Il boss era nascosto in un labirinto

Il boss era nascosto in un labirinto Arrestato il cognato di Santapaola: era tornato a Catania per passare le feste in famiglia Il boss era nascosto in un labirinto L'irruzione nella ditta del ricercato ha fatto scoprire una rete di cunicoli, sotterranei, pareti e pavimenti mobili - I carabinieri: «E' uno dei manager più importanti di Cosa Nostra» CATANIA — Per sfuggire alla cattura si era fatto costruire un rifugio degno di James Bond. Pareti e pavimenti mobili, passaggi segreti, una libreria girevole che consentiva di accedere a un dedalo di cunicoli e stanzette. Tante ingegnose diavolerie non sono però servite a Giuseppe Ercolano, 53 anni, boss di spicco della malavita etnea, per sfuggire alle manette. La sua latitanza ha avuto fine l'altro ieri sera, quando una trentina di carabinieri hanno cinto d'assedio il suo nascondiglio. L'uomo non ha opposto resistenza. L'arresto di Ercolano ha coinciso con l'arrivo a Catania, per una visita di routine, dell'alto commissario antimafia Domenico Sica che si è installato ieri mattina a Palazzo di Giustizia, ha incontrato magistrati e investigatori. E ha parlato anche di quest'importante operazione. La cattura di Ercolano è, a giudizio dei carabinieri «un duro colpo infertoalla mafia catanese. E' stato sottratto all'organizzazione mafiosa uno dei manager più importanti». Sul conto di Ercolano c'era un mandato di cattura per associazione a delinquere semplice e di stampo mafioso emesso dai giudici del pool antimafia di Palermo. L'uomo è cognato di Nitto Santapaola, anche lui latitante, capo indiscusso della mafia catanese, accusato del delitto Dalla Chiesa. Il ruolo di Ercolano sarebbe di primissimo piano, n pentito della mafia catanese, Antonino Calderone, lo ha descritto come «un mafioso in giacca e cravatta», come l'uomo incaricato di curare gli affari di Santapaola di cui ha sposato la sorella, Grazia. Ercolano è titolare di una ditta di trasporti, l'Avimec, attiva soprattutto fra Catania e Torino. Proprio fra 1 capannoni della ditta, nella zona industriale catanese, Ercolano si era creato un rifugio che credeva Inespugnabile. Le forze dell'ordine lo cercavano da un anno, dall'epoca del blitz conseguente alle rivelazioni di Antonino Calderone. In occasione delle festività natalizie, il comandante del Gruppo carabinieri di Catania, ten. col. Carlo Gualcii, aveva disposto una serie di appostamenti nei pressi delle abitazioni dei ricercati. 'Pensavamo che qualcuno tornasse a casa», dicono adesso i militari. E, in effetti, così è stato. Probabilmente Ercolano aveva trascorso le feste nei locali della sua ditta. Quando sono stati certi di sorprenderlo, i carabinieri sono entrati in azione. Per superare il pesante cancello, apribile solo dall'interno, i militari hanno atteso l'uscita di un camion. Poi, armi in pugno e protetti dai giubbotti antiproiettill, hanno fatto irruzione. Uno dei carabinieri ha riconosciuto Ercolano che stava entrando in un capannone, forse per nascondersi. La perquisizione dei capannoni e dell'area in cui è situata l'azienda ha riservato più di una sorpresa. Cunicoli e sotterranei, botole, canaloni un tempo utilizzati per il lavaggio degli automezzi, adesso trasformati probabilmente in vie di fuga per latitanti. Premendo un bottone si abbassava il pavimento, azionando una leva si muoveva una parete. Un sistema di difesa altamente sofisticato che Giuseppe Ercolano non • ha potuto utilizzare stavolta, ma che in passato gli avrà fornito accoglienza e protezione consentendogli non solo di sfuggire alle forze dell'ordine, ma anche di mettersi al riparo dalle vendette dei clan avversari, in una guerra di mafia che nell'88 ha provocato, fra Catania e provincia, 85 omicidi, come dire un morto ogni quattro-cinque giorni. Per i suoi rapporti di parentela con Santapaola e per la vastità dei suoi interessi, Ercolano è infatti uno dei personaggi più esposti. Secondo Calderone, il suo ingresso negli organici di Cosa Nostra risalirebbe al 1974. Vi entrò assieme ad Alfio Ferlito, il boss assassinato nel giugno del 1982 mentre veniva trasportato dal carcere di Enna a quello di Trapani. Per quell'omicidio è accusato proprio il clan di Nitto Santapaola e di Ercolano. Nino Amante