I «caschi gialli» bloccano Napoli di Fulvio Milone

I «caschi gialli» bloccano Napoli Per quasi sei ore gli operai Italsider manifestano contro la chiusura di Bagnoli I «caschi gialli» bloccano Napoli Cortei con ruspe e autocarri - Paralizzato per sessanta minuti anche il transito dei treni alla stazione Centrale - Il ministro Fracanzani accusato di tradimento - Tentativo di aggressione al sindaco Lezzi - E giovedì 12 sciopero generale NAPOLI — L'ultima volta che scesero in piazza erano in maniche di camicia. Era giugno quando «occuparono» Napoli con le pale meccaniche e assalirono il palazzo della Regione e il Municipio. Ieri i caschi gialli di Bagnoli sono tornati nelle strade, infagottati in pesanti giubboni ma con la stessa rabbia. «E' solo l'inìzio—urlavano —. Chi tenta di prenderci per stanchezza si sbaglia: l'altoforno dell'Italsider rum si tocca*. In millecinquecento hanno invaso il centro città. Hanno marciato per quindici chilometri, preceduti da sei giganteschi mezzi meccanici che avanzavano a clacson spiegati. L'obiettivo era la stazione ferroviaria, che gli operai hanno occupato per oltre un'ora impedendo partenze e arrivi dei treni. -E'solo un assaggio. Torneremo giovedì, quando a Roma si riunirà il Consiglio dei ministri*, ripetevano, mentre la città si trasformava In un groviglio di macchine strombazzanti. Solo nel pomeriggio sono rientrati in fabbrica, mentre il sindacato proclamava per giovedì 12 uno sciopero generale cittadino. La «campagna d'autunno» dei caschi gialli contro -chi vuole colpire il cuore della fabbrica* comincia alle nove del mattino, nel piazzale dello stabilimento battuto da un vento gelido. Aldo Velo, del consiglio di fabbrica, lancia accuse pesantissime contro il governo, in particolare verso il ministro delle Partecipazioni Statali. -Siamo vittime di un gruppo di truffatori. Camorristi, altro che ministri. Nei prossimi giorni Fracanzani tenterà di tenerci buoni dicendo che per Napoli è pronto il piano di reindustrializzazione, e che ci saranno quattromila nuovi posti di lavoro. Ma fra quanti anni? Intanto, duemilacinquecento operai stanno per essere buttatifuori dalla fabbrica. Sappia Fracanzani che da oggi siamo in guerra. E se perderemo, a Roma la pagheranno cara*. Dura appena venti minuti, l'assemblea nel piazzale dell'Italsider: giusto il tempo di impartire le direttive per la manifestazione. Il corteo si lascia alle spalle i cancelli della fabbrica, preceduto dai camion. Gli slogan urlati dietro lo striscione rosso suonano come scudisciate contro -il governo che ha svenduto dieci anni di lotta della classe operaia di Napoli»: -Fracanzani, togliti di torno, ti butteremo nell'altoforno»; -Il posto di lavoro non si tocca». Sul lungo serpentone dei caschi gialli che da via Nuova Bagnoli si snoda verso Mergellina, la rabbia sembra a tratti prevalere sulla ragione. Poliziotti e carabinieri hanno l'ordine di non intervenire, -se non in casi di eccezionale gravità*. Non intervengono neanche quando un gruppo di dimostranti in coda al nrteo scorge il sindaco socialista Pietro Lezzi. •Non siamo di¬ sposti a tollerare oltre la lenta agonia di Bagnoli. Intanto voi tentate di star tranquilli», dice; ma viene subito interrotto da una salva di fischi, mentre qualche scalmanato tenta di aggredirlo, trattenuto a stento dai compagni. E Lezzi, spintonato, vacillante, si allontana in silenzio, sorretto dai suoi collaboratori. Ma sarà lui, nel pomeriggio, a chiedere per domani un'assemblea straordinaria dei Consigli comunale, provinciale e regionale. Sono le 12,30 quando il corteo dei caschi gialli entra nella stazione Centrale. Agli slogan contro Fracanzani si aggiungono quelli dedicati al presidente del Consiglio: «De Mita, vergogna, ritorna nell'lrpinia». L'occupazione dei binari è questione di minuti mentre gli altoparlanti diffondono sempre lo stesso annuncio: •Tutte le partenze da Napoli sono sospese per cause di forza maggiore». Ci vorrà praticamente tutto il pomeriggio perché la città digerisca le ore di paralisi per la protesta degli operai, tornati in fabbrica alle 14,30. Giuseppe Genio, segretario provinciale della Firn Cisl, definisce la chiusura dell'altoforno di Bagnoli -una decisior.-, assurda e a sorpresa, in contrasto con gli accordi sindacali e con la delìbera del Cipi». Vittorio Di Capua della Fiom insiste sulla -mancanza di credibilità di un governo diviso sulla questione siderurgica a Napoli». -La chiusura dello stabilimento — dice — sembra il frutto di una scelta del ministro delle Partecipazioni Statali, piuttosto che di tutto il governo. De Michelis disse che Bagnoli avrebbe dovuto avere un ruolo di protagonista nella siderurgia. Ora pretendiamo scelte chiare e univoche. A comunicarle dovrà essere De Mita*. Fulvio Milone (Altro servizio a pagina 6)

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