E l'Italia tornò quinta

E l'Italia tornò quinta Nuove classifiche del Fondo monetario sui Paesi industrializzati E l'Italia tornò quinta E' stata sorpassata nel 1986 da Londra sulla base dei calcoli della Comunità europea, è tornata a superare l'Inghilterra nell'87 grazie alle cifre del prodotto lordo - Anche tra i partiti è polemica ROMA — Ma chi è più ricca: Roma o Londra? Ieri l'altro sono stati diffusi i dati Istat, secondo 1 quali l'Inghilterra nell'86 avrebbe «risorpassato» l'Italia, salendo dal sesto al quinto posto. Lo scettro di «quinta potenza» per l'Italia, insomma, sarebbe durato solo un anno. Ma è cosi? A rovesciare le sorti dello scontro statistico sono bastati i dati del Fondo monetario internazionale. Ebbene secondo questi dati l'Italia nell'87 sembra già aver «riconquistato» di slancio il quinto posto nella classifica del prodotto interno lordo del «gruppo del sette», sopravanzando nettamente il Regno Unito: l'annunciato «risorpasso» britannico—relativo al 1986 e basato su un diverso calcolo monetario — sarebbe quindi effimero. Un fatto questo, sottolineato ieri dal quotidiano de II popolo, in polemica con un giudizio espresso dall'organo del pli, L'Opinione, secondo cui il sorpasso italiano alia «perfida Albione» sarebbe stato solo un sogno, nulla più, visto il gap che separa i due Paesi. Ma veniamo alle cifre. La graduatoria aggiornata dei sette maggiori Paesi industrializzati è fornita dai dati del Pondo monetario, secondo cui nel 1987 il pil dell'Italia è ammontato a 758,1 miliardi di dollari (pari a 982 mila miliardi di lire) contro i 669,5 miliardi di dollari (408,55 miliardi di sterline) del Regno Unito. Le cifre del «testa a testa» italo-britannico, che non esauriscono certamente il complesso confronto globale fra due economie sviluppate, sono state ottenute convertendo in dollari i dati Fmi in monete nazionali ai tassi medi di cambio della divisa statunitense nel 1987. In realtà già gli stessi dati 1986 contenuti nell'annuario Istat sull'ammontare del pil a prezzi costanti (valore 1980). «conservavano» l'Italia di stretta misura al quinto posto davanti al Regno Unito. n «metro» che ha fatto perdere all'Italia il rango di quinta potenza, a vantaggio della Gran Bretagna, è invece lo Spa (Standard di potere d'acquisto) adottato dalla Ce e per consentire confronti «reali» fra le economie dei Paesi membri. Definito, con larga approssimazione, un «Ecu in valori reali», lo Spa permette un raffronto fra 1 pil del partner comunitari sterilizzando l'influenza fuorviante dei prezzi. Ciò significa che lo Spa consente di valutare il prodotto di una nazione in termini di quantità effettive. Convertire, invece, i valori nazionali dei singoli pil (basandosi su quelli espressi nelle singole divise) in una moneta unica che utilizza il cambio medio annuo significa, secondo alcuni esperti, esporsi a rilevanti distorsioni. La più evidente di queste è dovuta al confronto fra i pil di Paesi con diversi tassi d'inflazione. Pil a parte, il «balletto delle cifre» può continuare, producendo classifiche differenti a seconda degli indicatori presi in considerazione: sempre dai dati contenuti nell'annuario Istat provengono «verdetti» contraddittori (ora rassicuranti ora meno) suir «Azienda Italia». Se infatti Londra precede Roma nella graduatoria 1986 del prodotto interno lordo per abitante con 14.158 «standard di potere d'acquisto» contro 14.037 (i due Paesi sono rispettivamente al sesto e settimo posto nella Cee), Roma si prende una «rivìncita» nella categoria dei redditi prò capite da lavoro dipendente. In quest'ultima classifica, l'Italia figura al quinto posto nella Comunità europea (dietro Paesi Bassi, Lussemburgo, Belgio e Francia) con 23.464 «standard di potere d'acquisto» mentre il Regno Unito naviga in ottava piazza a quota 20.546. r. e. s.