Grappa é solo italiana le altre cambino nome di Luciano Curino

Grappa é solo italiana le altre cambino nome Ratificate dalla Cee le norme sul distillato Grappa é solo italiana le altre cambino nome Finora all'estero poteva essere prodotta da chiunque Nel mondo dei superalcolici la grappa, fino a qualche giorno fa, era praticamente una figlia illegittima, senza fissa dimora. Cognac , whishy, vodka e altra roba forte avevano una patria ed erano tutelati. La grappa era senza carta d'identità, indifesa. Distillato italiano per eccellenza, all'estero chiunque poteva produrre grappa e venderla con la propria etichetta, e lo faceva tranquillamente. Adesso non più. La Cee ha finalmente dato alla grappa stato giuridico, come i più nobili distillati. Il codice europeo dei superalcolici, ratificato a Bruxelles, stabilisce che si chiama grappa soltanto il distillato di vinaccia italiano. Un riconoscimento che conferma l'ascesa sociale della grappa. Fino a non molti anni fa si trovava solo in fumose osterie di paese. Basso prezzo e grande forza di riscaldamento. Ogni regione chiamava la grappa a modo suo: branda, sgnapa, graspa, RI fer, che vuol dire filo di ferro, perché pare che i distillatori clandestini sotterrassero le bottiglie e per ritrovarle vi legassero al collo un filo di ferro che sporgeva dal terreno. Era un prodotto povero in bottiglioni con etichetta rudimentale, che faceva pensare a bevute di alpini e di carrettieri. Una profonda operazione di rinnovamento su tutti i fronti (materia prima, prodotto, confezione, immagine e diffusione) ha ingentilito la rude grappa, ne ha fatto un distillato nobile, che è arrivato nelle migliori enoteche ed è entrato nei salotti buoni. Ce ne sono che costano un occhio. Una costa 780 mila lire la bottiglia, che è un po' meno di tre quarti di litro. E' la friulana Ue di Picolit Nonino-Baccarat, prodotta qualche settimana prima di Natale. Sono soltanto 534 le bottiglie. Più che grappa è corretto dire acquavite d'uva. Nel terribile dialetto friulano ue vuol dire uva. Picolit è il vitigno più raro del Friuli. Nonino è il nome del produttore. Le bottiglie, numerate e firmate, sono uscite dalle cristallerie francesi Baccarat, da due secoli le più prestigiose nella lavorazione del cristallo, designer l'architetto Vattolo, tappo d'argento. Gianola Nonino, nota come «nostra signora della grappa», dice che queste bottiglie sono andate a Fauchon di Parigi, ad Harrods di Londra, a Le Cirque di New York, alle enoteche più esclusive del mondo, e subito vendute. Si può capire che siano andate a ruba. E' roba per collezionisti. Le 656 bottiglie di Ue di Picolit Nonino vendute quattro anni fa a 320 mila lire l'una (allora opera della Venini, la più grande famiglia di vetrai veneziani) sono oggi quotate due milioni e mezzo. "Erano Ire anni che chiedevamo che l'origine e la denominazione della grappa fossero tutelate-, dice Gianola Nonino. "Ora chiediamo che il ministero dell'Agricoltura si decida a fare una legge che difenda il prodotto grappa in Italia, obbligando tutti a fare un distillato di qualità e non una bevanda per mangiatori dì fuoco». Una legge che stabilisca il termine massimo di distillazione perché la vinaccia, essendo una materia povera, dovrebbe essere distillata fresca, al massimo entro gennaio, mentre oggi accade che molti utilizzano vecchie vinacce secche co¬ me segatura. Un'altra cosa fondamentale. Che sull'etichetta risulti il nome del distillatore, non solo di chi imbottiglia. E dovrà essere indicato anche se la grappa è stata distillata con apparecchio tradizionale discontinuo, in cui è determinante l'intervento dell'uomo, o con apparecchio industriale continuo, che dà un prodotto scadente. Inoltre, certe grappe sono etichettate come monovitigno, ma nessuno va a controllare se effettivamente sono state distillate dalle vinacce di un solo vitigno. "Solo se riusciremo a difenderla, potremo fare della grappa un prodotto apprezzato in tutto il mondo. Altrimenti, guardi, ci taglieremo la gambe da soli: Bruno Giacosa, produttore piemontese di Neive con distilleria a Barbaresco, dice che il riconoscimento e la tutela del nostro distillato nazionale era doveroso e non poteva tardare. "La grappa non è più un prodotto disperato, ma da qualche tempo all'estero è sempre più richiesto. Perciò, oltre i nostri confini aumentavano i produttori e vendevano il loro distillalo col nome di grappa». . Una curiosità, una cosa buffa. Un enologo fa notare che nel documento della Cee si riconosce tra le grappe anche la «grappa di Barolo». Che in realtà non esiste. "Il Barolo è un vino Nebbiolo. Siccome la grappa è un distillato di vinacce, non di vino, casomai la grappa è di vinacce di Nebbiolo, come fai a dire che è di Barolo?-. E allora? •Allora si dovrebbe scrivere: grappa di vinacce di Nebbiolo.alte a diventare Barolo». ' Luciano Curino

Persone citate: Bruno Giacosa, Gianola Nonino, Nebbiolo, Nonino, Venini