsi nel mondo. Per l'America è diverso: la sua strategia è ben più articolata, anche se non sempre lineare, e l'uso della forza (o della pressione militare, se si preferisce l'eufemismo) ne è soltanto una delle componenti. Ma valgono anche per la superpotenza i rischi di una politica delle spedizioni punitivi, quando potrebbe essere più utile e produccnte sfruttare gli errori e le colpe dell'avversario per isolarlo politicamente. Questo è, in generale, il giudizio dell'Europa, che giustamente chiede che sia la Conferenza internazionale di Parigi del 7 gennaio ad accertare cosa davvero ci sia, o sia in cantiere, nella misteriosa fabbrica di Rabta. Oltretutto, l'Europa si vede insieme coinvolta e scavalcata in una crisi alle porte di casa. Ma quante colpe ha anche l'Europa. Colpe politiche, come l'incapacità di assumere un atteggiamento efficace e incisivo verso la crisi mediorientale, al di là delle dichiarazioni di principio, tipo Venezia 1980 (tant'è vero che la mediazione tra Usa e Olp è stata condotta da un Paese extracomunitario, la nordica Svezia). E colpe d'altro genere, legate a quella che, da t'rcnt'anni, appare la sola e vera vocazione europea, la vocazione mercantile. Quali che siano le responsabilità specifiche di questa o quella impresa europea nella costruzione dell'impianto di Rabta, resta che, da decenni ormai, la corsa tedesca, francese, italiana ai mercati mediterranei e mediorientali è andata sempre meno per il sottile, spesso superando il confine tra lecito e illecito, nel campo chimico come in quello nucleare. Una simile Europa non ha molto da dire all'America, specie quando questa diventa nervosa. Aldo Rizzo

Persone citate: Bush, Gheddafi, Muammar Gheddafi, Reagan, Ronald Rcagan