Un debole per Fidel di Paolo Mieli
Un debole per Fidel Le indulgenze della sinistra Un debole per Fidel ROMA — La sinistra italiana continua ad avere un debole per Fidcl. In occasione del trentesimo anniversario della rivoluzione cubana, un gruppo di quasi duecento intellettuali d'ogni parte del mondo (tra i quali Saul Bcllow, Mario Vargas Dosa, Octavio Paz, Ernesto Sabato, Jean Daniel, Lucio Collctti, Susan Sontag c Lcszlck Kolakowsky) hanno rivolto un appello a Fidcl Castro: perché, gli hanno domandato, non sottopone a referendum la sua permanenza al potere come ha fatto il generale Pinochct? Nell'appello si specificava che, sulle orme del dittatore cileno, Castro dovrebbe garantire il rientro in patria di esuli ed esiliati così da consentir loro di svolgere una regolare campagna elettorale, mettere in libertà tutti i prigionieri politici, autorizzare l'ingresso nella legalità dei comitati per i diritti umani che a Cuba sono costretti a vivere clandestini, lasciare che si formi un comitato internazionale che svolga azione di controllo sulla regolarità delle condizioni in cui si svolge il plebiscito. Oltreché, ovviamente, assicurare che, in caso di sconfitta, sarebbe lui stesso ad indire in un breve lasso di tempo libere elezioni. E a rispettare il definitivo rcsponso delle urne. Pronta, ancorché prevedibile, la risposta di un portavoce de! Iiilcr minimo: la richiesta è «assurda», «paragonare la rivoluzione castrista con il regime fascista di Pinochet è francamente inconcepibile». Identica, e questo era meno prevedibile, la reazione dei comunisti italiani. Per la penna di Nuccio Cicontc, l'altro ieri l'Unità s'è pronunciata nei seguenti termini: quelli del potere castrista sono stati «trent'anni di luci e ombre: ma da questo a paragonare Castro a Pinochct c'è dame: ro da restare senza parole». Lo scritto di Cicontc è un vero campionario di eufe¬ mismi, attenuazioni e di understatement: «Non tutto ha. sempre funzionato per il meglio» a Cuba in relazione a ciò che riguarda i diritti civili; «è pur vero che un problema di democrazia oggi esiste nell'isola»; quando si trattò di reagire all'intervento dell'Armata Rossa in Afghanistan, Castro che allora era presidente dei non allineati «non ebbe la forza di condannare». E via di questo passo. Il tutto ampiamente controbilanciato da lodi al modello dell'Avana, da «molti anni punto di riferimento per i movimenti di liberazione in Africa e in America Latina ed Oggi ancora in prima linea nella lotta dei Paesi del Terzo Mondo per un diverso ordine economico intemazionale». Neanche il fatto che Castro sia un nemico dichiarato della pcrcstrojka e si mostri più che gelido nei confronti di Gorbaciov preoccupa i comunisti italiani. Sullo stesso numero dell'I/nità Saverio Tutino spiega che: a) non c coerente chiedere al leader cubano di seguire pedissequamente il modello sovietico; b) da quando è al potere Castro di percstrojke ne ha fatta più d'una, l'ultima delle quali nel 1987 e perciò non ha senso chiedergliene di nuove. Sul Manifesto, infine, ieri è stato pubblicato un articolo di Eduardo Galcano nel quale è individuato come unico elemento spiacevole di questo trentennio cubano un leggero eccesso di burocratizzazione (peraltro, assicura Galeano, destinato a svanire prima di quanto non si creda) e in merito alle tensioni con Gorbaciov si denuncia il «paradosso» di cui già diceva Tutino: «Quelli che hanno sempre accusato Cuba di essere un satellite sovietico, adesso l'accusano perché non lo è». Paolo Mieli (Continua a pagina 2 In quarta colonna)
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